Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Durium
Anno: 
1983
Line-Up: 

- Pino Scotto - voce
- Stefano Tessarin - chitarra
- Mimmo Prantera - basso
- Ruggero Zanolini - tastiera
- Lio Mascheroni - batteria


Tracklist: 

1. Get Up, Shake Up
2. I Gotta Clash With You
3. Don't Be Looking Back
4. A Race With The Devil
5. Running Wild
6. Fire Trails
7. Outside Of Society
8. Russian Roulette

Vanadium

A Race With The Devil

Molti di coloro che oggi si avvicinano al Metal, trovano nei vari Rhapsody, Lacuna Coil e simili, i maggiori esponenti nostrani di questo genere, coloro che tengono alta la bandiera tricolore dell'Hard n' Heavy. In realtà però alcuni dei più giovani non sanno che i succitati gruppi erano stati preceduti nel corso degli anni '80 da varie e valide bands, che tuttavia non sempre riuscivano ad emergere definitivamente da quell'underground che attanagliava quei gruppi che cercavano di proporre un sound diverso da quello imposto dai canoni nazionali. Tra tutti questi gruppi, quello che maggiormente si distingueva e che riuscì anche ad ottenere un buon successo di pubblico e critica, anche oltre i confini italici, era sicuramente quello dei milanesi Vanadium, i quali un anno dopo il buono ed incoraggiante esordio di Metal Rock, nel 1983 danno alle stampe sempre per la Durium il loro secondo album A Race With The Devil.

Se nel debut le varie influenze purpleiane, zeppeliane e sabbathiane erano spesso appesantite da elementi riconducibili al loro periodo ed in particolare all'exploit della NWOBHM, tanto da dar vita ad un album dal sapore Heavy, in questo secondo album le stesse influenze vengono rielaborate secondo canoni più riconducibili al tradizionale Hard Rock di stampo purpleiano, ben evidenziato anche dall'uso della tastiera di Zanolini e dai continui e piacevoli stacchi melodici, che fanno di questo full-lenght qualcosa di eccezionale. Il combo milanese peraltro non ha mai negato la forte influenza esercitata sulla loro musica dai grandi gruppi degli anni '70, anche perchè Scotto e compagni erano consapevoli di proporre un sound del tutto nuovo ed originale, soprattutto nella nostra penisola, con un'interpretazione ed una rivisitazione del tutto personalizzata, con una tecnica sopraffina, da segnalare a tal proposito il ritorno di Tessarin che sostituisce il buon Claudio Asquini alla chitarra, ed un piglio ispirato ed aggressivo.

Nelle otto canzoni che compongono l'album non si intravedono passi falsi, e persino quei brani, che al tempo furono considerati "minori", rivisti oggi assumono una diversa e più ampia valutazione. La bellissima opener Get Up, Shake Up viene introdotta dai riffs killer della chitarra di Tessarin e prosegue tirata e melodica al tempo stesso, una cavalcata potente ed inebriante con un buon lavoro di riffing e di drumming ed il piacevole innesto della tastiera, proseguendo poi con l'altrettanto ottima I Gotta Clash With You, altro bel pezzo Hard n' Heavy ma con una sezione ritmica meno veloce e possente, e con in cambio un refrain davvero bello ed un Tessarin in grande spolvero, che si rende protagonista di riffs e solos a dir poco eccellenti. Si arriva così a Don't Be Looking Back, quella che personalmente considero la miglior composizione del platter in questione, nonostante risulti davvero difficile scegliere tra queste otto canzoni, tanto che tengo a sottolineare che si tratta di una preferenza assolutamente personale ed oggettiva. Introdotta da un bell'arpeggio, questa canzone ha una linea melodica stupenda, sorretta dall'ottimo drumming di Mascheroni e completata dal sublime lavoro di tastiera, ne viene fuori così una song maestosa, malinconica e potente, dal sapore quasi epico. Dopo questo favoloso trittico d'apertura troviamo la title track, altro pezzo tirato che punta su chitarre distorte e sulla voce sporca e tagliente del carismatico frontman, ma che possiede anche un bel refrain ed un lungo quanto pregevole intermezzo strumentale dalle sfumature progressive crimsoniane, invece Runnin Wild è un buon mid-tempo capace ancora una volta di mostrare la caratura tecnica dei cinque milanesi, mentre Fire Trails è la canzone che ha poi dato il nome al successivo gruppo di Scotto e Mascheroni, anch'essa molto piacevole ed energica, dove ancora mi tocca segnalare un bel solo del solito Tessarin. Anche Outside Of Society è un gran bel pezzo, tirato e veloce, anzi quasi frenetico, dove l'interpretazione di Scotto si fà superba e le tastiere di Zanolini sublimi, e si risentono nuovamente quegli echi crimsoniani, così come, anzi ancor di più, nella conclusiva e strumentale Russian Roulette introdotta proprio dalla tastiera e seguita dalle energiche schitarrate.

A Race With The Devil ebbe un buon successo, e non solo in Italia, ma anche nel resto dell'Europa, in particolare in Francia, dove i Vanadium iniziavano a ritagliarsi un'ottima reputazione, e in Germania, ma soprattutto quest'album trovò i più accesi favori della critica internazionale. Unica solita pecca è quella relativa alla produzione che ancora una volta penalizza il sound della rock band tricolore, un pò per il budget limitato un pò per l'inesperienza dei vari tecnici nei confronti delle sonorità Hard Rock, di certo non molto presenti nella loro esperienza lavorativa. La bontà di quest'album mi porta delle volte a pensare che se la storia dei Vanadium si fosse svolta in un altro paese, forse adesso staremmo a parlare di un gruppo leggendario e non di una band purtroppo poco conosciuta e di cui ancora non possiamo neanche godere di una ristampa in CD.


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