Voto: 
8.4 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Candlelight Records/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Marcus Losbjer - batteria
- Stefan Zell - voce
- Thomas Jansson - basso
- Mikael Zell - chitarra
- Per Henriksson - tastiera


Tracklist: 

1. A House of Plague
2. Bleeding
3. Taste of Sand
4. Nothing More
5. Sleepy Town
6. Liar on the Mount
7. Hiding
8. This Cold Heart of Mine
9. And She Slowly Dies

Wolverine

Still

Dopo aver stupito il pubblico Progressive mondiale per i due capolavori The Window Purpose (2001) e Cold Light Of Monday (2003), gli svedesi Wolverine mettono a punto il terzo album di studio, questo Still, suddiviso in nove canzoni che nuovamente evidenziano le caratteristiche melodiche proprie del quintetto di Söderhamn, ormai uno dei massimi esponenti della musica Metal progressiva odierna.
Trascinati dalla personalità del carismatico cantante Stefan Zell, i Wolverine hanno saputo plasmare nel tempo un sound che riassume la proposta di band connazionali come Pain of Salvation ed Evergrey, senza dimenticare i colori di Progressive Rock sperimentale quale quello degli inglesi Porcupine Tree.
Still, uscito per la Candlelight Records, nuova casa discografica che ha accolto la band dopo la dipartita dalla Elitist/Earache, ne è l’ulteriore dimostrazione: le linee vocali sono al solito oniriche ed eteree, il riffing di chitarra è ormai giunto ad un livello di elaborazione parecchio elevato, le tastiere avvolgono con le loro atmosfere o guidano con le loro suadenti melodie, i patterns di basso e batteria si legano perfettamente al contesto.

Si inizia in grande stile con A House of Plague, delineata su un’alternanza tra sezioni più impetuose e Metal e parti più distese e spalmate, proprio tipiche della musica presentata dai rinnovati Wolverine: i cori sono efficaci e alquanto espressivi, dotati di un fascino unico che mantiene costante l’attenzione degli ascoltatori.
Bleeding assume invece un sapore più votato all’oscurità nel suo incedere, non lontano dalle sperimentazioni sinfoniche dell’olandese Arjen Lucassen nel suo progetto Ayreon: stupendi i pianoforti che costituiscono i collegamenti tra un tema e l’altro, come eccezionali gli inserti di chitarra acustica sotto le distorsioni dell’elettrica e le tuonanti note di organo.
Un timbro ricco e ricercato che si colloca a cavallo tra le proposte dei due album precedenti, in modo da risultare spontaneo, elegante e raffinato in tutte le sue componenti. Le architetture delle canzoni sono vincenti, poiché i Wolverine conferiscono particolare rilievo all’elemento “struttura”, cercando di valorizzare ogni parte anche attraverso magici giochi di luce-ombra.
Taste of Sand è semplice ma delicatissima nella sua direzione all’insegna dell’acustica e dei sognanti cori: Stefan Zell raggiunge l’apice delle sue abilità canore proprio in questo episodio, lasciandosi condurre dal ritmo piacevole della stessa chitarra, che disegna una ballata soave ed aggraziata.
Altrettanto chiusa in se stessa è Nothing More, malinconica e calmissima nel suo approccio, un’altra traccia di Still dove la componente Progressive Rock atmosferico si fa profonda e fondamentale; l’episodio migliore è sicuramente Sleepy Town, di reminescenza Porcupine Tree, commovente e riflessiva nel suo ritmo catchy. La voce ora si fa sommessa, pur conservando il suo impatto espressivo, perfetto per legarsi con il tappeto dei suoni di tastiera sottostanti.
Dopo questo terzetto di canzoni votate alla meditazione, si ritorna ad un approccio più diretto ed aggressivo con Liar on the Mount, incisiva nei suoi stacchi e sicuramente connessa ai primi lavori dei Pain of Salvation, come Entropia o One Hour by the Concrete Lake.
L’alone di sottofondo risulta ancora tenebroso, sferzato dalle ritmiche della chitarra distorta di Mikael Zell e dagli accompagnamenti sempre azzeccati della batteria di Marcus Losbjer.
Indescrivibili infine anche Hiding, This Cold Heart of Mine e And she Slowly Dies, tutte ancora una volta capaci di ripercorrere il sound Pain of Salvation nei chiaroscuri come nella complessità del song-writing.

Per concludere, Still è il terzo album capolavoro per la band svedese, l’opera che li consacra come una delle realtà più attive e musicalmente vive del Progressive non solo europeo, ma mondiale: Still farà capire agli ascoltatori che il Progressive non è ancora morto, ma è in continua trasformazione con forme sperimentali di elevatissimo spessore stilistico e tecnico. Un plauso va a questi cinque ragazzi svedesi che hanno convertito in musica emozioni, immagini e sentimento.


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