Dimmu Borgir + Amon Amarth
14/10/2007 - Alcatraz - Milano

Grande presenza per uno degli eventi metal milanesi più attesi di questo autunno. Sul palco dell’Alcatraz troviamo infatti due dei più famosi nomi della scena metal Scandinava: i vichinghi svedesi Amon Amarth e i discussi alfieri del black metal sinfonico, i norvegesi Dimmu Borgir, che toccano il suolo italiano per l’unica data del loro Invaluable Darkness Tour.



Sono da poco aperti i cancelli quando comincia l’esibizione degli Engel, combo svedese ingaggiato all’ultimo momento per aprire la serata, dopo il forfait dei più quotati colleghi danesi HateSphere. La band, con il suo metalcore di tipica scuola svedese, dalle frequenti aperture melodiche, risulta piuttosto fuori luogo nel contesto della serata, e non basta una discreta esibizione ed un suono potente per ovviare alla palese mancanza di idee, a causa della quale mezz’ora di concerto basta ad annoiare con riff banali e ripetuti fino alla nausea e un cantato pulito ruffiano e fastidioso.

E’ un Alcatraz ormai quasi pieno, e dunque indicatore del grande successo della serata date le considerevoli dimensioni del locale, ad accogliere il primo concerto della serata: gli Amon Amarth, da dieci anni tra i leader della scena death svedese con la loro epica miscela di metal estremo e temi mitologici, sono rinomati per la loro potenza e le loro esibizioni travolgenti, e non deluderanno le aspettative dei numerosi fan accorsi a vederli.
E’ l’ottima doppietta d’apertura dell’ultimo disco With Oden On Our Side, costituita da Valhall Awaits e Runes To My Memory, a dare inizio al concerto, mettendo in mostra una band in ottima forma, devastante e coinvolgente, aiutata di certo da suoni potenti, puliti e ben calibrati. Ottima la performance vocale dell’imponente Johan Hegg, che riesce senza problemi a valicare il muro sonoro delle chitarre con la sua voce rabbiosa e profonda.
Ma l’esibizione dei nostri migliora ancora nei pezzi successivi, con una devastante Death In Fire, cantata a gran voce dal pubblico, e unico pezzo tratto da Versus The World, per poi continuare con uno dei migliori brani dell’ultimo album, Cry Of The Black Birds, epico e coinvolgente, senza dubbio uno dei pezzi meglio riusciti della serata. Si smorzano invece un poco i toni con la più melodica The Fates Of Norns, ma la band si riprende alla grande con la celebre e distruttiva Asator, anch’essa tratta da With Oden On Our Side.
Finalmente arriva il turno del capolavoro della band, Once Sent From The Golden Hall, con quello che è da molti considerato il miglior pezzo degli Amon Amarth: la epica, maestosa e imponente Victorious March, che trascina tutti i presenti in una gloriosa cavalcata nelle terre del nord, nonostante un clamoroso errore del drummer Fredrik Andersson, fino a quel momento artefice di una performance impeccabile, durante un cambio di tempo. Chiude il concerto un’altro pezzo tratto dal penultimo disco Fate Of Norns, The Pursuits Of Vikings, scelta discutibile in quanto, nonostante sia stato molto apprezzato dal pubblico, non rappresenta uno dei migliori brani della band.
Solo una manciata di canzoni dunque per la band svedese, per tre miseri quarti d’ora volati davvero in un niente; un vero peccato e una grande delusione, perchè tanto basta a candidare la potente e coinvolgente esibizione degli Amon Amarth come la migliore della serata, nonostante una scaletta discutibile troppo incentrata sugli ultimi lavori.

Gli headliners della serata, i norvegesi Dimmu Borgir, non hanno bisogno di presentazioni: dopo due eccellenti album di black sinfonico come Stormblast e Enthrone Darkness Triumphant, la band si è infatti mossa verso territori più mainstream, aumentando la dose di tastiere e cantato pulito e adottando un atteggiamento forzato e provocatorio, con il risultato di aumentare esponenzialmente il proprio seguito ma al tempo stesso attirandosi le critiche dei difensori del black metal più “puro”. L’attesa per l’esibizione della band è lunga, complice la corposa scenografia che viene montata sul palco, che comprende una pedana con scalinata e su cui vengono collocate la tastiera di Mustis e la batteria del sessionman portoricano Tony Laureano, ingaggiato per il tour dopo l’incidente al braccio avvenuto ad Hellhammer. Il concerto si apre con l’ingresso in scena di due intrepidi individui, che sfidano il caldo soffocante dell’Alcatraz per una decina di minuti bardati con una pesante tonaca con cappuccio, e spargendo incenso annunciano l’arrivo di Shagrath e compagni. La mise della band è sempre la solita buffonata: face-painting, pantaloni borchiati, facce da cattivoni e corna in aria; a prescindere da questo, che può essere o meno condiviso, c’è da dire che dietro la facciata rimane ben poco.
Il concerto inizia come di consueto con Progenies Of The Great Apocalypse, opener di Death Cult Armageddon dall’incipit di grande impatto; purtroppo il brano risulta a tratti quasi irriconoscibile, a causa di suoni che, così come durante l’esibizione al Gods Of Metal 2007, puntano più su volumi spaccatimpani che su una giusta equilibrazione degli strumenti. Abbiamo dunque chitarre rumorose, tastiere inudibili e una batterie esageratamente alta, mentre risulta accettabile il versante vocale, con una buona performance di Shagrath e un’eccellente prestazione di Vortex, che si destreggia con assoluta tranquillità con il suo caratteristico tono vocale; peccato che la voce del bassista risulti sprecata e fuori luogo in questo frangente, e non fa altro che accrescere la rabbia per la sua decisione di sciogliere gli Arcturus
Le cose migliorano un poco durante la successiva Vredesbyrd, anch’essa da Death Cult Armageddon, ma le tastiere diventano via via più presenti fino a diventare fastidiose nei numerosi ma mediocri pezzi tratti dall’ultimo full-lenght, In Sorte Diaboli, tra cui spicca per una certa originalità solo la opener The Serpentine Offering.
Lo show, perchè proprio di show stiamo parlando data l’attitudine della band, prosegue con i brani tratti dagli album più recenti, come Spiritual Black Dimension, da cui vengono tratti Grotesquery Conceiled e The Insight And The Catartis, e Puritanical Euphorical Misanthropia, di cui vengono eseguiti l’accoppiata Fear And Wonder-Blessing Upon The Throne Of Tiranny; i brani si susseguono piuttosto piatti, e addirittura noiosi in quanto la band, Shagrath compreso, fa ben poco per compensare la considerevole durata di essi. Va un poco meglio, ma anche in questo caso senza troppa convinzione, quando i Dimmu Borgir tornano ad eseguire i grandi pezzi del passato, come Spellbound (By The Devil), da Enthrone Darkness Triumphant, e la tetra Sorgens Kammer, da Stormblast.Il ritorno sul palco per il bis è poi totalmente rovinato da un ulteriore peggioramento dei suoni: la grancassa di Laureano distrugge i timpani del pubblico coprendo tutto il resto degli strumenti, rendendo disastrosa la riuscita dei grandi classici della band Puritania e Mourning Palace.
La strumentale The Fallen Arise chiude così un’interminabile ora e mezzo di concerto, con un’esibizione piuttosto deludente e noiosa, da parte di una band che, aldilà dell’elemento spettacolo, sembra che ormai abbia ben poco da dire.

SETLIST:
Progenies of The Great Apocalypse, Vredesbyrd, The Serpentine Offering, The Chosen Legacy, The Sinister Awakening, Grotesquery Conceiled, A Succubus In Rapture, Fear and Wonder, Blessings Upon The Throne Of Tyranny, Spellbound, Sorgens Kammer, The Insight And The Catartis, The Sacrilegious Scorn, Puritania, Mourning Palace, The Fallen Arise

Lorenzo "Glorfindel89" Iotti

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