Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Goregorecords/Aural Music
Anno: 
2007
Line-Up: 

Dave Murray – Batteria e Voce
Wally Scharold – Chitarra ritmica
Rob Pumpelly – Chitarra ritmica
Aaron Ortiz – Voce
Sami Di – Basso
Ospiti:
Kevin Kmetz – Chitarra solista
Dan Robbins – Basso Solista (Jazz)
John MacMurphy – Basso Solista (Metal)
Mike Johnson – Chitarra acustiche, chitarre aggiunte
Margaret Goldberg – Voce aggiunta
Richard Hoagland – Voci campionate, registrate

Tracklist: 

1. Introduction
2. Short Forevers
3. Expropriated
4. Protocultures
5. Staring Back
6. Involuntary
7. Ripe for the Killing
8. Constant
9. Speculum of the New Race

Tholus

Constant

Gli statunitensi Tholus sono la band con cui la Goregorecords, sotto-etichetta della Aural, ha deciso di ritornare in pista dopo una ‘partenza abortita’ risalente al 2003, episodio che aveva visto questa piccola label pubblicare uno split fra 3 Death-Metal bands italiche e poi sparire, fino a questa ‘resurrezione’ odierna.
I Tholus dal canto loro non sembrano aver avuto una storia meno travagliata: attivo fin dai primi anni ’90, il combo californiano non produsse alcunché di concreto e finì per sparire senza dare traccia di sé al mondo musicale; il punto di svolta fu il 2004, in cui i lavori sul progetto Tholus furono ripresi dal fondatore Mike Johnson che, tuttavia, risultò incapace di portarli a termine e dovette affidare il compito di terminare il processo di elaborazione del materiale musicale ad un altro dei membri originari della band, il batterista Dave Murray.

Murray ha assemblato una line-up nuova di zecca e contattato una marea di ospiti, portando infine a compimento il progetto su cui i Tholus hanno lavorato: il risultato ottenuto è “Constant”, concept-album alieno che si espande per tre quarti d’ora di Death Metal brutale e tecnico il cui intento è quello di ricollegarsi sia alla potenza dei Carcass e dei Cannibal Corpse che alle complesse evoluzioni dei Death.

Il leader del progetto, Dave Murray, si rivela un tentacolare batterista capace di uscire dai soliti blast-beats del genere con qualche soluzione più rifinita, ma una certa voglia di strafare, la mancanza del gusto che contraddistingue altri grandi batteristi di quest’ambito e la presenza continua del basso elettrico (che spesso rimbomba in sottofondo, e talvolta si eleva dal background per qualche esibizione di tecnica strumentale solista) diminuiscono l’impatto della prova del batterista americano. Punto dolente è la voce di Aaron Ortiz, non particolarmente duttile, e anzi statica in un growl poco espressivo, mentre il riffing della coppia d’asce Scharold-Pumpelly è sempre massiccio e possente, ma scade piuttosto sovente in passaggi ripetitivi (“Expropriated”, che ripaga la pessima ritmica con buoni assoli): a spezzare il serratissimo ritmo ci pensano gli assoli pirotecnici della chitarra di Kevin Kmetz e qualche intervento solista del basso fretless di Dan Robbins, momenti peraltro fini a sé stessi in molte occasioni.
Non tutto in questo disco è da buttare, visto che in diverse occasioni le combinazioni di tecnica e violenza (le melodie sono di livello scadente lungo tutto il corso del disco) sono realizzate con sufficiente perizia compositiva e strumentale, ma troppo spesso il disco si perde in sé stesso senza seguire un filo logico, difetto in cui i Tholus sono bellamente caduti assieme alle loro pretese: non basta citare Zappa e Pastorius nella propria bio, complicare il riffing (e nemmeno troppo, visto che bands come i Necrophagist di “Onset of Putrefaction” erano anni luce più avanti sotto questo punto di vista) e adottare una sezione ritmica che tenta di colpire quante più note possibili nel minor tempo possibile per arrivare a risultati artistici degni di nota – l’apice del disastro è l’inascoltabile title-track “Constant”, che nonostante i ben otto minuti di durata si rivela incapace di scegliere fra una direzione atmosferica (i momenti di calma, con voce registrata, sono dotati di un pathos nemmeno avvertibile) o una pesante (l’estenuante riffing Metal è noioso e ripetitivo già durante il primo ascolto); i momenti più indovinati appartengono invece alle apprezzabili “Staring Back” (il brano più corto e spedito del lotto) e “Involuntary”, dotate di un groove melodico superiore alla media (la prima) o di attacchi violentissimi (la seconda), espedienti che alleviano la granitica ripetitività del riffing e permettono di apprezzare anche le divagazioni tecniche che si succedono durante i brani stessi.

Un disco estremamente di nicchia questo “Constant” (peraltro nemmeno troppo riuscito) che pertanto risulta consigliato solo a chi stravede per il Technical Death Metal nelle sue varianti più brutali e massacranti; le buone intenzioni disseminate nel corso dell’opera si scontrano con una mancanza di genialità che, per chi vuole andare così ‘oltre’ risulta essere un difetto purtroppo decisivo.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente