Voto: 
8.1 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Mute Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Genesis P-Orridge
- Peter Christopherson
- Cosey Fanni Tutti
- Chris Carter

Tracklist: 


1. Vow of Silence - 7:02
2. Rabbit Snare - 8:55
3. Separated - 4:51 (Chris Carter)
4. Almost A Kiss - 6:47
5. Greasy Spoon - 9:31
6. Lyre Liar - 7:51
7. Above The Below - 4:28 (Cosey Fanni Tutti)
8. Endless Not - 8:01
9. The Worm Waits Its Turn - 5:50 (Genesis P-Orridge)
10. After The Fall - 4:05 (Peter Christopherson)

Throbbing Gristle

Part Two: The Endless Not

Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da quando, trent’anni esatti fa, i Throbbing Gristle sconvolgevano la musica con il loro esperimento “The Second Annual Report”, un brodo primordiale da cui attingeranno praticamente tutti gli artisti che da lì a poco inizieranno a esplorare l’Industrial, genere musicale per la cui data di nascita si fa riferimento proprio a quel primo disco della band londinese. La breve ma intensa carriera del carismatico quartetto terminò pochi anni (e qualche capolavoro) dopo, all’alba degli anni ’80, mentre le loro apocalittiche visioni continuavano a diffondersi come un virus mortale – il resto è storia (relativamente) recente, con i vari membri della band a perseguire le proprie visioni artistiche durante gli anni Ottanta e Novanta, fino alla reunion di qualche anno fa.

“Part Two: The Endless Not” è il principale frutto di questa rimpatriata, un disco atteso febbrilmente ma rimandato, crudelmente, innumerevoli volte: Aprile 2007 è infine testimone della sua pubblicazione che, lo anticipiamo, non delude assolutamente le aspettative, e anzi offre profonde rassicurazioni sullo stato di salute della band e sulla sua ispirazione.
I Throbbing Gristle del 2007 suonano lontani, molto lontani, dalle brutali sembianze assunte in “Heathen Earth” o “Second Annual Report” e, più in generale, non possiedono legami straordinariamente forti con la loro prima incarnazione, visto che il loro suono attuale appare assai ‘moderno’ e adeguatamente aggiornato al nuovo millennio, nonché privo della distruttiva, viscerale, stridente crudezza che caratterizzava i loro primi tentativi musicali.

Se c’è da fare paragoni con il passato, questi vanno fatti prendendo come spunti ciò che i quattro hanno sperimentato negli ultimi venticinque anni e chiamando in causa, in particolare, il nome dei Coil: proprio l’ultimo periodo della band di Christopherson e Balance (quello dalla ‘Moon Music’ in poi, per intenderci) può essere uno dei maggiori punti di riferimento per “Part Two” – tanto che, ad esempio, i suoni Jazz di “Red Queen” (da “Musick To Play in the Dark”) sono ripresi quasi letteralmente nell’incedere di “Rabbit Snare”, seconda traccia di questo disco, dominata in primo piano dal pianoforte e dalla cornetta di Cosey, mentre Carter e Christopherson costruiscono sfondi disturbanti e soffocanti – la voce lamentosa, decadente, tetra di Genesis P-Orridge completa il quadro di uno degli highlights di questo disco (e, tra parentesi, quell “Are You Scared?” scandito da Orridge ricorda molto l' “Are You Shivering?” sibilato da Jhonn Balance in un altro brano di “Musick...”). Atipica anche “Almost A Kiss”, rivisitazione della recente “Almost Like This”, un brano che ricorda molto gli Psychic TV, non lontano dalla forma-canzone e dominato dall’aura disperata evocata dalla sofferta interpretazione di (della?) Orridge.

Nella maggior parte delle tracce, tuttavia, godiamo di un platter che esplora a fondo territori assai atmosferici ed Ambient, in cui a brillare sono le manipolazioni sonore di Chris e Peter, che modellano suoni, rumori, drones, echi e glitch a loro piacimento – talvolta in modo più violento e schizoide (araldi di questo stile sono la terrificante e frenetica “Vow of Silence” e la ossessionante ma lenta “Lyre Liar”), più spesso realizzando panorami agghiaccianti con la massima calma, collegando fra loro varie melodie in loop, sovrapponendo strati e strati di suoni, come accade nell’eccelsa “Greasy Spoon” (i dieci minuti migliori del disco se si ascolta “Part Two” nell’ottica di rivedere le ombre dei Throbbing Gristle che furono) o in “Endless Not”, che invece esplora un feeling elettronico fatto di ritmi e battiti sotterranei, melodie misteriose e voci filtrate, mood confermato poco dopo anche dalla successiva “The Worm Waits Its Turn”, brano firmato dal singolo Genesis P-Orridge (in collaborazione con Bryin Dall) senza l’aiuto dei compagni.

Sono infatti presenti, secondo uno schema già sperimentato in “Third and Final Report”, quattro brani firmati separatamente da ognuno dei membri: Chris Carter e Cosey Fanni Tutti approfondiscono il discorso atmosferico grazie a brani (rispettivamente “Separated” e “Above the Below”) dalle spiccate tendenze Ambient, dilatati e meritevoli d’ascolto per la grande attenzione posta alla cura dei suoni (praticamente impeccabile su tutto il disco); Peter Christopherson, invece, propone la triste elegia “After the Fall”, che i più hanno interpretato come omaggio a Jhonn Balance, brano che conclude il disco con un tono intimo e dimesso, molto discreto, nel quale sottili rintocchi del pianoforte abbelliscono un climax composto da drones fumosi e da un mantra filtratissimo.
 
Suona abbastanza strano dirlo, relativamente ad un disco dei Throbbing Gristle, ma a fine ascolto rimane una profonda soddisfazione: tornare nuovamente a godere della classe di questi quattro fenomeni della musica (un tempo) d’avanguardia è altamente appagante, e “Part Two” verrà sicuramente ricordato come uno dei migliori dischi di quest’anno; laccato, lucido, raffinato, potrebbe lasciare scontenti solo se si vuole a tutti i costi ricordare qual era la vera essenza dei Throbbing Gristle trent’anni fa, la loro missione nichilista, il loro ‘marchio’ devastatore (“Music from the Death Factory”). Quel suono, ora, non è più parte del DNA dei Throbbing Gristle, se lo vorrete ascoltare integralmente dovrete andare a rispolverare i vostri vinili - in fondo, la loro rivoluzione i Throbbing Gristle la portarono a termine già tre decenni fa, shockando il mondo della musica moderna e cambiandolo (deformandolo) irreparabilmente.
Nel 2007, è mia personale opinione che ci si possa anche “accontentare”: l’innovazione, le critiche alla società attraverso la musica, l’avanguardia sonora sono processi oramai in mano ad altri, lasciamo che i Throbbing Gristle diventino un progetto ‘quasi’ come tutti gli altri – quel ‘quasi’ sottintende un’unica, sostanziale, fondamentale caratteristica: Orridge, Cosey, Carter e Sleazy scrivono dischi fantastici.
Non perdetevi “Part Two: The Endless Not”.

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