Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Genere: 
Etichetta: 
Independiente/Sony
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Francis Healy - voce, chitarra
- Andy Dunlop - chitarra
- Dougie Payne - basso, voce
- Neil Primrose - batteria


Tracklist: 

1. 3 Times And You Lose (04:14)
2. Selfish Jean (04:00)
3. Closer (04:00)
4. Big Chair (04:07)
5. Battleships (04:11)
6. Eyes Wide Open (02:59)
7. My Eyes (04:08)
8. One Night (04:00)
9. Under The Moonlight (04:00)
10. Out In Space (03:35)
11. Colder (04:07)
12. New Amsterdam (13:21)

Travis

The Boy With No Name

Travis sono di nuovo sulla scena. Dimenticate le vicissitudini e le cupe melodie di 12 Memories, i quattro scozzesi di Glasgow che tanto avevano affascinato ormai una decade fa con i primi LP, ritornano con la voglia di rimescolare le carte dopo la delusione delle ultime apparizioni sul mercato. Lo fanno con The Boy With No Name, quinto full-lenght in studio, accolto tra tante attese e pareri contrastanti.
Si, perché in molti si sono dilettati a giudicare i Travis con una Pop band fine a sé stessa, identificandola nel calderone più scontato e umiliante di certe correnti da hit radiofoniche; qualcun altro, invece, ha visto in Francis Haley dei ritrovati semi-dei, sempre per partito preso. Musicisti che, a detta di qualche sapientone, hanno sempre pagato la mancanza di fortuna a dispetto di colleghi più famosi come Coldplay, Keane o Snow Patrol, che nella scena britannica spopolano da un bel pezzo.

Sembra di vederli confinati alla mercè di grossi nomi, insomma. Eppure, tra tante esagerazioni, comunque la si voglia guardare, The Boy With No Name è un disco da applausi, per svariati motivi. Si tratta di un lavoro intenso, volenteroso e forse un po' presuntuoso. Ma si presenta come un full-lenght in cui la band di Haley ha lavorato nei dettagli per ritornare a brillare come ai tempi del superbo Indie/Alternative Rock in The Man Who. Che ci riescano o meno, si tratta di una valutazione soggettiva, anche se gli elementi per approfondire un poco la nuova fatica dei Travis, ci sono tutti.
Sono ancora le chitarre a giocare il ruolo principale, nella raffinatezza Pop Rock della band scozzese. La tripletta iniziale è addirittura celestiale: 3 Times And You Lose apre il quadro con una melodia che definire struggente è dir poco. La chitarra acustica e la splendida voce di Haley sono gli ingredienti principali. Poi Selfish Jane ci porta dritti a Closer. Una ballata alla Travis, aggiungiamo noi. La band ha raggiunto un livello di maturità notevole, grazie al bilanciamento di emozioni, arrangiamenti immediati e freschezza nelle melodie. Non c'è nulla di nuovo, sia ben inteso, ma i Travis non scivolano nemmeno nella fastidiosa dimensione del già sentito.

Tra le altre spiccano Battleships e l'acustica Out In Space, un po' meno Under The Moonlight, pur nelle vesti di potenziale singolo da classifica. Anche Colder, che ci conduce verso i minuti conclusivi, è un pezzo di difficile interpretazione. La sensazione dominante è che i Travis provino in tutti i modi a liberarsi delle opprimenti catene della prigione Pop, di quello effimero e stracolmo di luoghi comuni, che irrimediabilmente certa stampa cervellotica (NME docet) ha affibiato ad una band che "se solo le cose fossero andate in modo diverso" avrebbero scalzato tanti altri colleghi dalla vetta. Giusto, ragionare col senno di poi non è la soluzione, ma crediamo che i quattro scozzesi abbiano compiuto un buon passo in avanti dopo qualche incertezza di troppo.
La band di Francis Haley, a nostro modo di vedere, ha sfornato un disco godibile, completo e denso di passione. Merito anche della produzione affidata a due volponi come Mike Hedges e Brian Eno (proprio lui), che hanno affiancato Nigel Goldrich, già in plancia di comando da tempo. Merito della volontà di risollevare il loro nome, merito anche (ma questo è un dettaglio squisitamente personale) di una ritrovata fiducia nella vita personale di Haley, dopo il matrimonio e  la nascita di un figlio (da cui il titolo del disco), evento cardine nello spazzare via tanta incertezza e malinconia che si rifletteva (malamente) nell'ultimo lavoro in studio 12 Memories.

Tirando le somme, The Boy With No Name non si presenta certo come il disco della rivoluzione. Non farà avvicinare nuovi fans ai Travis, ma nemmeno vedrà quelli vecchi da sempre al fianco di Haley e soci voltare loro le spalle. L'importante è che i Travis continuino a recitare il loro copione, senza scivolare in qualche buccia di banana, scrivendo pezzi immediati e semplici ma non per questo privi di un'anima da cui lasciarsi ammaliare.


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