Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
One Little Indian
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Ian Crause - voce, chitarra, sampling
- Paul Wilmott - basso, sampling
- Rob Whatley - batteria

Tracklist: 

1. Summer's Last Sound
2. Love's Stepping Out
3. From the Devil to the Deep Blue Sea
4. A Rock to Cling to
5. The Last Dance
6. D.I. Go Pop
7. The Long Dance
8. Scattered Showers
9. Second Language
10. The Atheist's Burden
11. At the End Of the Line
12. A Little Something
13. It's A Kid's World
14. A Night on the Tiles
15. Lost In Fog

Disco Inferno

The 5 EPs

È circolato per anni interi sul web sotto mentite spoglie, annunciato, tolto dal mercato, riannunciato, creato in maniera casalinga da migliaia di ascoltatori in migliaia di modi diversi. Poi è arrivata la One Little Indian, decisa a dare una forma e una vita propria a questo progetto che - in realtà - già da tempo decantava il proprio diritto ad emergere in superficie.
La cosa più affascinante di tutto questo gran baccano corrisponde alla sorpresa e al gusto di rivedere (in qualche modo riesumati) quei genietti inglesi che nel 1994 "si diedero al Pop" rivoluzionando il Rock, o forse la musica tutta. Perchè se D.I. Go Pop è tuttora una delle più intense testimonianze della destrutturazione del rock di marchio '90s, i Disco Inferno ne sono per diretta conseguenza il simbolo reale, sono i volti che l'hanno impersonificata, le menti che l'hanno portata a termine. Ma è ovvio che, spesso, il cuore e la storia di un progetto e di un'idea non si riflettano solo nell'idea finale stessa ma in ciò che l'ha preceduta. Ed è qui, a concetrarsi in quel lasso di tempo (breve ma intensissimo) anteriore all'uscita di D.I. Go Pop, che sbuca fuori l'ambizioso progetto della One Little Indian: ripresentare in un'unica raccolta i cinque, storici Ep che hanno preceduto l'appena nominato capolavoro del 1994.

The 5 Eps: niente di più semplice da capire e da interiorizzare. Un totale di quindici canzoni in cui si può meravigliosamente riscoprire, in ogni sua fase di crescita, la rivoluzione concettuale e stilistica della musica moderna secondo i Disco Inferno. Dai trasfigurati riverberi post-punk d'inizio '90 alle oasi ambient rock, fino alle ricerche psichedeliche e agli aneliti astratti, i cinque Ep riportano in auge tutto ciò che erano i Disco Inferno prima di diventare realmente i Disco Inferno. I lavori in questione sono Summer's Last Sound, A Rock to Cling toThe Last Dance (Rough Trade, 1993), Second Language e It's a Kid's World (sempre Rough Trade, 1994) e ritengo sia necessaria una suddivisione analitica abbastanza netta per carpire al meglio l'evoluzione dei Disco Inferno post-Open Doors, Closed Windows (esordio del 1991).

Summer's Last Sound (Cheree Records, 1992).
Apripista della fortunatissima serie di Ep pre-D.I. Go Pop, Summer's Last Sound segna un fondamentale passo in avanti nell'evoluzione del sound e della ricerca del progetto britannico. Il post-punk del primo full-lenght è già dissolto e al suo posto, con commovente timidezza, si fa avanti un rituale ambientale che pare provenire da un mondo lontanissimo. La titletrack ne è la prima espressione tangibile: gli strumenti tradizionali vengono sfigurati (la chitarra di Ian Crause in primis) per evocare una cerimonia naturalistica in cui a comunicare non sono più accordi e ritmi "materiali" ma pulsazioni forestali, canti di uccelli, fruscii ed eco. Ed è ancora la chitarra di Ian Crause (qui simile ad un'arpa sovrastata da delay e riverberi) a portare avanti la rivoluzione ambientale dell'Ep attraverso il suo secondo e ultimo brano: Love's Stepping Out, il cui lirismo trasporta l'ascoltatore in un mondo arcadico senza tempo, sospeso in un limbo abitato da muse, fate e ruscelli dell'eterna giovinezza.

A Rock to Climb to (Rough Trade, 1993).
Passa un solo anno dal primo Ep e i Disco Inferno tornano parzialmente sulla terra, abbandonando le visioni celestiali di Summer's Last Sound e abbracciando - come il titolo ben suggerisce - la cruda materia della roccia. From the Devil to the Deep Blue Sea è probabilmente una delle più brillanti, dolenti e coinvolgenti composizioni indie/post-punk d'inizio anni '90 (pesa non poco l'ombra smithsiana), in cui i Disco Inferno ritornano alla forma canzone ma immettendovi all'interno una genuinità e una purezza espressiva unica. Il secondo frammento dell'Ep, però, trasforma nuovamente il tutto: l'omonima A Rock to Climb to riporta in auge il rumorismo ambientale attraverso un intricato alfabeto di suoni e codici naturali, prima vera espressione delle follie avanguardiste che nel 1994 faranno la fortuna di D.I. Go Pop.

The Last Dance (Rough Trade, 1993).
Il terzo Ep parte alla stessa maniera del precedente, approfondendo nuovamente le sponde indie/post-punk ancora molto in voga nella prima metà degli anni Novanta, trasformandole però attraverso un sound elettrico ed estremamente vibrante, a tratti quasi metallico (l'omonima The Last Dance e la sorella The Long Dance, senza contare il gioiello Scattered Showers, alienante ballata dai sapori industriali e deturpati ma al contempo magici). Ma, anche in questo caso, la vena sperimentale di Ian Crause e soci prende immediatamente il sopravvento: è la celeberrima D.I. Go Pop, qui nella sua prima, storica versione. La rivoluzione dei Disco Inferno prende realmente vita e assieme ad essa emergono dal sottosuolo loop vocali impazziti, ritmi indemoniati, frammentazioni e manipolazioni sonore, il tutto elevato da un minimalismo che finisce per sfiorare il massacro cerebrale. Il capolavoro concettuale del 1994 è ormai alle porte.

Second Language (Rough Trade, 1994)
Il delirio caotico, aggressivo, distruttivo e nichilista di D.I. Go Pop è superato e Ian Crause ritrova fiducia e ottimismo: trattasi probabilmente dell'Ep meno visionario del gruppo. I Disco Inferno hanno sperimentato e lavorato abbastanza da trovare una formula compositiva vincente ed estremamente peculiare, ma la sua reiterazione non raggiunge qualitativamente i prodotti del recente passato. A dominare sono ancora eco di un post-punk ormai irriconoscibile e già convertitosi alle dissoluzioni strumentali dell'indie d'autore degli anni '90. Second Language e A Little Something rientrano in piena regola in questa nuova contaminazione sonora e, proprio per questo motivo, il valore reale dell'Ep va cercato nei due restanti brani, vere valvole di sfogo dell'iperuranio musicale di Crause e soci: sono The Atheist Burden, incantesimo synth pop ipnotico e aggressivo, e la clamorosa At the End of the Line, apice rarefatto dell'ideale estetico della ballata secondo i Disco Inferno. 

It's a Kid World (Rough Trade, 1994)
Divenuti più che un semplice fenomeno underground (oltre che divinizzati da parte della critica per le geniali intuizioni di D.I. Go Pop), i Disco Inferno non scendono a patti con nessuno e continuano a portare avanti la propria deviante contaminazione tra indie, rock e suono manipolato. Nella titletrack del nuovo Ep entra in gioco di tutto, rendendo It's a Kid World una delle più geniali e visionarie creazioni di Ian Crause e soci: il pattern di batteria è quello di Lust for Life di Iggy Pop, viene riarrangiata parte della meravigliosa Love's Stepping Out, balzano fuori jingle televisivi e suoni di cartoni per l'infanzia; insomma, un delirio assoluto, ovviamente mal ricevuto dal pubblico del tempo. Follia che la successiva A Night On the Tiles non sembra voler fermare, riproponendo con altrettanta violenza concettuale una serie sterminata di distorsioni, looping e sampling tanto giocosa quanto distruttiva. Anche Lost In Fog non cela il proprio incredibile background avanguardistico, ma il risultato atmosferico è diametralmente opposto: nel gioiello conclusivo non c'è più gioco e divertissement ma inquietudine, tensione interiore, sospensione in un mondo vitreo e opaco abitato da tutta la sua sterminata mole di angosce e fantasmi.
Due anni più avanti i Disco Inferno danno alle stampe lo sfortunato Technicolour, ma, prima di poterne "godere" i responsi, Ian Crause e soci si dividono, lasciando cadere in rovina uno dei progetti più visionari e imprescindibili della musica sperimentale (rock e non rock) degli anni '90.

Una menzione speciale va fatta alla One Little Indian, protagonista di un'operazione totalmente priva di qualunque velleità commerciale e che, al contrario, è una vera e propria dichiarazione d'amore nei confronti dei Disco Inferno. La ripubblicazione in una sorta di compilation di quei cinque gioielli scomparsi (non sono stati più distribuiti dopo il 1995) è indubbiamente una delle cose più belle e inaspettate che potevano accadere in questo magro 2011. Godere dei riesumati 5 Eps è più di un semplice invito: è quasi un obbligo.

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