Voto: 
5.3 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Etichetta: 
Matador
Anno: 
2011
Line-Up: 

-Stephen Malkmus
-Joanna Bolme
-Mike Clark
-Jake Morris

Tracklist: 

01.  Tigers
02.  No One Is (As I Are Be)
03.  Senator
04.  Brain Gallop
05.  Jumblegloss
06.  Asking Price
07.  Stick Figures In Love
08.  Spazz
09.  Long Hard Book
10. Share The Red
11. Tune Grief
12. Forever 28
13. All Over Gently
14. Fall Away
15. Gorgeous Georgie

Stephen Malkmus and the Jicks

Mirror Traffic

Ha inventato un genere, ed anche per questo la Storia non può che schierarsi dalla sua parte. È stato il più convincente interprete della musica in lo-fi, i suoi inconfondibili vocalizzi sono stati ripresi da una infinita schiera di fantocci che ne hanno fatto un credo ( ha parlato quindi ad una generazione, pur senza mai volerlo). Gli ancheggiamenti e le pose tenebrose lo hanno accompagnato anche nell' esperienza con i Jicks, la sua seconda vita musicale all' insegna di una posizione meno caotica ma anzi rilassata e di nicchia. Nonostante questa sorta di pausa, ha saputo rivisitare le magne opere incise in passato con autorevolezza e classe, ribadendo, se mai ce ne fosse stato bisogno, che sono molto pochi gli artisti che sanno suonare l' indie-rock... Tra i primi, naturalmente, lui.

Quindi, non faremo di certo la paternale a Stephen Malkmus, se durante uno dei suoi ultimi tour ha inciso un album, Mirror Traffic, che elemosina ancora una volta le stesse medesime idee, perdendosi in brani dal diverso stampo e suonando più o meno come qualcosa di molto vicino ad un best of. Gli Stephen Malkmus and the Jicks, che per non andare a pestare i piedi al sound tipico dei Pavement si erano abilmente inventati una forma di soft-rock radiofonico messa in atto con geniali espedienti ironici ( l' esordio Stephen Malkmus) o con intriganti percorsi di pop melodico ( Pig Lib), qui escono allo scoperto e, complice la foga live che sicuramente avrà contribuito in termini di esecuzione, si prodigano in una rilettura dell' ultimo album citato, infarcita di trame folk riconducibili a Brighten the Corners. Rinunciando ormai completamente all' inserimento di sezioni elettroniche e quindi accantonando quel Face The Truth - senza dubbio il migliore degli album incisi con i Jicks - considerato la naturale evoluzione di Wowee Zowee che aveva fatto pensare ad un rilancio a tutti gli effetti della carriera come musicista ( quella da songwriter non ha subito mai dei ridimensionamenti, ndr), il buon Stephen ci regala ancora una volta uno dei suoi inconfondibili pastiche, mettendo insieme però brani che tra di loro hanno poco o nulla a che fare perché diversi per natura. Inizialmente tanta qualità condensata nei primi episodi sarà di gradevolissimo impatto, ma col passare delle tracce ( ben quindici) la disomogeneità del lavoro verrà a galla e si avrà la netta sensazione di ascoltare musica random dal catalogo della Matador. L' illustre produzione di Beck risulta stavolta meno incisiva rispetto a quella di Demolished Thoughts di Thurston Moore, anche perché è sempre molto difficile manipolare in maniera personale ed autoritaria un suono senza tanti sbocchi qual'è questo folk-rock in hi-fi.

Prese singolarmente, le tracce possono pure soddisfare chi nell' ascolto di Mirror Traffic cerca solamente dell' intrattenimento, perché l' intero album è intriso di melodie catchy e dai soliti facili giri di cui tutti ormai conoscono il segreto. Se pensiamo invece a questo lavoro come ad un' opera legata da un unico comune denominatore, le esecuzioni della suddetta opera appaiono piuttosto sfilacciate tra di loro, ma anche e soprattutto indecise sul da farsi. C'è chi vorrebbe puntare su un rock melodico di sicuro ed altrettanto effimero successo ( Tigers e Senator) oppure chi come No One Is ( As I Are Be) vorrebbe suonare come i primi Belle & Sebastian mischiati al Bob Dylan meno elettrico. Ma anche chi si prende gioco della Laura Veirs pop di Galaxies ( Stick Figures in Love), insieme a Tune Grief e All Over Gently, capaci solo di riprendere qualche passo dall' immarcescibile Crooked Rain, Crooked Rain: insomma, ogni vario spaccato ispirativo non ci fa una bella figura. Prova anche ad attualizzarsi Stephen Malkmus, ma l' ibrido dei Kooks ( Forever 28) non convince, per questo il Nostro si ributta inevitabilmente sui novanta, centrando il bersaglio con Gorgeous Georgie e Share the Red, che sembrano uscite fuori dai Built to Spill o dalla prima esperienza Silver Jews.

Mirror Traffic si dimostra così un disco ingessato, senza molto da dire in fin dei conti. Chi ha sempre seguito ed amato il personaggio non troverà difficoltà a farsi piacere questo mix di vecchio e nuovo folk, mentre chi ancora non lo conosce disprezzerà questo album dai toni troppo dimessi. Eppure di suoni da sviluppare ce ne erano eccome, a partire dai compendi lounge di matrice free jazz di Brain Gallop e Spazz ( un aspetto di cui Stephen Malkmus non si è mai privato, nemmeno con i Pavement), ma l' impressione è che stavolta il cantautore abbia voluto indietreggiare volontariamente seguendo il percorso del discutibile Real Emotional Trash, fino ad arrivare in territori che lui a memoria. Come abbiamo detto in apertura, possiamo perdonargli davvero di tutto, dall' impianto eccessivamente melodico al minimo compitino svolto, a questo eterno ragazzo che con Mirror Traffic era curioso di osservare il risultato che ne sarebbe venuto fuori unendo ogni genere di brano da lui scritto.

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