Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
1981
Line-Up: 

- David DeFeis - voce e tastiere
- Jack Starr - chitarra
- Joe "O" Reilly - basso
- Joey Ayvazian - batteria


Tracklist: 


1. Minuet In G Minor / Danger Zone (04:28)
2. American Girl (02:51)
3. Dead End Kids (03:25)
4. Drive On Thru (03:11)
5. Still In Love With You (06:17)
6. Children Of The Storm (06:26)
7. Pictures Of You (03:29)
8. Pulverizer (02:10)
9. Living In Sin (03:49)
10. Virgin Steele (04:39)

Virgin Steele

Virgin Steele

Tutte le cose hanno un luogo d’origine e di conseguenza anche la musica ne ha uno. Ogni genere musicale ha infatti una sua madre patria, un paese dove questo è nato e si è sviluppato, per poi essere esportato nel resto del mondo. Se l’Hard Rock prende forma in Inghilterra, il Power Metal in Germania, non c’è dubbio che il nome dell’Epic Metal venga sempre associato agli Stati Uniti. Gli U.S.A. hanno dato vita a numerose band del panorama epico. Basti ricordare qualche nome: Manowar, Warlord, Omen, Manilla Road e naturalmente Virgin Steele. Questi ultimi nascono invero nel 1981 nello stato di New York. Attraverso un annuncio David DeFeis contatta un certo gruppo in cerca di un cantante e, dopo una memorabile audizione, viene preso. Interessante ricordare che il bassista, Joe O’Reilly, fu proposto dallo stesso David. Il quartetto, che comprendeva anche Jack Starr (chitarra) e Joey Ayvazian (batteria), inizia a provare e, dopo circa tre settimane, entra in studio di registrazione. L’idea originale era quella di produrre solamente un demo ma il risultato finale risulterà un vero e proprio album d’esordio. Il disco viene stampato in diecimila copie e si esaurisce ben presto.

Virgin Steele, questo il semplice nome scelto per il lavoro, viene aperto da una doppia canzone. Doppia nel senso che è divisa in due parti: la prima strumentale mentre la seconda rappresenta un vero e proprio pezzo. Minuet In G Minor / Danger Zone è la prima testimonianza musicale della classe dei Virgin Steele. Il sound è grezzo, semplice, aggressivo e dimostra le sconvolgenti capacità vocali di DeFeis. The Lion, questo il soprannome del talentuoso cantante, si rende protagonista anche in American Girl. La seconda song del disco è più lenta e ritmata rispetto alla prima e manifesta l’immaturità nel songwriting da parte dei Virgin Steele. Immaturità che scomparirà completamente quando il fondatore del gruppo, Jack Starr (proprio l’autore del pezzo), lascerà il gruppo. Dead End Kids, breve ma potente, è caratterizzata da riff taglienti ed urla incredibili. Jack Ross non è un novello della chitarra e lo si può benissimo sentire in questo pezzo, soprattutto durante l’assolo. Molto coinvolgente è Drive On Thru, la quale si avvicina musicalmente molto all’Hard Rock pur mantenendo una certa vena epica e grezza. Anche in questa song non c’è alcun segno dei testi di ispirazione mitologica che diventeranno poi un classico per la band nordamericana. I Virgin Steele abbandonano momentaneamente le sonorità più dure per dedicarsi al puro romanticismo. Still In Love With You è veramente dolce e toccante in tutti i suoi sei minuti di durata. La parte solista, effettuata dal solito Starr, e la magica voce di DeFeis contribuiscono sicuramente a rendere questo pezzo uno dei capitoli meglio riusciti di questo album.

Con Children Of The Storm si fa quindi ritorno al tipico sound proposto dal complesso di New York. La canzone in questione suscitò l’interesse di Mike Vraney, presidente della Shrapnel Records, che decise di includerla nella compilation US Metal Volume II. In effetti “Children Of The Storm” è in grado di smuovere le emozioni anche del più freddo ascoltatore. Nonostante la sua lunga durata, di circa sei minuti e mezzo, la traccia è tiratissima e contiene anche un breve ma pregevole assolo di tastiere, suonate dallo stesso DeFeis. A differenza del titolo, che farebbe pensare ad una seconda “Still In Love With You”, Pictures Of You è veramente dura e cattiva, sia musicalmente che nel testo. Nelle liriche, scritte dal gruppo al completo, infatti una ragazza, che in precedenza non si era comportata proprio bene, viene ricattata riguardo ad alcune fotografie scottanti. Pulverizer è una breve strumentale non troppo piacevole. Jack Starr mette in mostra le sue abilità ma lo fa in modo un po’ troppo confusionale, a tal punto che sembra di ascoltare solo rumore e non musica. Per fortuna si tratta solamente di due minuti, dal momento che poi si riprende subito alla grande con Living In Sin. Anche questa penultima traccia ha sonorità molto vicine all’Hard Rock, è energica ed intensa in giuste dosi. Alla titletrack spetta il compito di chiudere questo importante lavoro. Virgin Steele si apre con una breve narrazione di David che poi inizia a cantare accompagnato da riff molto graffianti. Si tratta del pezzo più epico e complesso in assoluto, contenente anche uno spettacolare quanto improvviso cambio di ritmo molto efficace. Tutto ciò presagisce la strada che intraprenderà in seguito il complesso in ambito musicale. E’ sicuramente anche il modo migliore per chiudere un disco del genere.

Certamente non ci si trova davanti ai migliori Virgin Steele e altrettanto sicuramente questo non è un album imperdibile. Ma è comunque un buon inizio, un buon lavoro, piacevole e ricco di tecnica. Da sottolineare ancora una volta il talento di David DeFreis, forse uno dei migliori cantanti americani di sempre, che contribuirà alla crescita stilistica di un gruppo, i Virgin Steele, che scriverà in futuro alcuni dei capitoli più belli della storia del Heavy Metal. Il disco verrà poi rimasterizzato e ristampato su cd nel 2002 dalla Noise Records. Tale edizione conterrà otto bonus tracks e sarà impreziosita da alcuni mixaggi inediti.

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