Blind Guardian + Astral Doors
10/10/06 - Alcatraz - Milano
Per un tutto esaurito come quello ostentato dai tedeschi Blind Guardian non ci si poteva che aspettare una serata di quelle indimenticabili. La band del guardiano “non-vedente” ormai ha raggiunto in Italia un livello di notorietà che la pone tra i grandi del settore e questo tutto esaurito in uno dei “contenitori” più importanti del milanese ne è una conferma (visto anche che la band ha superato l’afflusso registrato da Stratovarius ed Helloween).




Arrivati nel locale per le 20 circa notiamo come l’Alcatraz si stia riempiendo con una notevole lentezza; quando gli svedesi Astral Doors salgono sul palco la platea è piena solo per un terzo circa della sua capienza.
La band, giunta ormai al terzo album con Astralism, sforna sul pubblico la propria miscela musicale infarcita di Ronnie James Dio/Black Sabbath style, un vero macigno di Hard’n'Heavy dominato dalla voce di Nils Patrik Johansson (già anche con Lion’s Share, Space Odissey e Wuthering Heights), la cui voce è talmente simile a quella del folletto americano che in certi momenti c’è il rischio di confondere la sua alta figura con quella del leggendario Ronnie.
La band si presenta sul palco al completo in camicia nera, tranne proprio Nils che sfoggia una camicia bianchissima. I colori neutri sono accompagnati da una scenografia parca (del resto si tratta della band di spalla) che prevede solo un telo con il simbolo della band alle spalle del batterista, Johan Lindstedt.
La tracklist dello show parte in palla con Black Rain che precede a una delle migliori song dei nostri, l’arrembante Bride Of Christ, che risale adirittura al primo album del gruppo e di mostra di essere uno dei classici migliori degli Astral Doors. La carica del pezzo ci fa ricordare la possente Stand Up And Shout di Holy Diver (primo album solista dei Dio).
Poi il set dei nostri continua fra brani dal tono più rallentato in stile Sabbath (sempre dell’era Dio) e pezzi più tosti che risentono anche di una lieve attrattiva power. Di certo il sound degli Astral Doors è molto diverso a quanto propone la band di punta e lo show si dipana senza suscitare eccessivo entusiasmo per oltre tre quarti d’ora.
Nella seconda metà dello show il singer indossa anch’egli una camicia nerissima e si passa al set più solfureo. Si alternano Evil Is Forever a Of The Son And The Father e il concerto si conclude con un meritato ma non sentito applauso.
A questo punto l’Alcatraz è veramente strapieno, non ci sono quasi più spazi liberi e nelle prime file, dove la calca è più pressante, non si respira quasi.

Dopo circa mezzora, verso le 21.30, si iniziano le danze ed i primi a comparire sono ormai quelli che potremmo definire come comprimari, ossia, sulla sinistra rispetto al pubblico il tastierista Mi Schüren (session live, nei Coldseed), il batterista Frederik Ehmke (che ha il compito assai arduo di sostituire Thomen sia nei cuori dei fan che nel sound) e il bassista Oliver Holzwarth (session anche lui; ex Paradox, Sieges Even, Coldseed).
Le note di Into The Storm cominciano a prender vita (dopo che il notissimo intro dell’album Nightfall In Middle Earth viene coperto quasi completamente dall’intervento del pubblico) ed anche i due storici chitarristi, Markus Siepen e Andrè Olbrich prendono posto sul palco ai fianchi del microfono centrale.
L’ultimo a prender posto sul palco è proprio Hansi Kursch, che, ingrassato e un po’ imbolsito, fa capire sin dalle prime battute, che qualcosa non va benissimo. Spesso il nostro singer si sposta dal palco per bere varie bevande e nei momenti più melodici dei brani eseguiti utilizza il growl, probabilmente per problemi esecutivi. Di certo non si tratta della sua serata migliore a livello di resa, soprattutto dal quarto brano in poi.
Il concerto dei Blind Guardian intanto si dipana in modo perfetto e preciso con esecuzione di tantissimi classici del gruppo; in particolare colpiscono la veemenza con la quale sono accolti Valhalla, che Hansi fa cantare nel ritornello solo dal pubblico, oppure Time Stands Still.
Caratteristica veramente interessante e lodevole dell’allestimento dello spettacolo dei nostri sta nell’idea di accompagnare alla musica immagini proiettate sul telone alle spalle dei musicisti; praticamente ogni brano è stato arricchito da una serie di illustrazioni a lui legate.
Il primo momento melodico e acustico della serata si ha quando Hansi presenta un brano che parla della leggenda di Artù… e le chitarre intonano la bellissima A Past And Present Future. Il secondo momento d’atmosfera si avrà nel finale con l’esecuzione di Bard Song, che verrà cantata in coro da tutto il pubblico.
Dal nuovo cd, uscito da poche settimane, vengono eseguite soltanto il singolo Fly, che dal vivo rende abbastanza nonostante il sound assai diverso dallo stile classico della band, più Another Stranger Me, che rivela un buon impatto live. Dal precedente album A Night At The Opera viene suonata soltanto la lunga And Then There Was Silent, che purtroppo, dal vivo, rende pochissimo e risulta assai noiosa senza l’apporto dei vari effetti e cori presenti nella versione da studio.
A questo punto sorge spontaneo notare come i Blind Guardian propongano soltanto tre tracce dalle ultime due loro fatiche e si concentrino quasi esclusivamente sui brani di Imagination From The Other Side e Nightfall In Middle Earth. Che si tratti di poca fiducia nei confronti della loro recente produzione?

In ogni caso i fan sembrano gradire questo snocciolarsi di pezzi storici che continua con Nightfall (eseguita agli inizi del concerto), Script For My Requiem, Bright Eyes, Imagination From The Other Side e l’ottima I’m Alive (che mette a dura prova la tenuta del nuovo batterista).
Si può dire che Frederik Ehmke risulti, seppur bravissimo ed estremamente tecnico, un po’ troppo distante dallo stile di Thomen che usava maggiormente i piatti e pestava molto di più. Lo stile del nuovo drummer punta maggiormente sull’uso dei tom ed è decisamente più impostato su ritmiche pesanti e secche.
Il finale del concerto viene annunciato a gran voce dai fan e il sound veloce e potente di Mirror Mirror invade l’Alcatraz in un tripudio che coinvolge veramente tutti, dalla prima all’ultima fila.
Con questo brano si conclude un concerto divertente che ha presentato anche alcuni momenti discutibili e un Kursch non al massimo della forma; ma di fatto con pezzi eccelsi come quelli scelti per la scaletta era quasi impossibile fallire.

Leonardo "Crusader" Cammi

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