Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Emanuele Pavia
Genere: 
Etichetta: 
Relativity
Anno: 
1991
Line-Up: 

- Chuck Schuldiner - Chitarra, Voce
- Paul Masvidal - Chitarra
- Steve DiGiorgio - Basso
- Skott Carino - Basso (solo per pochi secondi di Cosmic Sea; non creditato sull'album)
- Sean Reinert - Batteria

Tracklist: 


1. Flattening of Emotions
2. Sucide Machine
3. Together As One
4. Secret Face
5. Lack of Comprehension
6. See Through Dreams
7. Cosmic Sea
8. Vacant Planets

Death

Human

Gli anni '90 corrispondono senza dubbio all'età dell'oro per il death metal. In quegli anni infatti nascono le più grandi pietre miliari del genere, che formano i numerosi sottogeneri di cui la scena è composta, risultando come le fondamenta di tutto il panorama death, e che ne rappresentano gli apici qualitativi. E se questa decade si è rivelata così importante per il genere, il merito è sicuramente da attribuire anche a Human, il disco che probabilmente rappresenta il vertice della sorprendente carriera dei Death.

Nel 1990, Chuck Schuldiner si ritrova a dover ricostruire totalmente la line-up della sua band. Infatti, a seguito di alcuni problemi con i suoi ex-compagni, che avevano provato a intraprendere il tour europeo dei Death contro la volontà di Schuldiner, arrivando a sostituirlo con un altro vocalist e chitarrista, licenzia Bill Andrews e Terry Butler, mentre il vecchio chitarrista James Murphy aveva abbandonato la band ancora prima di loro -e infatti nello stesso anno di Spiritual Healing registrò con gli Obituary la pietra miliare Cause of Death. Vengono così reclutati nella band tre dei massimi musicisti nei rispettivi strumenti di tutto il panorama metal, elemento che ha senza dubbio aiutato nella progressione al sound più tecnico e raffinato di Human: dalla leggendaria band-culto Cynic vengono chiamati il chitarrista Paul Masvidal, con cui Schuldiner, come aveva fatto con Murphy nel disco precedente, condivide la sezione solista alla chitarra, e il batterista Sean Reinert, mentre al basso troviamo l'ormai celeberrimo bassista Steve DiGiorgio, dai Sadus.

Le innovazioni del disco sono molteplici: oltre alla ormai ben conosciuta svolta progressiva - decisamente più radicale rispetto a quella che si poteva trovare in Spiritual Healing -, che mostra una band pienamente matura, con brani dalla struttura differente rispetto ai cliché del death metal tradizionale e caratterizzati da riff anche (relativamente) melodici, possiamo notare un passo avanti pure nei testi, che dopo la svolta più impegnata dell'album precedente, che si soffermava su questioni sociali per soffermarsi prevalentemente sull'introspezione dell'individuo. Infatti Schuldiner inizia a distanziarsi dagli inquietanti ed allegorici scenari da incubo (reale) dei precedenti album per dirigersi verso tematiche più riflessive, addirittura a loro modo filosofiche (sarebbero poi divenuti celebri i riferimenti a Nietzsche nella produzione lirica di Schuldiner). Certamente rimane il ruolo di interprete principale di Chuck che ogni volta canta (anzi, ruggisce) a squarciagola facendosi portavoce di un determinato concetto o interpretandolo dal punto di vista di un soggetto/oggetto narrato in queste visioni. Viene anche ridimensionata la durata dei pezzi rispetto al lavoro precedente, che da una media di più di 5 minuti passa a una di 4.

Tutto ciò si può notare fin dalla ottima opener Flattening of Emotions, che dopo un inquietante climax di batteria prorompe in un tetro e sinistro riff di chitarra suonato da Schuldiner e Masvidal, per poi esplodere in un rapido alternarsi di riff complessi, violenti e al contempo melodici sovrastati dal caratteristico growl di Schuldiner, arrivando infine all'eccezionale assolo, ragionato e tecnico senza rischiare di essere pura autoindulgenza strumentale, in cui si può notare il contributo di Masvidal. Segue quindi l'altrettanto bella Suicide Machine, che riprende il tema dell'eutanasia affrontato in altri classici della band come Pull the Plug da Leprosy, riallacciandosi però a un'analisi più simile a quella critica sulla società attuata in Spiritual Healing; è dunque la volta di Together as One, che mostra ancora una volta il grande gusto melodico della sezione solista, e di Secret Face, che continua sulla stessa scia stilistica e qualitativa degli altri brani.
La seconda metà del platter si apre con Lack of Comprehension, il primo singolo della loro carriera che fu supportato da un videoclip promozionale, che mostra fin da subito una novità nel sound, ovvero una melodica e melanconica -nonché bellissima- intro di chitarra elettrica non distorta, accompagnata da Reinert in sottofondo, che sfocia successivamente nel solito turbinio di cambi di tempo e riff disparati tipico del disco, senza scadere comunque nel ripetitivo o nel già sentito; dopo è la volta di See Through Dreams, in cui le capacità tecniche di tutti e quattro i musicisti vengono messe in risalto. Il pezzo si chiude con un fade-out atmosferico, che si lega all'intro di quello che è forse il capolavoro di tutto il disco, la meravigliosa strumentale Cosmic Sea: si apre con delle tastiere che donano un'atmosfera spaziale al pezzo, per poi passare le redini alle chitarre che si cimentano in assoli e riff melodici e tecnici, mettendo da parte la violenza dei brani precedenti; a circa metà brano, però, i sintetizzatori rubano di nuovo la scena alla strumentazione tradizionale, di cui rimane solamente il basso di DiGiorgio, alle prese con un assolo ormai diventato celebre. Alla chiusura dell'assolo di basso, tutta la band riprende a suonare, guidata dal solo di Schuldiner prima e di Masvidal poi, per poi finire in un fade-out confusionario dove sintetizzatori e chitarre si fondono in scambi e amalgami che creano l'atmosfera di un vero e proprio mare cosmico musicale. Il platter è chiuso infine da Vacant Planets, che riprende lo stile dei brani più tradizionali, mostrando comunque il solito song-writing ispirato e vario.

Questo è Human, uno dei dischi seminali per lo sviluppo del death metal, la summa definitiva del gusto melodico, tecnico, e violento nel song-writing di Schuldiner, rimanendo comunque una grande fonte d'emozioni, come poche ne sono state partorite dalla scena. L'unico difetto del disco è la produzione, che lo rende un album ostico e di difficile assimilazione, soprattutto per coloro che non sono avezzi al genere, e nasconde quasi totalmente il basso.
Ma chi saprà apprezzarlo, avrà tra le mani uno dei vertici dell'intero panorama metal.
 

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