Mengo Music Fest, seconda serata
01/07/2011 - Arezzo

Mengo Music Fest atto due: ci siamo. Dopo la consueta staffilata di tre gruppi aretini, la serata di questa giornata intermedia è riservata a nientemeno che Bachi Da Pietra, Waines e Julie's Haircut. La scaletta, rispetto alle altre due, si concentra maggiormente su suoni rock diretti e meno avanguardistici, sicuramente più omogenea in quanto a genere rispetto alla prima serata, dove alla scioltezza dei Craxi si erano susseguiti le melodie ricercate del post-rock degli Eveline e la spensieratezza dei Tre Allegri Ragazzi Morti, ognuno con un diverso modo di provare a convincere il pubblico. L' atmosfera all' interno dello spazio adibito agli stand, alle bancarelle ed al palco non sembra scemata, ed anche le misure restrittive adottate per quanto riguarda il traffico stradale hanno spinto molti a dare un' occhiata all' ambiente.

Si parte con il duo Bachi Da Pietra, fiore all' occhiello del panorama alternativo dall' epoca della sua nascita, corrispondente con Tornare Nella Terra, album di debutto a dir poco spiazzante. La line-up si presenta subito come il loro suono: nuda e cruda. Giovanni Succi ( voce e chitarra, già con i Madrigali Magri) e Bruno Dorella ( batteria, reduce dalla fortunata esperienza sotto il nome OvO e in passato con i Wolfango) sono due tipi tosti, e ad intimorirli non sarà questo tipo di pubblico, ancora decimato dall' orario ( sono circa le nove). Non spiccicano parola, in compenso macinano riff a profusione e sputano in faccia alle prime file una rabbia densa e intrisa di catrame. Suonano potenti e veloci, come un rullo compressore, duri a primo impatto, e pure al secondo. Puro blues-rock, sano e senza derivazioni. Rallentano solo con Servo, intro del possente Tarlo Terzo, ma il resto è pura furia compositiva. A partire da Solare, già cantata nel 2006 e quindi di buon auspicio per un prossimo ritorno ( come ammette lo stesso Giovanni), per concludere con la cover dei Massimo Volume Litio, contenuta nello split assieme agli artisti bolognesi appena uscito, resa scarna, scheletrica ed essenziale. Una meraviglia ascoltarli: c'è poco da fare.

Gioca bene le sue carte per la popolarità il festival Mengo con i Waines, trio palermitano chitarra-basso-batteria dedito ad un rock dal vivo piuttosto hard, ma soprattutto troppo pompato e senza alcun senso. Si piazzano davanti, sparano a mille con gli strumenti provocando solo un rumore disordinato. Il pubblico, forse confuso dai giochi di luce, apprezza questa sorta di show americano ma, credetemi, il tutto non riesce a sollevarsi dallo status di cover band degli AC/DC, irritando per le tante mossettine inutili. Tanto che i brani alla fine annoiano, monotoni ed eccessivamente enerigici come sono. Le migliori sono Intro, Let Me Be e Server, ma la qualità complessiva non convince, o almeno non si addice ad una piazza come questa.

Dopo qualche minuto di rodaggio tocca agli emiliani Julie's Haircut calcare il palco e far dimenticare la magra prestazione dei Waines. Mai occasione fù così fortunata per sentirli, considerando che il grande passo per conquistare una posizione di tutto rispetto nel panorama indipendente italiano è stato fatto. Dopo aver infatti imbroccato la strada dello space rock e della psichedelia elettronica con due dischi dove hanno folgorato per l' astrattezza concentrata in un suono ad altissima definizione ( sto parlando ovviamente del tenebroso After Dark, My Sweet e del doppio album del 2009 Our Secret Ceremony), a loro è toccato pure l' onore di rivisitare la pietra miliare di Lou Reed Transformer per il comune di Carpi nel 2010. Iniziano con una Sleepwalker tirata al massimo e perfettamente attillata nel paragone con i Kasabian ( in particolare quelli di West Rider Pauper Lunatic Asylum, con Where did all the love go? al centro dell' attenzione) per poi tramutare il loro raffinatissimo sound, comprensivo di un buon basso ma di un altrettanto valida componente elettronica, in suite giocate sull' emotività, per niente fumoso ma anzi ben ricercato. Come avrete capito, l' approccio è lo stesso dei loro dischi, che sanno passare da muri oscuri a gustosissime hit, solo che la forza dell' ensemble viene leggermente potenziata, forse per paura di approcciarsi in maniera troppo particolare di fronte a chi ancora non li conosce. Perfette e pulite The Shadow, Our Home, The Stain e The Devil in Kate Moss, cavalli di battaglia dell' ultimo album, ma anche i pezzi vecchi, come Satan eats Seitan. Nel finale riservano pure un pezzo estratto dall' imminente album, ironizzando sulla composizione, come loro solito affatto radiofonicamente densa di alcun jingle ( "Questa diventerà una hit famosa!").

Alla fine non sono pochi gli affamatissimi che si avvicinano al banco con dischi e gadget, ma in molti sembrano estasiati dall' idea di poter conversare con i loro rispettivi "eroi" della serata, riunitisi tutti all' interno di questo, a conferma di un festival senza prime donne qual'è il Mengo Music Fest. La sfrontatezza dei Bachi Da Pietra, la ( troppa) grinta dei Waines e le elucubrazioni pazienti ma al tempo stesso sagaci dei Julie's Haircut hanno mostrato la diversità degli elementi mediante il quale il rock si può manifestare. Note stonate a parte, meglio di così non poteva andare.

Reviewer: 
Gabriele Bartolini
NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
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