Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Liv Kristine Espenæs Krull - voce
- Raymond Rohonyi - voce
- Frank Claussen - chitarre
- Lorentz Aspen - tastiere
- Hein Frode Hansen - batteria
- Eirik T. Saltrø - basso

Tracklist: 

1. Machine
2. City of Light
3. Fragment
4. Musique
5. Commute
6. Radio
7. Image
8. Crash Concrete
9. Retrospect
10. Reverie
11. Космическая эра

Theatre of Tragedy

Musique ['mju:zɪk]

Per introdurli con semplicità, i norvegesi Theatre of Tragedy, capitanati dalle voci di Liv Kristine e Raymond Rohonyi, furono un gruppo gothic/doom metal abbastanza popolare venuto alla ribalta nella seconda metà degli anni '90. Cupi, lenti, decadenti, sognatori ed un po' anche barocchi, i loro primi dischi riscossero abbastanza successo nell'ambito del dark pesante, contribuendo inoltre ad influenzare un trend musicale ricco di fuochi di paglia e next big things molto derivative.

Forse anche per distaccarsi da questo mare di cloni e per affermare la propria personalità in un mercato saturo di uscite, nel 2000 diedero alla luce Musique, con cui mostrarono di essere leggermente (ma giusto un pochino) cambiati dal punto di vista musicale. Difatti si trasformavano in un gruppo industrial metal con una forte, fortissima componente pop ad influenzare il lato melodico e quello elettronico, totalmente rinnegando il loro passato.

Per qualcuno questo sentiero potrebbe sembrare in qualche modo analogo a ciò che i Paradise Lost avevano fatto l'anno prima con Host, facendo un album synth pop dopo esser stati pionieri del gothic/doom. Ma in realtà i ToT nel loro nuovo corso utilizzano ingredienti diversi: in primis la presenza di chitarroni modulati su di un industrial metal ruvido e corrosivo ma decisamente catchy (che strizza l'occhio a certi nomi come un Marilyn Manson o come, in parte, ai connazionali Kovenant del loro ultimo album); ma anche e soprattutto la maggiore durezza del lato elettronico, venuto alla ribalta con prepotenza e che spesso e volentieri i cupi soundscape industriali li diluiva se non proprio sovrapponeva con una melodia electro-pop più sfacciata e mordace, condita da una ballabilità dance-oriented, passaggi meccanici debitori dei Kraftwerk, divagazioni electro-clash e piccoli riferimenti all'ebm più melodica.

In ogni caso a tutti i fanboy metallari dovette venire una crisi isterica ascoltando il disco perché era un concentrato di soluzioni che la maggior parte degli ascoltatori metal aborriscono, senza contare il "tradimento stilistico" nei confronti dei fan del gothic.
Il cambiamento più clamoroso era con tutta probabilità il lato canoro. La voce maschile di Raymond, gettando via del tutto il growl degli esordi o la malinconia quasi sussurrata del precedente disco, imita una voce fredda e robotica... che i ToT stessi paiono prendere in giro col testo dell'iniziale Machine, orecchiabile singolo a metà fra uno sguardo agli anni '80 sotto l'egida dei Depeche Mode e un affondo negli anni '90 a la Apoptygma Berzerk, con chitarroni metallici e ronzanti di supporto. Ma sa essere anche più cupa e decisa, come nella ripetitività acida della rammsteiniana City of Light.
Ma la controparte femminile sa stupire, anzi, scioccare di più, con Liv Kristine che abbandona il mood etereo di Aegis per abbracciare un pop diretto e scanzonato, sereno ma potente, mostrandosi molto carismatica ed accattivante oltre che notevolmente versatile. Osando pure con sfrontatezza flirtare con la trascinantezza melodica di una Madonna o di una Kylie Minogue (il contrasto fra elettronica corrosiva e ritornello ultra-catchy della titletrack, la spensieratezza adagiata su di un manto oscuro e malinconico di Radio, l'industrial/pop elettronico spudorato di Image), Liv sa tenere il ritmo con efficacia e guida l'ensemble con grinta, buon tiro e piglio intrigante. Non rinuncia in ogni caso a tonalità più angeliche, come in Reverie, ma che qui assumono l'aspetto di un dolce-amaro caustico fra i suoi vocalizzi celestiali e l'impianto sonoro ruvido, graffiante, elettrico.
La disinvoltura e la naturalezza con cui ha mostrato tanta flessibilità nelle linee vocali sono sicuramente qualità a prescindere dal genere intrapreso

L'attitudine intrinsecamente radio-friendly, così come i tempi decisamente upbeat in forte contrasto con il doom opprimente e cadenzato di un tempo, in ogni caso non impediscono capitoli a loro modo oscuri, anche inquietanti, come in Fragment per via dei bassi corposi e dei tappeti atmosferici tetri o in Commute per i riff industriali particolarmente granitici e brucianti.
Dobbiamo citare anche i testi, che lasciano alle spalle ogni riferimento romantico, macabro o mitologico, così come l'inglese antico ormai divenuto un luogo comune manierista, per iniziare a parlare in lingua moderna di amori cibernetici, tematiche futuristiche/simil-cyberpunk (qualche riferimento transumanista e da era digitale) e di un velato disagio generazionale nei confronti della crescente tecnologia che quasi disumanizza la società contemporanea. Ma il tutto è sempre filtrato da una fruibilità tipicamente pop, non ci si abbandona a ragionamenti filosofici seguendo sempre un'immediatezza che facilita la trasposizione melodica delle liriche.

Crash/Concrete, ossessiva e alienante, è la summa quasi da biglietto da visita del lato industrial metal acquisito dal gruppo, mentre Retrospect ha aperture melodiche più dolci, pur immerse in uno scenario fatto di elettronica acida e claustrofobica così come di muri distorti (che ad un certo punto iniziano a diventare anche stereotipati), che la fanno quasi sembrare una ballata.
Infine Space Age è una strumentale (se si eccettuano brevi frasi in russo, inglese e tedesco a dare un feeling da "era spaziale") elettro-ambient atmosferica ed inquietante che catapulta nello spazio freddo, ostile ed ignoto. Mostrando un'ottica alternativa al resto dell'album, l'aura di sfondo muta divenendo molto più alienante e decadente, come se dalla precedente combinazione di chorus da dancefloor e riff schiacciasassi si venisse inghiottiti dal vuoto siderale più disumano senza possibilità di scampo.

Insomma, il disco è praticamente "truzzo" (o meglio: truzzoide, perché le chitarre meccaniche e ronzanti di Frank Claussen - rimasto da solo dopo la partenza di Tommy Olsson -, le basi musicali industriali o l'ecletticità del lato elettronico vanno contro molti luoghi comuni relativi), sposato alla catchyness stilistica e ad un approccio d'impatto che all'epoca fecero piovere aspre polemiche da parte del pubblico metal, spesso refrattario a determinate sonorità.
Più di tutto fece gridare i vecchi fan al tradimento, a causa della totale rivoluzione stilistica che fa letteralmente sembrare i ToT un altro gruppo - questione che spesso viene alla ribalta, anche in altri generi, per esempio con Alison Goldfrapp che ha fatto qualcosa di relativamente parallelo alla svolta di Liv.

Ma il disco è positivamente brioso e creativo, dotato di arrangiamenti melodici ricercati (mai ridondanti e sempre caratterizzati) come di una vena compositiva personalizzata, che mantiene spessore senza scadere nella scontatezza più piatta e banale anche nei frangenti più orecchiabili ed immediati - in tutta risposta alla scena gothic metal avviatasi verso la produzione di fotocopie.
Soprattutto è originale, nonché rinfrescante per il panorama industrial metal prossimo in questo periodo a sfornare molti gruppi molto più appiattiti e pre-confezionati.

Comunque, certo: de gustibus non disputandum est, la proposta di Musique è davvero particolare e può piacere come può non piacere. Ma certamente è fin troppo facile sentire una melodia vocale pop, tanta elettronica, riffoni distorti ma catchy e urlare aprioristicamente "commerciale venduti non è metal sbroc sbroc" con pregiudizio e per partito preso.

Il discorso viene in ogni caso portato avanti dai Theatre of Tragedy che continuano con spontaneità e naturale convinzione sul nuovo cammino.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente