Voto: 
6.2 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Ninja Tune
Anno: 
2011
Tracklist: 

1. Curtain Call

2. Ariel

3. Miles to Go

4. Visions

5. Assassinations

6. Red Sea

7. I'm on Fire

8. Ballad of NGB

9. Song for the Outsider

10. Junior

11. I Shall Not Complain

Stateless

Matilda

Gli Stateless ritornano col compito di confermare i buoni propositi espressi con l'omonimo debutto pochi anni fa; e, come accade per quasi tutti i gruppi pop/rock inglesi, con la necessità di non cadere nel dimenticatoio finito l'effetto sorpresa dell'esordio.

I quattro inglesi con questo Matilda scelgono di approfondire il loro lato più elettronico e fumoso, andando a dilatare le canzoni con atmosfere notturne e malinconiche, mandate avanti dall'intrecciarsi di tastiere e mesti vocalizzi. Nel lavoro viene messo un po' da parte il loro retaggio trip hop (nonostante la presenza della fonte d'ispirazione DJ Shadow fra gli ospiti) per esaltare influenze jungle, electro-hop ed electro-rock, andando praticamente a realizzare una via di mezzo fra gli UNKLE, Bjork, gli Archive e i Radiohead presi per il loro lato più pop-elettronico.

Si tratta di un lavoro ambizioso (ma non troppo) nell'intento di esplorare sonorità più suggestive e "profonde", ma che è debitore di un songwriting poco omogeneo e tendenzialmente prolisso. Lungo il full-lenght viene messa un po' di carne al fuoco ma senza curare troppo l'amalgama dei condimenti e l'attenzione nella cottura; in pratica diversi spunti sono lasciati in sospeso, altri sono semplicemente poco curati, col risultato che i brani scorrono via anche in maniera sì piacevole, ma senza concretizzare qualcosa di più durevole, lasciando un retrogusto di incompiutezza, come a chiedersi "ok, carino, ma... tutto qua?". Certi momenti sembrano davvero più fumo che arrosto, ma è da sottolineare che c'è sempre l'aggiunta di diverse spezie, fatto che può dare fiducia perché ci sono idee interessanti come anche far risultare qualche canzone lievemente ampollosa.

L'album naviga fra un lato più onirico e malinconico, esaltato soprattutto dalla voce di Chris James, sempre in bilico fra Thom Yorke e Chris Martin, ed esplosioni effettate magari con droni distorti e beats incalzanti.
L'iniziale Curtain Call fa da biglietto da visita a questa tendenza, mentre Ariel si dipana su suoni più giocosi e mesmerizzanti. Risaltano soprattutto i pezzi centrali dell'album: su tutte Miles to Go (cupa e onirica, anche sei il battito in sottofondo è un po' banalotto) e l'interessante Visions (connubio di arpeggi malinconici, battito incalzante e droni elettronici). Di seguito si va a scendere, Assassinations gioca sul binomio di distorsioni sature da certi gruppi britpop ed elettronica distorta suonando divertente per un po' ma non troppo incisiva, Red Sea è giusto un interludio atmosferico di synths e chitarra acustica, I'm on Fire è un tributo intenso ma anche un po' monotono alle sonorità di Jeff Buckley.
Rimedia per fortuna la divertente Ballad of NGB, con inserti d'archi taglienti su elettronica uptempo e synth; peccato che questi stessi archi su Song for the Outsider suonino troppo blandi e fini a sè stessi (inizialmente smielati, poi aggressivi come i beats si fanno decisi).
Infine, Junior è un mix un po' ripetitivo di gospel, trip hop e chamber-music, mentre abbiamo il canto del cigno dell'album con I Shall Not Complain che esalta le influenze più esotiche e folkloristiche del disco, ma sempre immergendole in un contesto prettamente elettronico, suggestivo ed elegante.

In sostanza, Matilda si rivela un disco ancora un po' immaturo, con soluzioni interessanti e di gran classe annacquate però da delle composizioni non troppo catturanti e spesso appiattite e ripetitive, che minano la longevità dei brani stessi. Anche le canzoni più riuscite, alla fine, non godono del sufficiente carisma per non suonare più di eleganti sottofondi d'atmosfera; le aperture più dinamiche virano il tutto verso un riempitivo da club music, mentre i barocchismi (come la presenza sottosfruttata del Balanescu String Quartet, carta che poteva essere giocata meglio) non sempre arricchiscono le composizioni quanto danno l'idea di ridondanza.

Non è un disco mediocre, ma non ci sentiamo di dargli più di una sufficienza. Lode comunque al gruppo per aver osato cambiare e sperimentare nuove proposte, invece di darsi ad un mix di faciloneria pop-rock e stereotipi trip hop per compiacere il mainstream. Il potenziale c'era, solo non è stato espresso.

 
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