Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Southern Records/Promorama
Anno: 
2007
Line-Up: 

:
- Lock – batteria, scream
- M. Shit – scream
- Pox – basso, scream

Tracklist: 

:
1. Commissioner Of Sewers
2. Hung, Drawn Yet Shorter
3. Nightmares On Crack Street
4. Mouth To Anus
5. All That Blood And No Pain
6. In Reverence
7. Two Semi’s Don’t Make A Hard On
8. Lips Like Suicide
9. Chatter Of Slimy Teeth

Trencher

Lips

Figli della Londra più violenta e assetata di sangue, tra violenza e sfuriate suicide, i tre ragazzi che passano sotto il nome di Trencher si mettono in fila come una delle sorprese dell’anno nella scena rock estrema. Con alle spalle un primo album – dal titolo alquanto bizzarro, When Dracula Thinks “Look At Me” (2004) – della bellezza di diciassette minuti di un brutale grindcore senza il minimo ritegno, oggi sfornano il loro secondo disco di lunga durata, Lips, forti di un tour europeo che aveva fatto rapidamente diffondere il loro moniker in mezza Europa. Loro lo definiscono casio-grindcore, come a voler esprimere l’assurdità immotivata e fortemente ironica di un genere spassoso, quanto eclettico, che non potrà non sorprendere i fan appartenenti a razze anche diverse. Di sicuro i ventiquattro minuti che costituiscono la durata delle nove tracce del full-lenght possono infatti adattarsi ai palati sia dei cultori delle sonorità estreme, in campo prettamente metal, che qualche mentalità musicalmente distorta, incline a concedersi dei momenti di euforico divertimento.
La congestione tra un hard rock antistorico (soluzioni di keyboards affini a quelle progressiste tipicamente da anni ’60), fatto di tastiere stellari – denominate giustamente House Of Horrors per la caratterizzazione orrorifica, ma giocosa, da famiglia Addams (l’intro di Nightmares On Crack Street) – e il grind più violento e selvaggio è estremamente godibile. Questo grazie alla non eccessiva durata del disco e a un sound che si rivela paradossalmente accomodante nei confronti dell’ascoltatore.

Urla, grida, riff di basso ai limiti della distorsione, pazzesche strutture ritmiche e liriche “fantomasiane” si conciliano in un mix esplosivo, capace di acidi spunti melodici – davvero piacevole quello in Hung, Drawn Yet Shorter -. Nel blocco centrale, costituito da All That Blood And No Pain? e In Reverence, si condensano poi le migliori qualità del disco. La massima energia, la più frizzante euforia, quasi sarcastica nel suo imponente incedere, si fa apprezzare per la stravaganza compositiva e per un accostamento ardito sul finale del secondo con uno stacco conclusivo praticamente ambient.
Insomma i Trencher sono una band tutta da vivere sulla propria pelle, live specialmente – con tanto di effetti speciali sul palco -. Inutile dire che per la loro particolarità non sono consigliabili ai deboli di cuore, agli amanti di soluzioni sonore idilliache, da elegia cinquecentesca; rimane però il fatto che il trio londinese ha i numeri per mostrare il suo genio, capacità che non è andata sicuramente sprecata nel loro secondo esperimento discografico.

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