Voto: 
4.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Relapse Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Joel Grind - voce, chitarra, basso
- Donny Paycheck - batteria

Tracklist: 

1. Wild Dogs
2. Nuke the Cross
3. Endless Armageddon
4. Future Shock
5. War Game
6. In the Name of Science
7. March from Hell
8. Gravelord
9. War Is Hell
10. The Lord of the Wasteland
11. Feedback, Blood and Distortion
12. Death from Above
13. City of a Million Graves

Toxic Holocaust

An Overdose of Death...

E' uscito il nuovo disco dei Toxic Holocaust, intitolato An Overdose of Death.
Per chi non li conoscesse già, si tratta del progetto musicale volutamente "retrò" di Joel Grind, vero e proprio uomo-gruppo polistrumentista nonché curiosa figura dal look perennemente ribelle ed ossigenato.

Questi puri revivalisti incarnano tutto lo spirito old-school del metal più ruvido, rozzo e aggressivo della prima metà degli anni '80 e oltre, persino la produzione non è nitida per omaggiare i suoni sporchi di quel periodo (anche se la registrazione è comunque migliore di certi standard).
Non c'è molto da dire: per andare sul semplice, prendete in misura molto "citazionista" gruppi storici come i Motorhead, i Venom, i Celtic Frost e gli Slayer e avrete l'essenziale del campionario di gruppi da cui i Toxic Holocaust attingono, o per meglio dire, che emula; i più aficionados inseriranno a tutti i costi anche Sodom, Death Angel, Carnivore, Sick of it All, Discharge ecc. per completarel'operazione nostalgia, ma in realtà il gruppo rievoca tutta un'epoca di speed-thrash e in parte garage, con punte di punk/hardcore nello spirito (e qualcosa dei primi semi del black metal come la voce rabbiosa e gutturale) e senza nasconderlo.
Fate un accurato lavoro di copia-carbone dei loro stilemi, coloratelo con una vena sonora revivalista ed impiantateci un'attitudine così emulativa, reazionaria e musicalmente statica che verrebbe da chiedersi se non si è finiti per davvero indietro nel tempo di venti anni.
Ovviamente potremmo chiudere la recensione qui, perché ora dipende dai vostri gusti: da un lato non solo non c'è alcun barlume di originalità, ma si assiste alla quintessenza della musica derivativa, quindi se cercate qualcosa che abbia un sentore di individualità, il disco vi schiferà; dall'altro il disco, come gli altri, è un certosino lavoro di "omaggio" ai miti musicali che ispirano Joel, e che quindi piacerà a chi vuole proprio quello, anzi, probabilmente Grind & soci vi divertiranno un mondo senza pretese (ma senza neanche troppa longevità) e a loro consigliamo l'acquisto del disco, che verrà apprezzato così come furono apprezzati i precedenti e i classici degli anni '80 (in fondo sono uguali).

Se vogliamo spendere qualche parola di più per commentare certe operazioni, tutti gli stereotipi più grossolani, ma anche i fondamentali più caratterizzanti, che gruppi come i Toxic Holocaust possono tirare fuori dal sacco vengono messi in mostra senza troppi complimenti. Questo è per l'ennesima volta il revival, di per sè una riproposizione manieristica e nostalgica di stilemi passati, senza un briciolo di reinterpretazione ma solo con la voglia di mantenere in auge le sonorità dei beniamini dei tempi che furono. E si tratta di prendere o lasciare, tutto qua, perché questo vogliono suonare i gruppi revivalisti, questo potete solo aspettarvi da loro.
Tutti i dischi come questo An Overdose of Death ne risultano così ciascuno praticamente un mero esercizio di stile fine a sè stesso, che, come già detto, esalterà chi cerca proprio la pedissequa ripetizione dei tempi che furono, ma purtroppo per molti altri rischierà di risultare monotono e dimenticabile, tranne forse in qualche pezzo particolarmente grintoso (ad esempio War Is Hell con le sue sfuriate che si rifanno allo speed/proto-black, l'incalzante e melodica The Lord of the Wasteland o l'acida Feedback, Blood and Distortion.
Al di là quindi della freschezza, gli aspetti positivi dei Toxic Holocaust sono questi, cioè sanno picchiare sodo e conoscono bene gli stili a cui si ispirano, motivo per cui chiunque cercasse una proposta musicale analoga ad una fotografia dettagliata del passato avrebbe pane per i suoi denti con dischi come An Overdose of Death. Ma chi volesse qualcosa che sprigionasse un minimo di personalità (anche se in teoria lo spirito revivalistico di per sè può essere una forma di personalità), che almeno non suonasse come una fotocopia (sbiadita?) degli epigoni del passato, rimarrà più che deluso da questa ennesima minestra riscaldata anche dopo che è andata a male.
Il lato peggiore del disco è nelle tematiche che però a volte paradossalmente in tutto questo risultano a modo loro apprezzabili, poiché la loro banalità rasenta l'auto-parodia, e titoli come Nuke the Cross o Endless Armageddon risultano così anche buffi. Ma altri come March from Hell o Gravelord annoiano solamente nella loro tritezza, mentre il fondo del barile della banalità lo si tocca forse con City of a Million Graves, da latte nelle ginocchia.

Assieme ad altri gruppi come i brasiliani Violator e i Bywar negli ultimi anni i Toxic Holocaust si sono conquistati l'appellativo di "nuovi paladini del thrash" presso uno zoccolo duro di irriducibili affezionati dello speed/thrash metal.
Perdonateci la frecciata sarcastica ma diciamolo apertamente: se questi sono i paladini del thrash allora vestiamoci pure a lutto e prepariamo qualche crisantemo, perché il thrash è già morto e sepolto, nonostante i tentativi di riesumazione di alcune formazioni.
Fortunatamente la situazione non è esattamente così e ci sono ancora diversi gruppi validi che creano nuova linfa vitale per il genere, ma solo se si considera che non si tratta thrash tout-court nella sua accezione ottantiana bensì di evoluzioni, contaminazioni e ramificazioni varie che spesso non hanno molto in comune con i pionieri del metal più duro, motivo per cui appaiono decisamente fuori contesto rispetto alla proposta dei Toxic Holocaust, ben differente.

In ogni caso rimane certo che finché ci si potrà vantare di avere grupponi del calibro dei Toxic Holocaust nell'elenco delle nuove uscite, a meno che si apprezzi la famigerata "minestra riscaldata" e la si voglia ancora e ancora e ancora, l'unica cosa salutare ed umana da fare con essi è una sola, cioè lasciare i loro dischi sugli scaffali e scoprire molte giovani formazioni che faticano ad emergere perché "fuori dai canoni".

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente