Amon Amarth
05/11/06 - Alcatraz, Milano
All’Alcatraz di Milano va in scena una suggestiva serata all’insegna dei vichinghi e della loro mitologia. Headliner dell’evento sono gli Amon Amarth, alla seconda discesa in terra italica nel giro di un anno, accompagnati durante questo loro tour da Wintersun e Tyr.




Per il sottoscritto è la prima volta all’Alcatraz e devo dire che la discoteca milanese rappresenta senz’altro uno dei migliori luoghi dove tenere concerti all’interno del capoluogo lombardo. Per l’occasione viene utilizzato il palco più piccolo, garantendo, per quanto possibile, un maggiore contatto fra i gruppi on stage ed il pubblico. Solita nota di demerito riguardo ai prezzi del bar, dove per una birra grande (più un pattume a base di acqua che altro) tocca sborsare quasi dieci euro. Eccessivo anche il costo del guardaroba (due euro e mezzo), decisamente troppo alto a prescindere dalla qualità del servizio.

I primi a salire sul palco sono i Tyr, vestiti da guerrieri, con tanto di cotta medioevale, i quattro vichinghi suonano per un lasso di tempo piuttosto breve, proponendo quasi unicamente pezzi estratti dalla loro ultima fatica, Ragnarok. L’impressione è che i Tyr siano una band tecnica, ma al tempo stesso capace di catturare il pubblico grazie ad un sound molto evocativo. Se in studio Heri Joensen e soci non riescono ad esprimere tutta la loro classe, risultando ai più spesso ripetitivi e soporiferi, ciò avviene invece dal vivo. Proprio per questo motivo, anche chi non ama i Tyr ed il loro particolarissimo stile avrebbe apprezzato lo show di Milano, giunto al suo apice durante la grandiosa e toccante esecuzione di Hail To The Hammer, uno dei brani migliori in assoluto mai scritti dal combo nordico.

Passano pochi minuti ed a salire sul palco sono i Wintersun, senza però armature né sfarzi di alcun tipo, a dimostrazione di un’attitudine decisamente più easy. I brani suonati da Jari Mäenpää e dalla sua fedele ciurma sono estratti dall’unico album targato Wintersun, mentre manca, purtroppo, qualche grande classico del periodo Ensiferum. Scelta comprensibile quella del singer finnico, il quale evidentemente crede davvero nel suo nuovo progetto. Ad ogni modo, la band scandinava parte a razzo e fin dalle prime note trascina un pubblico già piuttosto caldo. Il tempo concesso ai Wintersun, però, è sufficiente a mettere in mostra un calo notevole da parte di Jari e della sua voce: il growling ruvido ed aggressivo lascia posto ad un cantato fiacco e contorto, condizionando così l’intera performance. Ottimi invece i ripetuti assoli ed in generale le parti strumentali, tecniche ed avvincenti in ugual misura. Dopo i saluti finali, il complesso di Helsinki abbandona il palcoscenico tra gli applausi dei presenti, che, nonostante la discreta prestazione di Jari dietro il microfono, sembrano aver comunque apprezzato il mix di Power Metal e Death melodico firmato Wintersun.

E’ finalmente il turno degli Amon Amarth, senza dubbio i più attesi dal pubblico stasera. L’impatto con la scenografia è notevole: questa è composta da un grosso drappo (più altri due piccoli a lato) ed una coppia di scudi raffiguranti la doppia A di Amon Amarth. Le luci, ottime anche durante le esibizioni di Tyr e Wintersun, vengono addirittura potenziate, in modo da rendere l’atmosfera davvero suggestiva. Dopo la classica introduzione, gli Amon Amarth danno inizio al loro show con Valhalla Awaits Me, per la felicità dei presenti. Il complesso svedese parte in sordina, specialmente Hegg, il quale aveva invece stupito positivamente all’Evolution quanto a prestazione vocale. Con il passare dei minuti il gruppo si riprende e lo stesso fa Mr.Hegg, che però si rivelerà spesso altalenante nel corso della serata. Molti dei brani proposti provengono da With Oden On Our Side, ultimi lavoro targato Amon Amarth. Non mancano comunque i soliti classici e qualche sorpresa, come ad esempio l’esecuzione di Once Sent From The Golden Hall, pezzo che mancava dalle scalette del combo da diverso tempo. Fra una canzone e l’altra, il vocalist svedese intrattiene i propri fan con le tradizionali e prevedibili frasette da rockstar, dimostrano alla perfezione l’attuale attitudine del gruppo. Il pubblico, sempre più entusiasta, pare gradire a prescindere da tutto, anche quando, nel finale, vengono suonate The Pursuit Of Vikings, Vs The World e Gods Of War Arise, brani buoni certo, ma non così eccezionali da poter essere posti come conclusivi. La performance, di conseguenza, termina in maniera quasi anonima e surreale, come purtroppo gran parte dello show.

Che dire quindi sul concerto del cinque novembre all’Alcatraz di Milano? Tanto per cominciare i Tyr hanno dato ottima prova di sé, nonostante il poco tempo a disposizione. I Wintersun sono riusciti inizialmente a movimentare la serata, salvo poi avere un calo notevole nella parte conclusiva. Gli Amon Amarth hanno invece rappresentato una grande incognita: Hegg non impeccabile, scaletta discutibile ed in generale uno show abbastanza deludente, perlomeno per il sottoscritto, abituato a gruppi umili e disponibili, insomma, gruppi veri. Niente da ridire, al contrario, riguardo ai suoni, praticamente sempre all’altezza della situazione. Sarà che mi aspettavo tantissimo dagli Amon Amarth, sarà anche che speravo nell’esecuzione di Friends Of The Suncross, sarà che mi immaginavo stupidamente una band diversa, ma personalmente sono uscito deluso dall’Alcatraz, non tanto da reporter, bensì come semplice e speranzoso appassionato.

Setlist Amon Amarth:
Intro, Valhall Awaits Me, Runes To My Memory, Death In Fire, The Fate Of Norns, Thousand Years Of Oppression, With Oden On Our Side, Asator, An Ancient Sign Of Coming Storm, Cry Of The Black Birds, The Last With Pagan Blood, Once Sent From The Golden Hall, Victorious March, The Pursuit Of Vikings, Vs The World, Gods Of War Arise

Report e foto - Jacopo “Beelzebub” Prada

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