Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Napalm Records/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Vintersorg (alias Andreas Hedlund, Mr. V) – Voce, Chitarra e Tastiere, Programmazione
- Mattias Marklund – Chitarra
- Johan Lindgren – Basso


Tracklist: 


1. Döpt I En Jökelsjö (05:25)
2. Perfektionisten (04:16)
3. Spirar Och Gror (06:32)
4. Kosmosaik (05:31)
5. Idétemplet (04:52)
6. Naturens Mystär (05:00)
7. Att Bygga En Ruin (05:29)
8. Strålar (05:09)
9. Från Materia Till Ande (05:48)
10. Vad Aftonvindens Andning Viskar (04:49)

Vintersorg

Solens Rötter

Prologo: il ritorno (commovente) al vecchio logo, il ritorno al cantato nella sua lingua madre, il ritorno ad una cover-art lontana dai recenti, nebulosi astrattismi cosmici, il termine della collaborazione con i ‘progressive-minded’ Steve diGiorgio e Asgeir Mickelson.
E’ logico e lecito pensare, di fronte a tali premesse, che “Solens Rötter” (Le Origini del Sole), nuovissimo parto della band svedese, sia il disco con cui Vintersorg torna a guardare al proprio passato, riappropriandosi del primigenio suono Folk e gettando alle ortiche gli sperimentalismi d’avanguardia che ne hanno caratterizzato la carriera nel nuovo millennio; tuttavia, il ragionamento fatto fin d’ora è, all’atto pratico dell’ascolto, confermato solo in parte.

Indubbiamente “Solens Rötter” riporta il leader Andreas Hedlund (alias Mr. V) e il fido chitarrista Mattias Marklund su territori appartenenti al Folk Metal, con tutto il campionario di melodie ed atmosfere ad esso collegate, ma è anche vero che le distanze da dischi epici come “Till Fjälls” o “Odemarkens Son” rimangono abissali – tutt’al più, questa nuova incarnazione dei Vintersorg può ricordare quel “Cosmic Genesis”, che nel 2000 segnò la svolta della band verso una miscela di Prog (destinato a diventare dominante sul successivo “Visions From The Spiral Generator”) e Folk (la cui influenza si ridurrà drasticamente di lì a poco) ancora perfettamente equilibrata: “Solens Rötter” riprende quei temi sonori, ma li condisce con l’esperienza Avant-Garde del recente “The Focusing Blur” e con le melodie Prog Rock del suo side project Waterclime, ottenendo risultati tanto brillanti quanto contrastanti: avrete quindi flauti, chitarre acustiche, pianoforti e violini tipicamente Folk mischiati a patterns di batteria e riffing elettrici indiscutibilmente Metal, il tutto filtrato con eleganza Progressive e melodie vocali pulite di prim’ordine, per un suono che è troppo sofisticato e raffinato per essere paragonabile ad altri esperimenti musicali della ‘scena’ Folk Metal.

I ritornelli di questo nuovo capitolo sono in massima parte clamorosamente indovinati, vicini alla semplice efficacia del Folk e caratterizzati da un approccio lineare e melodico al Metal; le strofe, al contrario, si arrampicano talvolta in costruzioni intellettualoidi che, mal supportate dal talvolta limitante e poco convincente cantato in screaming, riducono la capacità del disco di farsi assimilare – quando la batteria si produce in intricati e superflui tecnicismi, e le chitarre esplorano un riffing poco esplosivo, “Solens Rötter” scade parecchio, risultando indigesto (“Spirar och Gror” o “Kosmosaik”) e assai ostico all’ascolto; quando invece (anche all’interno delle stesse canzoni, tutte molto eterogenee) si scelgono ritmiche che badano più alla sostanza che alla forma ed un riffing più orecchiabile ed armonico, con melodie che appagano maggiormente l’orecchio, i brani prendono il volo, rivelandosi dotati di splendidi arrangiamenti e tocchi di classe: siamo di fronte alla classica situazione in cui ‘less is better’ – nei momenti più rarefatti si apprezzano maggiormente sia i motivi principali che gli accorgimenti secondari, quasi tutti di pregevole fattura (in particolare, fra i brani che alternano trovate stupende a idee molto meno convincenti si segnala la coppia centrale “Idétemplet” e “Naturens Mystär”, controversamente ondeggianti fra il soddisfacente e il discreto).

Vogliamo parlare degli episodi migliori? Bene, tra le varie perle di “Solens Rötter” mi sento di segnalare in primis la perfetta opener “Döpt I En Jökelsjö”, capace di svariare a 360° fra vari generi musicali, a tratti perfino riecheggiando la World Music, con estrema classe: c’è il passaggio di voce ‘filtrata’ che fa molto Alternative-Avantgarde, c’è lo screaming finalmente convincente, c’è un refrain in clean vocals (dalla cristallina bellezza) che abbina la semplicità melodica del Folk (che impedisce di finire in campi cerebrali e sterili) alla raffinatezza Progressive (che impedisce di finire in lidi scontati e banali), c’è una varietà strumentale impressionante (assolo di pianoforte, un bel basso corposo, soave accompagnamento di flauti) per quanto riguarda riffing, arrangiamenti e abbellimenti: tutto (e anche di più) ciò che ci si aspetta da un brano dei Vintersorg. Altri momenti convincenti sono posti nella parte conclusiva del disco, soprattutto nella leggiadra “Strålar”, la miglior ballata mai composta da Andreas, talmente affascinante da distruggere in un sol colpo quanto fatto dai Borknagar nel non dissimile “Origin” (un disco, quest’ultimo, la cui perfezione formale e freddezza emozionale vengono riprese nella strumentale conclusiva “Vad Aftonvindens Andning Viskar”, che propone un suono più caldo, quasi Fusion). Immediatamente prima e dopo di essa sono posti due fascinosi affreschi Post-Black Metal che farebbero impallidire i Solefald, proponenti influenze Heavy, duetti fra voce pulita e sporca, attimi di orchestrazioni sinfoniche (“Att Bygga En Ruin”) ma anche spezzoni cosmici e Ambient, sotterranei schizzi pianistici e complesse ritmiche Progressive (“Från Materia Till Ande”): il tutto è però sempre illuminato da chorus di gran levatura melodica.

“Solens Rötter” può essere quanto di meglio scritto in molti anni da Vintersorg, ma rimangono alcuni dubbi sulla scelta del ‘compromesso ad ogni costo’ fra sound vecchio e nuovo, mix che non sempre arriva a livelli d’eccellenza: i capitoli più ispirati di quest’opera mettono veramente i brividi e spazzano via la produzione post-2000 di Vintersorg, risultandone nettamente al di sopra, gli altri fanno rimpiangere la seducente sperimentazione scientifica di “The Focusing Blur” e le sue intricatissime (ma a quel punto coerenti!) soluzioni.
Se intendete esplorare le origini del Sole, preparatevi a quello che sarà un percorso d’ascolto difficile –ma consigliato– per un disco che probabilmente avrebbe potuto (dovuto?) essere più semplice – un disco, insomma, che spesso vi ripagherà solo sulla lunga distanza. Genericamente, la maggiore o minore bontà del disco conta relativamente, in quanto la produzione di Vintersorg è oggettivamente di valore e merita l’ascolto, perché il musicista svedese è uno dei pochi artisti Metal capaci di proporre ad ogni release un suono fresco, stimolante e, soprattutto, veramente personale.

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