Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Moonfog Productions
Anno: 
1995
Line-Up: 

- Sigurd Wongraven – Chitarre, Basso, Sintetizzatori, Voce
- Herr Nagell – Batteria, Voce
- Kari Rueslåtten – Voce

Tracklist: 


1. Innferd (1:36)
2. Mellom Bakkar Og Berg (2:43)
3. Haavard Hedde (3:19)
4. Villemann (2:14)
5. Nagellstev (1:03)
6. Oppi Fjellet (4:02)
7. Langt Borti Lia (7:15)
8. Lokk (0:54)
9. Noregsgard (8:13)
10. Utferd (1:58)

Storm

Nordavind

“Norsk Nasjonalromantisk Musikk”.
Così recita, orgoglioso, il minimale booklet nel presentare la mezz'ora di musica contenuta in “Nordavind”, unico disco pubblicato dai norvegesi Storm, side-project dall'effimera vita di due personaggi-chiave dello sconvolgente mondo del Black Metal scandinavo dei primi anni '90: il “vento del Nord”, infatti, soffiava grazie allo sforzo creativo delle menti – ma, soprattutto, dei cuori – di Sigurd “Satyr” Wongraven e Gylve “Fenriz” Nagell: l'uno, chitarrista e leader dei Satyricon (all'epoca una formidabile macchina da guerra nel pieno della propria forma); l'altro, batterista e anima dei Darkthrone (reduci dalla registrazione del clamoroso “Panzerfaust”, ultima milestone firmata dalla band); a loro si unirà Kari Rueslåtten, cantante loro compatriota in procinto di lanciare la propria carriera solista dopo aver abbandonato i Doom-metallers The 3rd and the Mortal, con i quali aveva debuttato un paio d'anni prima.

... “Nordavind” is Storm's hymn to Norway ...


L'esaltazione della madrepatria, del suo popolo e del suo folklore è il proponimento primario del trio, obiettivo perseguito mediante l'interpretazione e l'arrangiamento in maniera totalmente personale di poemi, ballate o semplici melodie pescate dalla tradizione popolare norvegese, foggiando in questa maniera un primigenio modello di Folk Metal: basato su canzoni ottocentesche, suonato con la strumentazione tipica del Rock e vissuto con l'incrollabile fierezza che è insita nel Black Metal di stampo pagano, “Nordavind” non fu un disco innovativo in senso assoluto, ma fu certamente tra i primissimi dischi dotati di un retaggio culturale 'estremo', a tentare un così esplicito ed anacronistico connubio.

La Wongraven-iana introduzione di synth “Innferd” fa infatti da preludio ad un trittico di brani che rappresenta al meglio ciò che era il suono fortemente cercato dagli Storm: “Mellom Bakkar og Berg”, riproposizione di un poema (“Nordmannen”) di Ivar Aasen (il 'padre' del Nynorsk), è un breve brano sostenuto da una chitarra al contempo cruda ed epica, scandito uniformemente dai poderosi tempi e dai rallentamenti della batteria, ma soprattutto portato avanti dalle triple linee vocali in cui s'incrociano i possenti, recitanti vocioni dei due uomini con le filanti, delicate armonie corali della dolce Kari; la segue un'altra folk-song del diciannovesimo secolo, “Haavard Hedde”, ben più cadenzata e ruvida, sia perché ritmicamente basata sui pesanti colpi dei tamburi di Fenriz, sia perché condita delle consuete ripetizioni liriche tipiche delle ballate rurali; ancora leggende e suggestioni popolari nell'ottima “Villemann”, con duetti vocali, tempi spezzettati e l'asciutta chitarra di Satyr intenti a musicare una ballata popolare (originariamente intitolata “Villemann og Magnhild”) narrante le peripezie del giovane protagonista, abile nell'incantare e sconfiggere, suonando la propria arpa, la malvagia creatura che teneva intrappolata nel letto di un fiume la sua innamorata.

L'idea sottostante a “Nagellstev” deriva dalle tipiche canzoni vocali improvvisate ('stev') norrene: Fenriz ne dà una propria visione facendo accompagnare il suo solitario canto unicamente dal regolare battito della cassa, creando qualcosa di piuttosto vicino a “Landet og Havet” dei suoi Isengard. Un episodio simile, ma dotato di ben altro spessore tecnico, è “Lokk”, composizione per la sola voce femminile, leggiadra e sognante, di Kari Rueslåtten: estremamente grazioso, l'apporto della vocalist norvegese dona ulteriore fascino e sufficiente dolcezza ad un lavoro altrimenti piuttosto rude e mascolino; un buon equilibrio viene raggiunto nella lunga “Langt Borti Lia”, con le danzanti – ma secche e risolute – sei-corde elettriche a proporre una buona varietà di melodie, scintille che Kari sfrutta a puntino come impulso per prendersi la ribalta e dar spazio ai suoi vocalizzi.
L'unico altro brano a protrarsi così a lungo, in un disco che privilegia brevità e concisione, è la celebre “Noregsgard” ('terra norvegese'), una specie di 'cover' di “Quintessence” dei Darkthrone, avente liriche e arrangiamenti debitamente riscritti per l'occasione: trasformata in una clamorosa marcia Viking Metal, generosamente annaffiata da linee di sintetizzatore e addolcita da tenui cori femminili, intonata con solenne superbia, si propone come ideale tributo alla propria nazione ed è caratterizzata da un feeling nostalgico e malinconico accostabile a quello del “Twilight of the Gods” di Bathoryana memoria – sentimenti ribaditi anche nel saluto conclusivo “Utferd”, in cui una meravigliosa melodia acustica colma di ricordi è abbinata ad un soffice e confortante accompagnamento dell'organo sintetizzato.

...Storm is not a political band exclusively...

“Oppi Fjellet” è, infine, il brano che più di tutti gli altri catalizzò amori, polemiche ed accuse. Posto in posizione centrale in un disco che sbandierava un nazionalismo acceso ed oltranzista, questo brano finiva per varcare la sottile linea che divide l'amore per la propria terra dall'intolleranza per le intrusioni altrui: splendidamente ossessiva, scostante e brusca, trascinata dalla cantilenante e sprezzante voce di Satyr e condotta da un riff vincente, “Oppi Fjellet” nel proprio finale andava ad incitare l'odio religioso contro la popolazione cristiana; se questa non era certo una novità nel panorama Metal estremo scandinavo novantiano, è anche vero che “Nordavind” non faceva musicalmente parte di quel movimento, ed il disco ricevette un discreto airplay in patria, oltrepassando le 'barriere' che separavano il pubblico Metal dal resto dei fruitori della musica nazionale: le susseguenti, inevitabili controversie e gli attacchi ai membri della band furono quindi relativamente massicci, tanto che la Rueslåtten rinnegò la sua partecipazione ad un progetto di cui non condivideva completamente le finalità e i modi espressivi, mentre Fenriz e Satyr, pur facendo quadrato attorno al proprio operato, abbandonarono l'idea di proseguire con il progetto, terminando l'anno successivo l'avventura degli Storm con la pubblicazione di una canzone (l'irripetibile capolavoro “Oppunder Skrent og Villmark”, ispirato alle melodie di Edvard Grieg) per una compilation (“Crusade From the North”) della Moonfog.

Per la totale estraneità a certe logiche trendy e sempliciotte che negli ultimi anni hanno accompagnato lo sviluppo del genere, per le radici estreme e prive di compromessi, per la portata storica e l'importanza dei nomi coinvolti, ma soprattutto per la grande carica emotiva e la palpabile atmosfera di passione che aleggia su tutte le canzoni, “Nordavind” è oramai assurto a vera leggenda tra gli appassionati di Folk e Black Metal, diventando simbolo di un modo di comporre e vivere la propria musica che era tipico della scena norvegese anni '90.
Una gemma che merita d'essere rispolverata e riscoperta.

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