Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Davide Sartore - voce
- Diego Ceccon - chitarra, cori
- Francesco Libralon - chitarra, cori
- Alessandro Minato - basso
- Marco Pivato - batteria

Tracklist: 

1. Senza Voltarmi Mai
2. Scivola Via
3. Matt(&)o
4. Il Risveglio
5. Il Vetro è Un Liquido
6. Una Nuova Coperta

Seven Keys

Seven Keys

Si formano a Treviso nel 2004 i Seven Keys, band composta da 5 elementi inizialmente impegnati nell’esecuzione di cover Rock/Blues ed in seguito passati alla stesura di pezzi propri riversati in un paio di demo.
Arrivano oggi a questo disco omonimo che non può essere considerato né un full-lenght (visto l’esiguo numero di canzoni in esso raccolte) tantomeno un demo (data l’accuratezza riposta nella registrazione e nel package), in sostanza una dimostrazione del suono del gruppo, delle sue sfumature, delle sue influenze, distribuito in 6 tracce.

Il mood generale che si viene a creare mescola le tonalità soft e chiaroscurali tipiche del Jazz con aperture Rock espresse da misurate schitarrate e batterie in 4/4, benché il Pop di matrice italica regni comunque sovrano, pervadendo linee vocali e strumentali ed anestetizzando ogni singola canzone. La componente prettamente sonora che ci viene proposta risulta infatti essere debole e priva di qualsivoglia capacità di accattivare l’ascoltatore, stemperandosi attraverso suoni che, anche se brillanti ed abbastanza bilanciati, non valorizzano assolutamente la componente Rock di questa band, affidandosi quasi completamente alle melodie vocali, non particolarmente convincenti.
Le parti più apprezzabili rimangono perciò le sequenze di accordi Blues che pur non stupendo per ricercatezza ed originalità, creano tuttavia un atmosfera rilassata e torbida che ben si adatta alle scelte intraprese in fase di mixaggio.
Un brano come Senza Voltarmi Mai sguinzaglia anche sprazzi di influenze Funky, ma all’arrivo del ritornello si capisce in pochi secondi che il cliché è dietro l’angolo, nascosto tra le melodie anonime di una voce che tende ad imitare Francesco Renga, con uno stile impostato e la tendenza a “dilatare” le vocali e modulare il proprio tono naturale durante i passaggi più movimentati, mettendosi in risalto in modo artificioso. Gli strumenti proseguono invece con il loro lavoro di “appoggio” senza mai offuscare il primo piano del cantante.
Fortunatamente Scivola Via suona nel complesso più equilibrata, anche la voce sembra più naturale, mentre chitarre e batteria si occupano di costruire un opportuno tappeto di leggeri arpeggi e accordi aperti molto Pop, senza fingere di suonare Rock infilando assoli superflui.
Tralasciando Matt(&)o, che soffre degli stessi difetti della traccia d’apertura, si torna ad una dimensione più congeniale con Il Risveglio, di nuovo cristallini arpeggi di chitarra ed un ritornello sempre molto costruito attorno alle note lunghe sostenute dalla voce, questa volta intervallate da un assolo adeguato alla situazione, che costituisce un valido intermezzo e risulta essere a conti fatti uno dei momenti migliori dell’intera canzone.
Pur essendo tutto molto orecchiabile le melodie continuano ad essere decisamente poco convincenti ed ispirate, capaci di stancare in tempi troppo brevi.Il Vetro è Un Liquido è il terzo pezzo “movimentato” del disco (ormai avrete capito che gli episodi più Rock vengono alternati alle ballate) che non aggiunge nulla di nuovo, ma che ci introduce all’unica canzone in cui la band sembra esprimersi al meglio, ovvero la conclusiva Una Nuova Coperta, che con la sua atmosfera quasi ipnotica fondata su di malinconici accordi Blues e tiepide chitarre ritmiche in sottofondo crea un letto perfetto per una voce intima ma dai toni sicuri, che suona finalmente coesa con la sezione strumentale.
Una nota positiva deve essere sicuramente spesa per i testi, originali e fitti di termini ricercati ma mai fini a sé stessi: finalmente una band Pop nostrana che non scade nelle solite lagne dedicate ad una ipotetica figura femminile che rende l’amore una sofferenza, ed altre banalità che mi è capitato sentire, ma che invece riesce a costruire qualcosa di più sotto questo aspetto, rifugiandosi dietro temi meno “popolari” ma sicuramente più personali e carichi di significato, che donano un importante valore aggiunto ai pezzi ascoltati.
Purtroppo il punto debole di questo disco è anche il fattore più importante, ovvero le canzoni stesse.
Le melodie non riescono a risaltare o a rendersi ricordabili, sono incapaci di brillare o di suonare personali, costrette oltretutto all’interno di canzoni che seguono la solita struttura da canzone Pop da 3 minuti senza variare di una virgola la formula, suonando prevedibili e “telefonate” come non mai.Inoltre i pezzi che provano a suonare “Rock” risultano proprio essere i più deboli, troppo statici e scolastici, addombrati da suoni tutt’altro che vivaci e da una voce troppo invadente, molto meglio quando i distorsori restano spenti ed è il torpore Jazz/Blues a farla da padrone, come nella conclusiva Una Nuova Coperta.
Trovare un proprio suono ed un proprio stile dovrebbe essere perciò il primo passo da compiere per questa band, oltre ad una seria revisione delle melodie ed un tocco di sperimentazione in più, fattori che sicuramente avrebbero giovato a queste canzoni, davvero troppo deboli.

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