Voto: 
8.3 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
Spinefarm Records
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Tonmi Lillman - batteria
- J. P. Sutela - chitarra
- Miikka Kuisma - basso
- Joonas Koto - chitarra solista
- Jape Peratalo - voce


Tracklist: 

1. Farewell
2. Live In You
3. In The Heat Of The Night
4. Our Candle Melts Away
5. Dripping Down Red
6. Sea Of Sin
7. Loveless
8. One More Time
9. Mary-Ann (R.I.P.)
9. Together Complete
10. Rimed With Frost
11. Lacrimarum

To/Die/For

All Eternity

I To Die For sono ormai una realtà affermata in patria finlandese; non è raro vederli apparire nella Top Chart alla radio; ma si sa che per i popoli nordici le preferenze musicali non sono così terribilmente chiuse a realtà come il metal. Se in Finlandia non è affatto difficile accendere la radio e sentir girare un pezzo dei Children of Bodom o degli Apocalyptica, qui nel Bel Paese naturalmente e palesemente, band come i To Die For hanno un seguito sparutissimo. E’ questione di sangue e mentalità.
La scena finlandese di gothic metal ha in gruppi come Sentenced e 69 Eyes le sue punte di diamante. Spetta a loro la creazione di un sound tipico, dalle atmosfere cupe, malinconiche, a tratti rabbiose di un’ira piena di amarezza, che fa’ da sfondo a tematiche dotate di depressa introspezione. Non per niente ai Sentenced viene affibbiata anche l’etichetta di “suicide metal” band, derivata appunto dal predominare di questo argomento nei testi.

Ed è proprio dai Sentenced che i To Die For ereditano la maggior parte del loro bagaglio compositivo, sia musicale che tematico. Quello che è decisamente interessante riguardo alla band, è come i nostri, forti di una grande passione per la musica “pop” anni 80, ripropongano moltissimo certe sonorità ottantiane, predominanti in particolar modo nelle linee vocali del singer Jape Perätalo, che ricorda molto, col suo singolare cantato molto impostato, lamentato e gutturale, un più arrabbiato e disperato Dave Gahan dei Depeche Mode. Anche l’uso dell’elettronica rimanda alla New Wave inglese di quell’epoca, a uno stile che già aveva qualcosa di romantico e decadente.
Questo insolito matrimonio tra cultura Gothic Metal finnica e techno pop britannico ottiene l’apprezzamento di critica e ascoltatori quando i To Die For debuttano nel 1999 con il loro primo full lenght All Eternity.

A fare da apripista è il triste e sconsolato motivo elettronico della splendida Farewell, presto sostituito dal tagliente ma sommesso incedere della chitarra, che sembra far presagire qualcosa che muore, finendo per sempre. La voce di Peratälo non fa’ che arricchire questa sensazione di perdita con la sua voce davvero unica, in continuo salto tra una tristezza pacata e una più acuta disperazione. A seguire, senza soluzione di continuità, un capitolo più dinamico, Live in you. La formula è la stessa del brano precedente: stessi riff ripetuti e taglienti, questa volta però accelerati e vitalizzati dal pianoforte, fino a sfociare nel ritornello, piuttosto catchy ma sicuramente convincente nella sua semplicità. La terza è una sorpresa all’ascolto: In The Heat Of The Night è infatti la cover di una nota canzone pop dei tardi anni '80, riletta in chiave più “hard” con l’inserimento di chitarre e doppia cassa. La voce di Peratälo è perfettamente a suo agio nel duetto del ritornello, in cui è accompagnato da una bella voce femminile. La canzone, in ogni caso, non è di forte impatto, a meno che non si apprezzi il sound dell’originale, e si presenta semplicemente come un curioso tributo ad una delle principali fonti di ispirazione dei nostri. Decisamente più fortunata è la seguente Our Candle Melts Away, un brano che ricorda moltissimo l’altra fonte da cui i finlandesi pescano, e cioè i connazionali H.I.M., il cui stile è qui palesemente imitato. Imitato in senso latino del termine però, dove l’imitatio è intesa come “rivaleggiare con un modello acquisito”, sfida dalla quale i To Die For escono intatti e illesi, se non vincitori: la canzone ha uno stile comunque inconfondibile (Ville Valo non canterebbe MAI così) e arriva dritta al cuore con la sua dolce tristezza.

Tornano i To Die For rapidi in Dripping Down Red, canzone veloce supportata da un lavoro alla batteria molto vivace. E qui si cominciano a vedere le pecche da “esordio”; una band deve trovare la propria identità, deve consolidarlo, ed ecco che si può scattare in qualche brano un po’ fotocopiato, che fa’ solo da riempitivo, come questo. Mentre Sea of Sin è un pezzo già più originale, con chitarre più pesanti e effetti di elettronica più elaborati, Loveless, pur avendo carattere, manca anch’esso di presa emotiva. Purtroppo questa parte centrale lascia piuttosto a desiderare, e con One More Time la situazione rimane sempre piuttosto statica e ripetitiva.

Fortunatamente nella parte finale l’album si risolleva, iniziando con la cadenzatissima Mary Ann, uno struggente addio ad una ragazza che lascia la vita: “she left me her warmth for the cold days ahead”; la morte che arriva come una cura per il dolore, cantato quasi con invidia. Gran pezzo anche Together Complete, con un inizio di pelli al fulmicotone, i soliti mid tempos, che fortunatamente sanno evitare la caduta nella ripetizione, profittando di un ritornello facile ma estremamente azzeccato, e un ottimo stacco con assolo nella parte centrale. Con Rimed With Frost si apre forse uno degli episodi musicalmente più riusciti, un pezzo di una freddezza glaciale, quando pianoforte e chitarra si incontrano si ha la sensazione di essere gettati nelle gelide acque di uno dei mille laghi finlandesi. A concludere, infine, la più lirica Lacrimarum, che vede Peratälo a duettare con la brava Kimberly Goss dei Sinergy. Dopo un inizio di sola voce maschile accompagnata da una fredda e sconsolata chitarra acustica ecco il ritornello più sostenuto, splendidamente dialogato tra i due cantanti: “despair lives on and on, lives in everything. Life’s just a pain that I’ll go through”.

Un buon punto di partenza dunque, per lasciar germogliare uno stile che già appare inconfondibile, così inconfondibile da aumentare la sensazione dell’autoplagio. Con questo, l’album non va’ dunque considerato come un capolavoro; troppe le canzoni poco convincenti, dotate di scarsa personalità, eccessivamente ripetitive nella composizione. Importante, anzi fondamentale, però, è il rinnovamento operato, in modo squisitamente insolito, dai To Die For su di uno stile che, negli ultimi anni, sembrava aver già esaurito le sue idee.

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