Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Emanuele Pavia
Etichetta: 
Indie Recordings
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Jørgen Munkeby – Voce, Chitarra, Sassofono
- Torstein Lofthus – Batteria
- Tor Egil Kreken – Basso
- Bernt Moen - Tastiere, Sintetizzatori
- Even Helte Hermansen – Chitarra

Guests:
- Grutle Kjellson – Voce (traccia 8 e 9)

Tracklist: 

1. The Madness and the Damage Done
2. Fisheye
3. Exit Sun
4. Exit Sun
5. Healter Skelter
6. The Madness and the Damage Done
7. Blackjazz Deathtrance
8. Omen
9. 21st Century Schizoid Man

Shining [NOR]

Blackjazz

Poche realtà Avant-Garde Metal sono particolari e interessanti come quella degli Shining (da non confondere con l'omonimo gruppo svedese), band norvegese nata per opera del sassofonista Jørgen Munkeby nel 1999. Nati come una band free-jazz acustica (ispirata alla musica dei massimi esponenti del genere quali John Coltrane e Ornette Coleman), si sono progressivamente ritagliati un ruolo primario nel panorama estremo sperimentale con dischi sempre più contaminati (oltre che ovviamente dal jazz, anche dall'elettronica e dal progressive rock). Blackjazz, del 2010, è la loro ultima fatica in studio.

Il titolo avrebbe la funzione di descrivere lo stile musicale del gruppo, ma di fatto ridurre il tutto a un black metal contaminato dal free-jazz è errato. Infatti la musica di Blackjazz è sì un mix di questi due generi, ma all'interno si notano anche influenze del progressive rock (tant'è che vi è presente una cover del celeberrimo pezzo 21st Century Schizoid Man di una delle band più importanti della scena, i King Crimson), del death metal, ma anche dell'industrial e dell'elettronica. Inoltre la strumentazione si è ridotta, e gli strumenti più atipici - per il genere - che venivano impiegati nei due dischi precedenti come organi e armonium sono stati messi da parte in modo che il sound della band fosse più simile a quello che poi viene proposto in live - svolta probabilmente decisa anche a seguito del cosiddetto Armageddon Concerto in collaborazione con gli Enslaved nel 2008 (e infatti vi sono pure delle parti vocali cantate da Grutle Kjellson degli Enslaved stessi), in cui tra l'altro era stata proposta una prima versione di Fisheye - diventando anche molto più diretto.
Ciononostante, è d'obbligo ricordare che prima che un pazzo esperimento, Blackjazz è per tutta la sua durata un album musicale: la sperimentazione estrema non è altro che il naturale percorso di maturità ed evoluzione degli Shining, e non vuole essere pura pazzia fine a sè stessa (come invece altri acts moderni).

Le premesse non lasciano presagire alcun tipo di mancanza di personalità, e infatti la opener The Madness and the Damage Done non disattende le aspettative: aperta con uno scream filtrato elettronicamente da parte del vocalist Munkeby, il pezzo si slega in cinque minuti di pura follia, con le chitarre impiegate in modo totalmente nuovo rispetto allo standard del metal estremo, risultando in un muro sonoro quasi confusionario vicino all'elettronica più estrema, il tutto sostenuto dalle tastiere (anche qui lontane dal voler essere un tappeto atmosferico) e dalla batteria che impazza su ritmiche folli.
Il pezzo successivo, Fisheye, è la versione aggiornata del settimo movimento dell'Armageddon Concerto, nonché uno dei brani più melodici - per quanto possa essere adatto un aggettivo simile alla musica di Blackjazz - del platter: degno di nota l'assolo di sassofono di Munkeby nella seconda metà del brano, che palesa le influenze e l'attitudine free-jazz ereditate dai primi lavori e dalla prima band di Munkeby, i Jaga Jazzist.
Exit Sun si apre invece con un'intro sospesa tra la violenza finora presentata - grazie alla batteria e alla chitarra - e l'atmosfera data dalla tastiera quasi impercettibile in sottofondo, per poi procedere lentamente verso il solito sound elettronico, mentre il batterista Torstein Lofthus mette in piena mostra la sua grande capacità come strumentista. Il brano si dimostra tra i meglio composti del disco, con una struttura molto libera seppur non forzata, in cui ora prevalgono le influenze estreme, ora quelle più ragionate e "progressive", o convivono per creare un tessuto musicale particolare e unico. Il successivo brano (anche questo chiamato Exit Sun) è circa un minuto di percussioni ossessive, su cui ogni tanto fanno capolino le chitarre, ma in realtà non è altro che la conclusione della traccia precedente.
È quindi la volta di Healter Skelter (titolo dall'ovvia citazione), strumentale aperta da un duetto di sassofono e batteria, cui si aggiungono in seguito chitarre e tastiera, per creare un pezzo fuori dai canoni, cacofonico e sperimentale, che palesa l'attitudine free-jazz.
La seconda parte di The Madness and the Damage Done si tratta invece di un'inquietante traccia per la prima metà dominata dal synth di Bernt Moen, il cui tema viene poi ripreso anche dalle chitarre per evolversi nella seconda parte in un brano dallo stile simile alla opener (di cui riprende anche il tema principale nella chiusura). Alcuni rumori elettrici preludono al brano successivo, che rappresenta forse l'apice del platter, mentre la chitarra suona il primo riff dall'inizio del disco la cui distorsione risulti vicina a una tipica del metal estremo, e Lofthus mostra le sue straripanti abilità dietro le pelli: si tratta di Blackjazz Deathtrance, lungo pezzo (oltre i dieci minuti) in cui le contaminazioni industrial à la Nine Inch Nails e elettroniche sono molto più radicali rispetto ai brani precedenti, dominato da cambi di tempo, da variazioni di riff - che strizzano l'occhio anche al math metal dei Meshuggah - e da stacchi totalmente elettronici alternati a momenti più metallici, in maniera genuina e naturale.
Dopo la lenta chiusura in fade-out, il disco prosegue con Omen, forse il pezzo che stilisticamente risalta di più dal resto di Blackjazz per via della prevalente componenete atmosferica rispetto alla parte più sperimentale e folle (che non è comunque totalmente estirpata, e infatti sono sempre presenti dissonanze e distorsioni cacofoniche fin dall'inizio); da segnalare il fatto che i growl ad apertura del pezzo sono ad opera di Kjellson degli Enslaved.
A chiusura del disco è posta la cover di 21st Century Schizoid Man dei King Crimson (anche qui le parti vocali sono affidate a Kjellson), che riarrangiata in linea con il resto dell'album si dimostra da un lato riconoscibile agli ascoltatori e al contempo riesce grazie alla genialità del gruppo a non risultare come un pezzo fuori posto (come si potrebbe temere), ma anzi in pieno stile Shining.

Blackjazz è quindi un'opera unica in un panorama ormai saturo da una parte di band delle cosiddette correnti revival che suonano in modo troppo simile ai vecchi fasti del passato e dall'altra di band che buttano in un calderone vari ingredienti senza tirare fuori una formula personale e convincente, al solo scopo di stupire in modo barocco l'ascoltatore. Sperimentale, sì, ma anche piacevole e interessante, questo disco è consigliato a chiunque cerchi qualcosa di nuovo nel panorama metal e al contempo genuino e maturo.

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