Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Undergroove/Andromeda
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Karl Middleton - voce
- Reuben Gotto - chitarra, voce
- Dave Cheeseman - tasteira, voce
- Bing Garcia - chitarra, voce
- Anf Morfitt - basso
- Ben Calvert - batteria
- Simon Hutchby - batteria


Tracklist: 


CD 1
1. Fading Pulse
2. Home
3. Outstayed
4. Acceptance of the End
5. Light Our Way Back
6. The Tomb to Every Hoe
7. Static Reigns I
8. Static Reigns II
9. Blood Red Sun
10. Retreat

CD 2
1. Monolith Drone (remix by Sourhaze)
2. Megalithic (remix by Princess)
3. Skybound (remix by Reuben Gotto)
4. Mono Years (remix by Ayal Naor of 27)

Twin Zero

The Tomb To Every Hope

Le sperimentazioni musicali intraprese da gruppi Sludge/Hardcore quali Mastodon, Neurosis, Isis e Pelican hanno influenzato dagli anni Novanta ad oggi una serie di band che sta costituendo una scena sempre più florida e poliedrica sia in Nord America che in Europa: i britannici Twin Zero, dopo aver pubblicato il colosso Monolith, ispirati dal panorama Post Metal che si è andato formando nel terzo millennio, ritornano nel 2006 con il secondo album, The Tomb To Every Hope, pubblicato anch’esso dalla connazionale Undergroove.

Chiarissimi gli elementi Hardcore che emergono dal cantato di Karl Middleton, che fanno avvicinare la band allo stile dei Mastodon già dalla seconda traccia Home, introdotta dalla prolissa Fading Pulse, atmosferico episodio Post Rock, alquanto avant-garistico nella sua direzione, ma sicuramente trascurabile. Home invece si presenta come un capitolo sostenuto e tirato, nei suoi caotici riffs Hardcore, intervallati da splendidi passaggi avvolgenti all’insegna delle chitarre e della voce clean. La terza Outstayed è meno elaborata della precedente, collocandosi sempre sullo stesso stile, ma sprovvista di un ritmo così trascinante e di un’efficace alternanza di colori; la complessa Acceptance Of The End costituisce, nei suoi quasi tredici minuti di durata, il brano migliore del platter, poiché capace di attirare costantemente l’attenzione degli ascoltatori attraverso le sue rare sfuriate o i suoi lunghi fraseggi atmosferici dal sapore Post Rock.
Seguono poi due brevi tracce inusuali, della durata di due minuti ciascuna, quali l’acustica e malinconica Limit Out Way Back, dotata di un sottofondo di archi ricercato e non banale, e la tribale Tomb To Every Hope, interamente giocata su giochi di tamburi e percussioni. L’ascoltatore rimane spiazzato dalla presenza di tali intermezzi, sicuramente inaspettati, ma l’ampia Static Reigns, divisa in due parti, si inserisce a togliere qualunque incertezza: se nella prima porzione di traccia il seven-piece britannico si esibisce in una composizione parecchio orientata verso i meandri Tool, pur mantenendo gli spunti Hardcore sopra citati, la seconda irrompe quasi maestosa, sviluppandosi con un incedere Post Metal tenebroso, intervallato da momenti distensivi ed intrecci ricchi di effetti.
Particolarmente valide anche le tracce finali, Blood Red Sun e Retreat, che accompagnano verso il finale del disco con i loro aloni sperimentali, sempre racchiusi in uno spettrale contesto Post Metal, di buon impatto e spessore.

Accanto al primo disco, ne è presente un secondo, che propone quattro remix di canzoni precedentemente scritte, che costituiscono un piccolo regalo per gli affezionati conoscitori della band. Nonostante la produzione sia discreta e il song-writing sia pienamente maturo, in alcune sezioni i Twin Zero faticano a sviluppare delle idee che non appaiano prolisse: le linee vocali poi sono il punto di debolezza della formazione inglese, che dovrà appunto migliorarsi sulla direzione del cantato, a volte piuttosto trascurato. Tuttavia, un album di tutto rispetto questo The Tomb To Every Hope, che riesce almeno a distinguersi rispetto a quella serie di uscite senza senso che imperversano sul mercato mondiale.

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