Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Juri Landi
Genere: 
Etichetta: 
Geffen Records
Anno: 
1987
Line-Up: 

:
- David Coverdale - Voce
- John Sykes - Chitarra
- Neil Murray - Basso
- Aynsley Dunbar - Batteria

Guests:
- Don Airey – Tastiera
- Bill Cuomo – Tastiera


Tracklist: 


   1. Still of the Night – 6:36
   2. Bad Boys – 4:06
   3. Give Me All Your Love – 3:31
   4. Looking for Love – 6:33
   5. Crying in the Rain '87 – 5:37
   6. Is This Love – 4:43
   7. Straight for the Heart – 3:39
   8. Don't Turn Away – 5:10
   9. Children of the Night – 4:24
  10. Here I Go Again '87 – 4:34
  11. You're Gonna Break My Heart Again – 4:11

Whitesnake

1987

Il 1987 è un anno cardine per la storia del rock, non solo perché si trova nel mezzo di quel fantastico quadriennio collocabile tra l’86 e l’89 in cui capelli cotonati, abiti attillati e make-up la facevano da padrone, ma soprattutto per la pubblicazione di cinque grandissimi album del calibro di Appetite For Destruction dei Guns n’ Roses, Pride dei White Lion, Girls, girls, girls dei Motley Crue, Hysteria dei Def Leppard e naturalmente Whitesnake / 1987.

Per chi non lo sapesse questa è la band di David Coverdale, lo stesso che nel 1973 prese il posto di Ian Gillan nei mitici Deep Purple con i quali incise un buonissimo Burn. Il cantante inglese viene da sempre considerato una delle migliori voci del panorama Hard & Heavy, ma tutti quelli che hanno lavorato con lui sono dovuti venire alle prese con la sua forte e spiccata personalità di leader. Nel mondo del rock ci sono dei gruppi talmente affiatati che se controlliamo la loro line-up dopo alcuni decenni dalla fondazione, la ritroviamo identica a quella degli esordi: tutto ciò non appartiene ai Whitesnake. Quella del serpente bianco è fra le band che, nell’arco della loro trentennale carriera, ha cambiato più volte formazione (tanto che ad oggi possono vantare il loro XIX mark).
Il caso vuole che l’apice del successo venga raggiunto proprio nel periodo più travagliato a livello di personale.
Con questo album omonimo si verificò infatti la massima variazione di componenti, tanto che in sala di registrazione entrarono il superbo John Sykes alla chitarra, Neil Murray al basso e Aynsley Dunbar alla batteria, ma l’immenso tour di supporto al disco e i quattro videoclip usciti in seguito, furono eseguiti con Adrian Vanderberg / Vivian Campbell, Rudy Sarzo e Tommy Aldrige rispettivamente alle chitarre, al basso e alle pelli, con ovviamente il solito Coverdale a dirigere l’orchestra.

Già nel 1985 la lungimiranza del frontman portò i Whitesnake a compiere una modernizzazione del sound che prese atto con la release americana di Slide it in, dove possiamo assistere ad un avvicinamento al mainstream di quegli anni, con parti di chitarra più metalliche a scapito della componente blues che li aveva caratterizzati in tutti gli anni precedenti.

L’ottavo album dei “nuovi Deep Purple”, così venivano chiamati i Whitesnake agli esordi, si apre quindi con Still of the Night, potente hit di chiara influenza ledzeppeliana che mette in chiaro subito una cosa: la voce di Coverdale è al top, limpida e curata tanto da sparare acuti come pochi sanno fare. Bad Boys è invece un pezzo veloce che parte con l’ululato del singer e che a metà obbliga l’ascoltatore a fare airguitar per cercare di imitare Sykes in quel solo di mille note esattamente come per Give Me All Your Love, brano tutto da cantare in cui i nostri si affacciano alle tonalità hair metal.
Il livello cala leggermente con Looking For Love, forse un po’ troppo lunga e banale soprattutto all’inizio, ma il drumming sul finale ci rilancia per il pezzo successivo. Quell’uomo il blues lo ha sempre avuto nel sangue e quando questo viene fuso all’hard rock ecco che nasce un pezzo come Crying In The Rain, riproposizione di un brano già apparso cinque anni prima in Saints & Sinner, ma cento volte più emozionante del predecessore, merito pure di una produzione di altissimo livello che esalta ogni singolo strumento; l’assolo prima di concludere è qualcosa di pirotecnico, da veri guitar hero.
Non esistono gli snake senza le tastiere: per sette anni il mitico Jon Lord era stato alla corte di Coverdale, ma prima di questo platter decise di riunirsi ai riformati Purple. Ecco quindi Is This Love, power ballad senza tempo, struggente dall’inizio alla fine e probabilmente dedicata a Tawny Kitaen, futura moglie del cantante nonché attrice di tutti i video allegati a 1987. La settima traccia, Straight For The Heart, evidenzia ancora una volta da notare la perfezione della voce amalgamata agli strumenti e al chorus.

Si prosegue con l’ennesima canzone d’amore ma in questo caso Don’t Turn Away è decisamente potente, un’altra piccola perla che David & Co. lasciano ai posteri. Children Of The Night è un gran pezzo rokkettaro, sostenuto da un riff metal e dal bel lavoro di Dunbar ai piatti: il brano non sminuirebbe nei migliori album dei contemporanei Scorpions.
Ed eccoci arrivati al brano forse più famoso del combo inglese, Here I Go Again, che fu la loro unica canzone a raggiungere la vetta delle classifiche d’oltreoceano. Basta ascoltarla una volta per capire che questa ballad ha davvero tutte le carte in regola: nell’intro le tastiere creano subito la giusta atmosfera vellutata ed andranno a braccetto con la calda e sensuale voce di Coverdale fino al momento in cui tutto il gruppo dà il meglio di se in quel refrain memorabile. 1987 si conclude con il puro hard rock di You're Gonna Break My Heart Again, sequel solo nel titolo della più affascinante e blues-oriented Don’t break My Heart Again apparsa su Come an' Get It del 1981.

Con questo album, omonimo negli States e intitolato invece 1987 nel mercato europeo, quelli del serpente bianco fecero davvero il botto, sia nelle vendite (otto volte disco di platino) che nella musica, tutta di altissimo livello - cosa che rende difficile individuare dei filler. Ma il bello è che hanno saputo spaziare dall’AOR al metal passando per l’hard rock intriso di blues rendendo così ogni brano diverso dall’altro, tanto che questo loro ottavo lavoro non risulta mai noioso anche se ascoltato svariate volte.
Certamente non si può dire che sia il disco più amato dagli appassionati dei Whitesnake di Lovehunter, in quanto il solo cambio di look del frontman, molto più biondo rispetto a prima, ci fa capire che il sound si uniformò a quello di fine ‘80s. Il gioco però valse la candela: 1987 fu una prova davvero magistrale.


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