Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Undergroove Records/Andromeda
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Mehdi Safa - voce
- Tom Harriman - batteria
- Simon Maine - chitarra
- Green Dave - chitarra
- Phil Maine - chitarra
- Red Dave - basso
- Ed Matthews - atmosfere
 

Tracklist: 

1. The Conference of the Birds
2. Indian - Part 1
3. The White Umbrella - Part 1
4. The White Umbrella - Part 2
5. Water - Part 1
6. Sea of the Dying Dhow
7. Atoll
8. The Killing Tent
9. Indian - Part 2
10. Return to Gulu
11. In Dead Palm Fields

Shels

Sea of the Dying Dhow

Nati da una fusione tra i membri degli Eden Maine, Fireapple Red e Mahumodo, gli Shels costituiscono una delle realtà più innovative del panorama sperimentale, poiché Sea Of The Dying Dhow è un disco che conserva una raffinatezza delicata e delle atmosfere dimenticate: non è possibile determinare un genere in cui inscrivere la band californiana, perché nel full-lenght d’esordio si ritrovano elementi dal Post Rock dei Godspeed You Black Emperor!, dall’approccio Dark-Ambient o acustico degli Agalloch (sebbene non siano adottate soluzioni tipicamente Neo-Folk) e dal Post-Hardcore dei conterranei ed amici Isis.

L’opener The Conference Of The Birds è forse una delle migliori canzoni mai scritte in ambito sperimentale, perché dal sapore acustico degli Agalloch si giunge a scoprire meandri tenebrosi dove affiorano trombe apocalittiche e un lamento Hardcore disperato. Indian si mantiene distesa ed onirica nei suoi costanti fraseggi di chitarra clean, che assumono il fascino Post-Rock sommesso dei Red Sparowes più introspettivi, mentre The White Umbrella è una canzone dall’atmosfera soffocante e rarefatta a cavallo tra Post-Metal e stupendi disegni Ambient. Gli Shels sanno introdurre aspetti geniali ed inediti all’interno della loro musica, descrivendo un sound unico che va oltre le classiche etichette stilistiche suggerite dalle case discografiche; un altro punto di forza dell’album è raffigurato dalla registrazione professionale, capace di mettere in evidenza gli intrecci degli strumenti elettrici ed acustici impiegati. La voce è rara all’interno delle canzoni, perché si preferisce conferire valore alle sezioni strumentali, in cui gli Shels danno la massima prova della loro abilità. Un’altra perla è la title-track Sea Of The Dying Dhow, sospesa nei suoi timbri avvolgenti che ricordano da lontano i Callisto di Noir, mentre la direzione meditativa è esplorata in tutte le ultime tracce del disco (In Dead Palm Fields in particolare), dove si propongono differenti toni vocali.
Anche i momenti di staticità sono significativi perché trasportano l’ascoltatore nelle atmosfere che non si annullano mai, ma che sanno cullare con la loro introspezione.

Dalla California sono emerse realtà che hanno costruito una scena variegata ed unica, capace di valorizzare l’apporto della riflessione all’interno delle composizioni: dopo Neurosis, Isis, Pelican e Red Sparowes gli Shels costituiscono l’astro nascente del futuro Rock sperimentale d’oltreoceano, uno stile elegante e personale che saprà catturare l’ascoltatore, trascinandolo in una dimensione fatta di chitarre acustiche e di aloni sottomarini. Si consiglia l’album a tutti gli amanti della musica Ambient e Post-Rock, che si potranno accostare ad una band al debutto discografico, ma già in grado di sviluppare una commistione di generi opposti ed affascinanti.

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