Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Paola Andriulo
Genere: 
Etichetta: 
A.V. Arts
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Giovanna Cacciola - voce
- Raffaele Gulisano - basso
- Davide Oliveri - batteria
- Giovanni Nicosia - chitarra
- Agostino Tilotta - chitarra

Tracklist: 

1. Well Paid
2. Needle House
3. Save My Snakes
4. I’m Getting Older
5. Pushing All the Clouds
6. Tied
7. It Happende There
8. 30
9. Roaming World
10. Big Shades and Tides

Uzeda

Waters

Può essere Steve Albini una garanzia per la qualità di un album? Beh, in questo caso sì, e la garanzia del suo nome si accompagna alla grande creatività di questo gruppo catanese che, dopo il debutto nel 1989 con l’album Out of Colours, si dedica a questa seconda creatura, Waters, prodotta appunto dal chitarrista-produttore Steve Albini.
Questo secondo lavoro è un perfetto frutto delle influenze musicali degli anni 80: i nuovi esperimenti sonori dei Sonic Youth ma anche il frenetico jazz-core rumoroso dello stesso Albini, influenze che emergono rubando il posto al post-punk molto visibile invece nel primo lavoro degli Uzeda.

Well Paid è il pezzo di apertura, e fin dai primi accordi si nota l’importanza della batteria che scandisce tempi e conferisce forza ai brani. La voce di Giovanna Cacciola (che a tratti ricorda quella di Lydia Luch dei Teenage Jesus & The Jerks, ma meno arrabbiata) si inserisce lentamente in questa struttura musicale fino ad esplodere verso la fine del pezzo: una voce dolce e fredda allo stesso tempo, melodiosa ed esplosiva. Needle House, secondo pezzo, è inizialmente una ninna nanna onirica: una voce rilassante, una batteria soffusa e una languida chitarra; verso la fine però la ninna nanna sembra quasi voler essere una sveglia, e la batteria esplode insieme alla chitarra, senza lasciar spazio alla melodiosa voce di qualche attimo prima. Save My Snakes è una deflagrazione di voce e strumenti, un pezzo in cui l’influenza dell’Albini dei Big Black e dei Rapeman è tangibile più che mai. Bellissima la parte finale del brano in cui c’è un intreccio esplosivo fra la voce e gli strumenti, e in questo frangente è ancora una volta protagonista la batteria che sa benissimo quando scoppiare e quando invece ammutolirsi per lasciare il podio alla voce. I’m Getting Older è un’immaginaria nenia con brevi momenti in cui gli strumenti impazziscono, soprattutto verso la fine del pezzo; su questa scia procede il brano successivo Pushing All the Clouds, un’altra sorta di ballata che a momenti esplode. Questi due pezzi sono la dimostrazione della duttilità degli Uzeda che sanno magistralmente alternare momenti soft e altri proromenti. Tied ti lega a sè davvero lentamente, pian piano ci si lascia catturare da questa soffice cantilena di basso e voce che poi arriva a delirare negli ultimissimi attimi del brano in cui ancora una volta tutto esplode. Col pezzo segunte It Happened There la batteria riprende il trono e accompagna tutta la canzone, accompagna la voce sempre cantilenante e attraente, a parte un momento conciso nella parte centrale del brano in cui si zittisce. Cosa dire di 30? Questo pezzo è uno dei più completi riguardo le influenze musicali e la maturità del gruppo: inizio caotico in cui si sentono riflessi “ Albin”eggianti; a quest’inizio segue un pezzo movimentato che termina come se volesse tornare all’inizio, un circolo vizioso in cui alla fine si ritorna alle chitarre psicopatiche e caotiche. Roaming World: non si può non menzionare per l’ennesima volta la batteria che forse più che mai in questo pezzo è flessibile nei vari momenti di esplosione e non; all’inizio in particolare, mentre accompagna l’onirica voce e le chitarre, si percepisce perfettamente che esploderà presto, cosa che accade in effetti dopo solo un minuto. Bella anche la parte quasi finale della canzone, in cui emergono la voce e il basso sempre sul tappeto della batteria. L’ultimo brano Big Shades and Tides chiude in maniera spettacolare l’album, con un perfetto equilibrio fra tutti gli strumenti e la voce che sanno benissimo dove accentuare la propria potenza e dove invece attenuarla per far apparire il suono singolo di ogni strumento o della voce.

Un album che riesce a non annoiare grazie proprio all’armonia (sembra paradossale dato che si parla di noise) fra gli strumenti e la voce, che riescono ad intrecciarsi fra loro dando vita ad un concentrato di energia e continue esplosioni.

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