Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Etichetta: 
Anthem/Atlantic Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Geddy Lee - voce, basso e mellotron
- Alex Lifeson - chitarra, mandola, mandolino e bouzouki
- Neil Peart - batteria e percussioni
 

Tracklist: 

1. Far Cry (05:21)
2. Armor And Sword (06:36)
3. Workin' Them Angels (04:47)
4. The Larger Bowl (A Pantoum) (04:07)
5. Spindrift (05:24)
6. The Main Monkey Business (06:01)
7. The Way The Wind Blows (06:28)
8. Hope (02:02)
9. Faithless (05:31)
10. Bravest Face (05:12)
11. Good News First (04:51)
12. Malignant Narcissism (02:17)
13. We Hold On (04:13)

Rush

Snakes & Arrows

Tre uomini, diciassette studio album e decine di milioni di dischi venduti: questi, in poche parole, sono i Rush. Un’avventura nata oltre tre decenni fa e che non sembra voler finire, un’avventura senza eguali nella storia del Rock. A distanza di ben cinque anni da Vapor Trails torna a far parlare di sé la band canadese più famosa del mondo. E’ addirittura dal gennaio 2006 che Geddy Lee e Alex Lifeson - per chi non lo sapesse rispettivamente cantante-bassista e chitarrista del trio - lavorano sul nuovo materiale, aiutati dal produttore statunitense Nick Raskulinecz. Come da tradizione, Neil Peart, uno fra i migliori batteristi attualmente in circolazione, si è occupato innanzitutto delle liriche, concentrandosi solo successivamente sulle parti strumentali. Le registrazioni si sono poi concluse nel mese di gennaio (2007), quando il combo di Toronto ha finalmente ultimato il prodotto presso gli Allaire Studios di New York. Le prime voci ufficiali su Snakes & Arrows - questo il titolo scelto per l’opera - sono state rivelate a marzo sul sito ufficiale dei Rush, dove, nel corso delle settimane seguenti, si sono successe numerose indiscrezioni e notizie riguardo al disco. La data ufficiale di pubblicazione di Snakes & Arrows era stata fissata per il primo maggio, eppure, non senza un certo stupore, nei negozi è possibile reperire il prodotto già dal ventisei aprile.

Il disco si presenta in un prezioso digipack, all’interno del quale si trova un libretto ricco di immagini (alcune davvero splendide) e comprendente i testi delle varie canzoni. Interessante notare come la copertina della confezione non corrisponda a quella presente sul booklet, che, se ben ricordate, fu mostrata in anteprima alcuni giorni prima rispetto a quella definitiva. In linea di massima, Snakes & Arrows non è un album particolarmente ambizioso, ma fa della qualità una sua caratteristica fondamentale. Chi infatti auspicava un ritorno alle sonorità intricate, tipicamente Progressive di A Farewell To Kings e Hemispheres verrà smentito da Snakes & Arrows, che, al contrario, non intende riproporre qualcosa di già sentito in passato, bensì proseguire l’evoluzione sonora che da sempre contraddistingue la carriera del combo nordamericano.

Traccia d’apertura è Far Cry, un pezzo diretto e travolgente uscito come singolo e di cui abbiamo già avuto modo di parlare abbondantemente in altra sede. Con il passare degli ascolti l’opener di Snakes & Arrows finisce per convincere sempre di più, risultando alla lunga uno fra gli highligth dell’album. Qui, comunque, il suono di Far Cry appare ben migliore rispetto all’edizione da singolo (in quel caso si trattava pur sempre di un brano scaricabile da internet e non di una versione su CD). Lo stesso discorso vale per l’intero disco, contraddistinto da una produzione cristallina, capace di valorizzare al meglio ogni singolo passaggio dell’album. Decisamente meno pungente di Far Cry è invece Armor And Sword, dotata di un riffing iniziale molto duro, ma resa deliziosa grazie alle aperture melodiche. Queste sono rappresentate perlopiù dai numerosi stacchi acustici - una caratteristica fondamentale di Snakes & Arrows - e dal toccante ritornello. Anche la prova di Geddy Lee dietro al microfono giova non poco al prodotto finale: il singer di origini polacche svolge un lavoro semplicemente magistrale, senza lasciarsi impensierire da possibili acciacchi dovuti all’età.

Di Snakes & Arrows non si può certo parlare come di un disco intricato: sono ormai lontani i tempi di 2112 e della sua splendida titletrack. Dopo aver inciso le cover di Feedback, i Rush hanno riscoperto, dopo tanti anni, il piacere di suonare brani lineari e diretti, e Snakes & Arrows ne è la prova. Attenzione però: ciò non significa che Snakes & Arrows sia un album noioso o scontato, anzi, il platter dimostra come i Rush siano stati capaci di confezionare un ottimo prodotto senza bisogno di virtuosismi tecnici o canzoni da dieci minuti. Basta dare un semplice ascolto a Workin' Them Angels o The Larger Bowl (A Pantoum) per capire di che pasta sia fatto Snakes & Arrows. Nel primo pezzo emergono una sezione ritmica entusiasmante ed il singolare assolo di mandolino firmato Alex Lifeson, mentre The Larger Bowl (A Pantoum) merita un discorso più ampio. Il testo del brano venne infatti scritto da Neil Peart nel 1990, quando, in sella alla sua bicicletta, era in viaggio attraverso l’Africa. Con The Larger Bowl (A Pantoum) sembra di rivivere quei momenti di solitudine ed amarezza, grazie specialmente al largo uso di chitarre acustiche. Spindrift, al contrario, evoca una forte sensazione di inquietudine, e non è un caso se nel booklet il pezzo viene rappresentato dall’immagine di un mare in tempesta.

Discorso a sé meritano le tracce strumentali, addirittura tre nel corso dell’intera opera. La prima, The Main Monkey Business, viene eseguita dal complesso canadese al gran completo e vede l’utilizzo di strumenti piuttosto ricercati. Qui finalmente il trio si lascia andare, senza però calcare troppo, dando vita ad una canzone tecnica e passionale in egual misura. Il pezzo ha una durata di ben sei minuti (secondo solo a La Villa Strangiato in materia di strumentali) e si classifica, senza minima ombra di dubbio, fra le migliori tracce di Snakes & Arrows. Totalmente diversa è Hope, che, con i suoi due minuti appena, appare più come un preludio a Faithless che un capitolo a sé. In essa Alex Lifeson e la sua sei corde (anche stavolta acustica) ci regalano una prova di gran classe, emotivamente parlando uno dei picchi di Snakes & Arrows. In Malignant Narcissism troviamo invece un breve ma intenso duetto, senza regole, fra il basso di Geddy e la batteria di Neil. Malignant Narcissism contiene anche una citazione tratta dal divertente film Team America: World Police (“Usually a case of malignant narcissism brought on during childhood”).

Sulla scia di Armor And Sword si colloca The Way The Wind Blows, interessante sia dal punto di vista prettamente musicale che per le sue liriche. Queste infatti lasciano trasparire il punto di vista di Neil (autore di tutti i testi dell’album) riguardo alla situazione in cui oggi ci ritroviamo a vivere. Dopo la breve Hope incontriamo Faithless, dove, ancora una volta, leggiamo parole cariche di malinconia, un sentimento che da tempo influenza il songwriting di Neil (colpito nel giro di pochi anni da due gravi tragedie familiari). Degno di nota stavolta è l’assolo di Alex, che si mette in mostra nuovamente negli intrecci chitarristici della successiva Bravest Face. In essa arriva un ulteriore conferma: uno dei maggiori punti di forza dell’album risiede sicuramente nelle parti vocali di Geddy, a tratti persino superiori rispetto alla sezione strumentale. Ciò non avviene comunque in Good News First, in cui il tappeto sonoro iniziale, arricchito dal suono delle tastiere, e la chitarra pulsante di Alex risultano praticamente insuperabili. We Hold On, da parte sua, si allontana leggermente dalle coordinate stilistiche dei pezzi precedenti per via della propria, innata e mirabile aggressività.

Dopo una tale attesa era lecito aspettarsi dai Rush un disco diverso, e così è stato. Con Snakes & Arrows i tre canadesi hanno smesso per un attimo di essere semplicemente musicisti e si sono riscoperti uomini. Il risultato lo possiamo ascoltare tutti: è un album valido, appassionante, senza troppi fronzoli. Inutile fare paragoni con il passato, meglio invece godersi questo Snakes & Arrows in attesa di vedere il combo di Toronto all’opera il ventitre ottobre a Milano. Non so voi, ma io non mancherò.
 

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