Voto: 
3.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Cold Spring
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Jim Gibson
- Logan Butler


Tracklist: 

1. Those Who Bear Responsibility (16:21)
2. Call my Name Sweet Demon, So I Know I Am Not Alone (18:23)
3. So Easily Lead Astray (18:12)

Wicked King Wicker

God Is Busy...Save Yourself

La splendida e celebre illustrazione della crocefissione di Gesù Cristo realizzata da Gustave Doré collocata sull’artwork del sesto album di studio degli statunitensi Wicked King Wicker si può reputare l’unico tratto davvero ammirevole di un’opera tanto lunga quanto inutile.
Sebbene in passato il tormentato duo d’oltreoceano abbia potuto esprimere la propria anima oscura con frammenti in equilibrio tra gli incubi Drone dei Sunn O))) e un’accennata sensibilità psichedelica, il primo capitolo di studio pubblicato sotto la prestigiosa Cold Spring Records, tale God Is Busy…Save Yourself, raffigura un ritorno alle origini più barbare e oltranziste, in cui domina un’atmosfera puramente cacofonica.

Risulterebbe impossibile, musicalmente parlando, soffermarsi sui timbri inscenati nelle tre monolitiche tracce che compongono il platter, poiché esse non possono proteggersi neanche dietro ad una registrazione accettabile, garantita invece da altre realtà quali i maestri Sunn O))) o i discepoli Monarch e Moss.
Quella dei Wicked King Wicker appare come un’attitudine fine a se stessa e non più sintomo di meditazione concettuale votata allo sperimentalismo; nascondendosi dietro ai cliché di un panorama underground incapace di associare al malessere del Doom un tratto di qualità sonora, i due statunitensi propongono down-tempo impercettibili per quasi un’ora ininterrotta di dissonanze prive di alcun vagito industriale.
Altrettanto ordinaria è la proposta di un booklet minimalista e scarno, in cui viene evidenziato il messaggio “Nails Not Included”, svuotato però di qualunque reale significato e inscritto in un’ottica ben distante dalla rivoluzione estrema intervenuta negli Stati Uniti in risposta alla scuole inglese e scandinava.

In definitiva, l’unica domanda che appare lecita riguarda la scelta da parte di un’etichetta illustre in generi come Dark-Ambient, Industrial marziale, Noise e Neo-Folk quale è la Cold Spring di pubblicare sotto la sua aura un simile prodotto grezzo e volutamente inascoltabile. Non resta quindi che affidarsi al gusto della casa discografica d’oltremanica, auspicando che altri progetti più convincenti possano essere diffusi in questo circuito di nicchia, come già in passato è accaduto per gli eterni Sol Invictus e Laibach.

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