Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Samuele Boschelli
Etichetta: 
CBS
Anno: 
1968
Line-Up: 

- Rod Argent - tastiera, voce
- Paul Atkinson - chitarra, voce
- Colin Blunstone - voce
- Chris White - basso
- Hugh Grundy - batteria


Tracklist: 

1. Care of Cell 44
2. A Rose for Emily
3. Maybe after He's Gone
4. Beachwood Park
5. Brief Candles
6. Hung Up On A Dream
7. Changes
8. I Want Her She Wants Me
9. This Will Be Our Years
10. Butcher's Tale (Western Front 1914)
11. Friends of Mine
12. Time of the Season

Zombies, The

Odessey and Oracle

Strano caso quello degli inglesi The Zombies. La stampa e la critica non specializzata dei nostri tempi condanna questo gruppo straordinario a curiosità beat della prima metà degli anni 60, con qualche fortunato hit single. In poche parole una promessa non mantenuta. Tra i cultori dell’arte psichedelica, gli Zombies ricoprono al contrario un posto di primaria importanza nelle gerarchie del rock tutto. Non sono infatti i vagiti beat ad aver entusiasmato così tanto questa piccola fetta di critica, quanto il disco del 1968, Odessey and Oracle.

Come primo punto, il disco in disamina affronta inconsapevolmente un elemento fondamentale circa le numerose approssimazioni che a mio parere mortificano il rock psichedelico. A detta di molti infatti esso si riduce ad essere un genere esclusivamente votato alle dilatazioni cosmiche di una musica resa spesso assai dispersiva ed inconcludente. Al contrario i gruppi inglesi del dopo “Rubber Soul” evidenziarono un’anima spiccatamente pop, floreale, deliziosamente fiabesca, non solo nelle filastrocche raccontate ma soprattutto nelle colorazioni di una musica aggraziata in profondità da una positiva verve psichedelica, risultando in conclusione surreale, vagamente e piacevolmente barocca. E di sicuro “Odessey and Oracle” è tra i primi albums che giungono alla mente quando si pensa a questa particolare formula, che in troppi limitano ai soli dischi dei Beach Boys e dei Beatles . Registrato nel 1967 nei gloriosi studi di Abbey Road, proprio come “Sgt Pepper” dei Beatles ed il “Piper” dei Pink Floyd, “Odessey and Oracle” fu pubblicato soltanto a giugno del 1968, a gruppo quasi completamente sciolto. Col fine di rendere più avvenente il suono del gruppo, Rod Argent, leader e talentuoso tastierista del gruppo, indietreggia le chitarre ed avanza i suoi pianoforti, i suoi organi e persino alcune frasi di mellotron, andando così ad anticipare soluzioni tipiche dell’imminente rock progressivo, trasformando dunque il beat degli esordi in una musica pop molto raffinata. Non di meno importanti le sognanti armonizzazioni vocali, curate dallo stesso Argent, che hanno il ruolo di rendere ancora più leggiadro ed onirico lo spettro sonoro.

La classe del gruppo è tutta riassunta in composizioni eccellenti per armoniosità e organicità, che a stento oltrepassano la soglia dei tre minuti, come l’angelica Beachwood Park, l’elegante Brief Candles e il pop quasi progressivo di Hung up on a Dream in cui scorrono gradevoli colate di mellotron. Il brano leggermente più famoso di Odessey and Oracle è posto in chiusura, quella The Time Of The Season sorretta da una coinvolgente frase di basso e come al solito arricchita dai soliti vocalismi e dalle risposte di organi e chitarre perfettamente incastonati. Il brano fu un buon successo negli Stati Uniti, nell’Europa continentale e persino in Australia, ma fallì clamorosamente in patria, complice una non adeguata promozione da parte dell’entourage del gruppo, il quale, come già accennato, nel 1968 era già praticamente sciolto, nonostante i corteggiamenti della CBS. Ristampato recentemente in elegante digipack dalla Repertoire con diverse bonus tracks, Odessey and Oracle è uno di quei grandi albums da riscoprire con una certa urgenza e che pertanto non deve assolutamente mancare in una collezione di dischi che si rispetti.

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