Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Talitres/Promorama
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Hamilton Leithauser
- Martin Walter
- Peter Bauer
- Matt Barrick
- Paul Maroon


Tracklist: 

1. Louisiana
2. Danny’s At The Wedding
3. Good For You’s Good For Me
4. Emma, Get Me a Lemon
5. All Hands And The Cook
6. Lost In Boston
7. Don’t Get Me Down (Come On Over Here)
8. Tenley-Town
9. This Job Is Killing Me
10. Brandy Alexander
11. Always After You (‘Til Your Started After Me)
12. Another Goes By

Walkmen, The

A Hundred Miles Off

I The Walkmen probabilmente sono rimasti fermi al successo del 2004, Bows and Arrows, e alle colonne sonore da telefilm (hanno partecipato alla creazione delle musiche di The O.C.). Così una delle band di maggior spicco del rock americano compie un flop da manuale, ovvero un album assolutamente monotono, privo di idee e di conseguenza inconcludente. Non sono pochi i casi di band – a volte si tratta di nomi grossi, guardasi l’ultimo The Open Door degli Evanescence – che, in seguito a un lungo tour e al culmine dell’onda del successo, cadono in modo piuttosto banale in produzioni di scarso valore e originalità. Le dinamiche che hanno portato a questo A Hundred Miles Off rientrano in effetti in questa categoria e pertanto le dodici tracce che compongono questo lavoro non sono per niente all’altezza di ciò che la band aveva precedentemente dimostrato. Complici la stanchezza o le sirene, a volte anche sopravvalutate, del successo, rimane il fatto che il disco si presenta come un canonico rock influenzato nel vocal e nelle distorsioni di chitarra dalla tradizionale vena country americana.

Niente di nuovo insomma. Ma questa non è una pecca da poco, soprattutto in un disco che tocca i quarantadue minuti, nei quali in pochi punti si possono apprezzare spunti interessanti. Il brano che secondo le dichiarazioni dello stesso Leithauser (dichiara lui stesso – forse mettendo le mani avanti – : “Ti ci vuole un po’ per rientrare nel groove della scrittura dei pezzi”) avrebbe fatto da principio guida di tutte le canzoni seguenti, ovvero “Don’t Get Me Down (Come On Over Here)", nonostante il valido spunto iniziale di chitarre, che arieggia un po’ la produzione di sonorità wave, finisce con lo svilupparsi anonimamente. L’album è oltretutto seriamente appesantito da un vocal roco per niente eclettico, che rimane sostanzialmente sullo stesso mood, bloccato e inflessibile, per tutta la durata del disco. I brani per il resto scivolano via senza lasciare emozioni o traccia di sé nella memoria dell’ascoltatore, che può prendere solo atto di una svogliata track punkeggiante, Tenley-Town, quasi noise per una registrazione generalmente caotica, decisamente lontana da un livello di sufficienza.

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