Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Sacred Bones Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Nika Roza Danilova - tutti gli strumenti e le composizioni

Live band:
- Alex Degroot
- Nick Turco
- Shane Verwey
- Nick Johnson

Tracklist: 


1. Night
2. Trust Me
3. I Can't Stand
4. Stridulum
5. Run Me out
6. Manifest Destiny

Zola Jesus

Stridulum

Sotto il nome d'arte di Zola Jesus si cela Nika Roza Danilova, giovane e prolifica compositrice russo-americana di classe '89 e che in solo un anno e mezzo ha dato vita a due album, altrettanti EP ed un side-project con Jamie Stewart degli Xiu Xiu, i Former Ghosts - che risentono anche del suo stile.
I suoi primi lavori consistono in un originale noise minimale e dissonante, quasi privo di melodia e fortemente alienante (a volte ai limiti dell'ascoltabilità). Occasionalmente emergevano piccole influenze dark a particolareggiare la musica, ma esse sono diventate consistenti (e addirittura predominanti) solo nell'ultimo e più maturo disco The Spoils, mescolate a richiami della no-wave e nascosti riferimenti al dream pop, al punto che l'album è stato definito "lo-fi goth".
Il suo nuovo EP, intitolato Stridulum, mantiene le strutture e il mood tetro del predecessore, ma abbandona i droni rumoristici privilegiando queste tinte dark per costruirci attorno 6 brani atmosferici e spettrali, costituiti prevalentemente da beat secchi e sintetici di drum-machine, riempimenti ambientali di tastiera cupi e spettrali, arrangiamenti scarni ma fortemente evocativi e soprattutto la voce tenebrosa e sofferente di Nika. La registrazione soprattutto si fa più pulita, per conferire maggiore maggior vigore alle atmosfere a scapito di quell'attitudine lo-fi ritenuta inadatta, mentre viene mantenuta l'attitudine intimista e un po' minimalista sempre impegnata in una ricerca mistica e introspettiva insieme.

Si inizia quindi con Night, cupissima, scandita da un battito ripetuto ripreso dall'ebm e sostenuta in lontananza da tappeti di strings puramente dark ambient, pochi ma efficaci elementi su cui si adagia Nika con la sua voce melanconica che diventa particolarmente espressiva nel climax centrale (voci campionate in lontananze a dare un effetto onirico, beats incalzanti che mutano leggermente diventando più metallici e riverberati, picchi vocali decise e vissute). La musica generalmente sembra essere pervasa da un senso di sepolcralità che rievoca in parte Nico, lo si nota soprattutto nella successiva breve Trust Me soprattutto per quanto riguarda le linee vocali, ma il gioco di chiaro-scuro costruito con l'ausilio delle tastiere tende a fargli acquisire connotati più sacrali e a sua volta i beats sintetici, che nel frattempo si sono trasformati in un ebm più spedito, lo trasfigurano ulteriormente proiettandolo in una dimensione più urbana. Per questo, nonostante l'esecuzione relativamente placida, il mini assume retrogusti angoscianti molto sentiti.
I Can't Stand è particolarmente malinconica nonostante i tappeti eterei di tastiera (che sembrano rievocare e al tempo stesso negare i Cocteau Twins), ma essi vengono resi meno "teneri" dalla drum-machine ossessiva e dalla voce dolente facendo loro assumere sfumature funeree. Forse è il brano più vicino agli anni '80 per certi spunti nelle atmosfere e nei ritmi della drum-machine che questa volta si avvicinano al periodo wave, nonostante il timbro secco e cupo tradisca l'origine contemporanea degli stessi.
La successiva Stridulum è forse la più depressiva, con string tenebrose, i battiti gotici e ripetuti d'accompagnamento e le linee vocali disperate di Nika, mentre il finale campiona canti liturgici che enfatizzano il lato sacrale della musica. Se si eccettua qualche piccolo beat sul finire, la rarefatta Run Me Out è quasi interamente incentrata sulla tastiera, che la proietta verso atmosfere inizialmente macabre (nonostante il banalissimo sample midi utilizzato) che via via si fanno più celestiali, comunque oscure.
Infine abbiamo Manifest Destiny, densamente contaminata da un'angoscia mistica come se ci si trovasse di fronte a qualcosa di incommensurabile e incomprensibile, mentre il battito intenso emerge solo nel corposo ritornello.

Si tratta senza alcun dubbio di un prosieguo evolutivo sul sentiero imboccato con The Spoils, che probabilmente farà da trampolino di lancio verso un nuovo album nerissimo e ancor più metabolizzato nelle sue sofferenze, con cui cercare la risposta ai dilemmi interiori raccontati nel disco e abbracciare le aperture più speranzose ed eteree.

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