Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Fremdheit/Tesco
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Alice Karlsdóttir - Voce
- Paul Fredric - Chitarra e Tastiera

Guests:
- Ian Read
- Annabel Lee
- Jim Chisholm
- Spike the Percussionist
- Johnathan Kramm


Tracklist: 


1. The Daughters of Ran
2. Freyja Dark and Bright
3. Weland Worked Long
4. Lullay
5. Wolf in the Sky
6. The Oak and the Ash
7. Loki the Fool
8. Barri
9. Hymn to Tyr
10. Bold Asa Thor

Verdandi

North Country

Verdandi, nella mitologia nordica, è una delle tre Norne, nello specifico quella che rappresenta il Presente: ed è proprio il suo, il nome scelto per la creatura musicale che nasce dall’unione dei talenti del polistrumentista Paul Fredric e della cantante, attrice, studiosa e scrittrice Alice Karlsdóttir.
Proprio dalla penna di Alice, americana ma d’origine norvegese, sono nate le melodie e le liriche di questo “North Country”, disco di debutto di questo interessante progetto che ha uno “sponsor” di gran fama: è stato infatti Ian Read, ex-Sol Invictus e da anni ormai attivo con i suoi Fire & Ice, a scoprire l’arte di Alice quando la sentì cantare una canzone durante un incontro della Rune-Gild di cui entrambi fanno parte: Ian convinse Alice a cantare su un disco dei Fire & Ice (da questa collaborazione nacque la song “The Lady of the Vanir”, apparsa su “Bird King”) e i feedbacks positivi hanno spinto la ormai non più giovanissima Alice a incidere finalmente un disco. Il risultato di questo lustro di gestazione è “North Country” (sembra quasi paradossale, ma è stato realizzato ad Houston, nel Texas...), contenente appunto varie canzoni dell’artista pagana, i cui lavori, tuttavia, risalgono talvolta perfino alla fine degli anni ’70, il periodo in cui Alice iniziò ad interessarsi di mitologia e ad intraprendere un proprio cammino culturale ed artistico che la porteranno ad attraversare vari campi, dalla magia alla recitazione, dalla scrittura alla musica. Il tocco finale agli dieci brani che vanno a comparire su questo “North Country” è stato poi aggiunto da Paul Fredric, che oltre a suonare la chitarra acustica si è anche occupato degli arrangiamenti e per l’occasione ha inoltre rielaborato una vecchia canzone di un proprio progetto personale (l’elettronico Asmodeus X), ovvero “Wolf in the Sky”.

Le coordinate liriche, come potrete aver intuito dai cenni biografici che ho riportato, si assestano su temi riguardanti il paganesimo ed in particolare quella mitologia nordica di cui Alice Karlsdóttir è studiosa da decenni e a cui fu introdotta dalla famiglia. Per quanto riguarda le musiche, invece, ci troviamo di fronte a un semplicissimo e lineare disco Folk, il cui fascino sta principalmente nell’incantevole e sincera voce di Alice, che supplisce alla buona ma non straordinaria tecnica vocale grazie ad interpretazioni in cui sono il pathos e il sentimento a donare interesse ai brani. L’accompagnamento è usualmente limitato alla chitarra acustica di Paul, che mantiene sempre un ruolo secondario rispetto alla voce; assistiamo comunque in svariate occasioni alla comparsa di altri strumenti, quali percussioni, tastiere, contrabbasso e violino: gli interventi dei vari guests musicians sono sempre ben ponderati e giustificati, e tendono a limitarsi alla sottolineatura di momenti particolarmente importanti nell’economia della canzone.

Esemplari sono le prime tracce, che rappresentano in modo fedele lo stile dell’album, assolutamente omogeneo (se escludiamo un paio di episodi più ameni) nei suoi tre quarti d’ora di durata. E’ quindi un piacere ascoltare la nenia tradizionale di “The Oak and the Ash”, o l’invocazione soave di “Freyja Dark and Bright” (apice del lavoro) o il richiamo alle nove figlie di Ràn nella ballata d’inizio disco, inusuale nell’apertura elettronica e nell’accompagnamento (alquanto minimale, ma efficace) di pianoforte.
Episodi meno inseriti nel contesto del disco sono invece la sesta, positiva, “Wolf in the Sky”, dal feeling apocalittico con tanto di recitazione di Ian Read su sottofondo ambient nella prima parte, e la nona “Hymn to Tyr”, in cui un poderoso coro in cui si mischiano voci maschili e femminili è sostenuto da un arrangiamento d’organo che mal s’accorda col feeling pagano ispirato dal resto del disco.
Altalenanti gli altri episodi, con la simpatica ballata dal sapore celtico “Loki the Fool” e la decima, anonima, “Bold Asa Thor” a raffreddare l’entusiasmo derivante da buone prove come la ritmata “Barri” o l’ipnotica “Lullay”; il disco, come molti altri esperimenti analoghi, rimane ad ogni modo piuttosto statico ed estremamente omogeneo, fossilizzato nel proprio stile: è necessario quindi avvicinarvisi con la dovuta attenzione, e riservarlo per i momenti di solitudine e riflessione.

“North Country” andrà ad interessare i fanatici dei Fire & Ice, cui questa recensione è in particolare indirizzata, chi apprezza lo spirito pagano e gli argomenti ad esso attinenti (rune, mitologia scandinava ed europea, temi tradizionali e via discorrendo) e chi trova nelle dimesse e suggestive melodie Neo-Folk motivo d’interesse.
Da gustarsi in piccole dosi e in situazioni adatte: ideali sarebbero i momenti in cui ci si voglia prendere una pausa dalla frenesia del mondo odierno, ritagliandosi un momento di pausa per tuffarsi in un passato più tranquillo e riflessivo, ed immergersi in suoni tradizionali per ritrovare un mondo maggiormente a misura d’uomo.


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