Porcupine Tree + Paatos
19/09/06 - Rolling Stone - Milano
I Porcupine Tree di Steven Wilson devono essere parecchio affezionati al caloroso pubblico italiano se, nel breve periodo di tempo di un anno e mezzo, si sono esibiti in tre tour differenti, accompagnati rispettivamente da Anathema (aprile 2005), Oceansize (novembre 2005) e Paatos (settembre 2006). La serata di martedì 19 settembre al Rolling Stone di Milano ha visto la partecipazione di un pubblico abbastanza ampio di fans della celebre band britannica, sebbene il locale alle 20, orario di apertura ed inizio concerto, fosse ancora pressoché vuoto.




Solo una piccola fetta del pubblico italiano conosce i Paatos, una delle realtà emergenti più convincenti dell’ultimo decennio, una band che dalla Svezia ha saputo aprirsi un varco dall’underground fino al contratto con la prestigiosa Inside Out. I Porcupine Tree invece hanno acquisito un’elevata fama all’interno del panorama Rock sperimentale, che li ha portati a firmare il contratto con la multinazionale Roadrunner Records e le vendite degli ultimi due full-lenghts In Absentia e Deadwing testimoniano questo enorme incremento di popolarità, sia in Europa che nel nostro Paese. Pertanto, la serata che vedeva contrapposte queste due validissime formazioni di Progressive Rock (proposto ovviamente con diverse sfumature stilistiche), non poteva che risultare piacevole e all’insegna del divertimento per il discreto numero di spettatori accorsi.

Si è iniziato poco prima delle 20, in leggero anticipo rispetto al programma diffuso, proprio con gli svedesi Paatos che per quasi un’ora hanno deliziato il pubblico con le loro atmosfere sopraffine e soavi, perfetta commistione tra Progressive, elettronica, Post-Rock e Jazz, delineate dalla splendida voce della cantante Petronella. Se il pubblico all’inizio si è dimostrato abbastanza restio a farsi coinvolgere dagli avvolgenti fraseggi dell’act scandinavo, verso la fine del concerto, quando ormai il Rolling Stone andava riempiendosi, è stato completamente catturato dal fascino di una musica così ben costruita a livello di song-writing e così ben esibita sullo stage. La performance è stata impeccabile, se non addirittura superiore alla produzione da studio: pur non disponendo del violoncello che Petronella suona personalmente in ciascun platter, la band ha saputo organizzarsi in modo da rendere i suoni raffinati ed eleganti come da disco. Tra le canzoni che hanno ammaliato i presenti per quasi un’ora si devono rammentare sia Happiness, Absynth Minded e Gasoline, tutte tratte dall’eccezionale Kallocain, sia le nuove Shame, Your Misery, Falling e Not A Sound (da Silence Of Another Kind), magiche nel loro incedere soffuso e posato. L’episodio più esaltante è stato tuttavia Téa, pezzo dell’album d’esordio Timeloss, che ha permesso di valorizzare le grandi doti tecniche del batterista Ricard Nettermalm, jazzista veramente esperto e preparato. La voce di Petronella ha fatto da linea conduttrice per tutta la durata del concerto, emergendo con chiarezza e delicatezza dal mantello di tastiere di sottofondo. In definitiva, un’esibizione sorprendente ed inaspettata anche per chi conosce i Paatos, band caldamente consigliata agli amanti dei timbri più ricercati e sperimentali del terzo millennio.

Parlando di sonorità sperimentali però, non si devono dimenticare gli headliners della serata, i Porcupine Tree di Steven Wilson, che di strada ne hanno percorsa dal debutto On The Sunday Of Life…. Da grandi musicisti qual sono, Wilson e compagni hanno programmato una performance parecchio differente da quelle finora proposte nei precedenti tours: il concerto è stato suddiviso in due porzioni, la prima delle quali è stata dedicata alla presentazione di pezzi inediti, mai registrati dalla band e composti in studio in occasione di questo tour promozionale che porterà alla pubblicazione di un DVD. Ecco quindi che la prima parte dello spettacolo ha destato l’attenzione di tutti i presenti, interessati a scoprire i nuovi brani plasmati dalla mente di Wilson: tali canzoni sono risultate abbastanza diverse dall’usuale sound Porcupine Tree, poiché le atmosfere si sono incupite, andando ad esplorare meandri Alternative Rock di notevole fattura, senza però abbandonare totalmente l’approccio acustico e psichedelico che la band conserva ormai da anni; passaggi tipicamente Dark si sono contrapposti a vere e proprie svolte Metal, ricche di tempi dispari e memori degli insegnamenti dei Tool di Maynard James Keenan.
La seconda parte invece ha visto la partecipazione attiva degli spettatori, poiché sono stati mostrati alcuni dei capitoli più celebri della produzione discografica del quintetto inglese, quasi interamente tratti dalle ultime opere, come Open Car, The Sound Of Muzak, Fade Away, Arriving Somewhere But Not Here, Trains, Halo o Blackest Eyes: e mentre Wilson si destreggiava nelle complesse architetture delle chitarre e si presentava anche in veste di tastierista, Barbieri riempiva con la sua tuonante elettronica e Edwin e Harrison davano il meglio di loro dietro alla sezione ritmica. Da sottolineare perciò l’estrema cura dei dettagli sonori da parte di Wilson, vero trascinatore di folla e leader indiscusso della formazione britannica.

Concludendo, la data di Milano di Porcupine Tree e Paatos ha saputo appassionare, esaltare e a tratti commuovere gli ascoltatori, che si sono potuti certamente ritenere soddisfatti della grande prova on stage di due realtà molto vicine sia dal punto di vista stilistico sia da quello umano. Non si può comunque affermare che Steven Wilson sia l’eroe della serata, dato che dalla Svezia è stata messa in evidenza un’altra band capace di raggiungere livelli compositivi elevatissimi e dotata di enormi potenzialità, quali sono i Paatos.

Edoardo "Opeth" Baldini

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