Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Frontiers Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Andrè Andersen - tastiere, chitarra
- Mark Boals - voce
- Marcus Jidell - chitarra, violoncello
- Per Schelander - basso
- Allan Sorensen - batteria, percussioni

Guests:
- Ian Parry, Doogie White, Kenny Lubcke, Henrick Brockmann, Maria McTurk, Soma Allpass, Michelle Raitzin - voci
- Patricia Skovgoard - violino
- Soma Allpass - violoncello
- Erik Rosenqvist - woodwinds, fisarmonica
 

Tracklist: 

1. Principles Of Paradox
2. The First Rock
3. Exit Wound
4. Divide And Reign
5. High Noon At The Battlefield
6. The Clan
7. Blood In Blood Out
8. Tears Of The Sun
9. Hostile Breed
10. Chaos A.C.

Royal Hunt

Collision Course

Ennesimo cambio di vocalist in casa Royal Hunt, dove Mark Boals, già al fianco di Yngwie J. Malmsteen nei Rising Force e di recente impegnato con il progetto melodic metal The Codex, subentra a John West, che a sua volta aveva rimpiazzato il talentuoso cantante americano D.C. Cooper in seguito alla dipartita di questi sul finire degli anni '90.
La scelta del tastierista, nonché leader indiscusso, Andrè Andersen di ingaggiare proprio il vocalist americano Mark Boals, perfettamente si coniuga con i propositi di rivisitare e far rivivere quella prima fulgida parte di carriera, riprendendo il discorso esattamente da quel Paradox che, oltre a rappresentare ancora oggi uno dei momenti più alti della loro storia, nel 1997 segnò l'abbandono di D.C. Cooper dietro al microfono. Il nuovo Collision Course - Paradox 2 si colloca infatti proprio come naturale prosecuzione, concettuale e musicale, di quell'album, dando ampio sfogo a tutte le loro naturali doti compositive e tecniche, ricreando un sound atmosferico ed espressivo, che viaggia sempre al confine tra symphonic/power, neo-classical, pomp e progressive, con un senso melodico che talvolta sembra quasi preso a prestito da certo hard rock.

A mostrarci quanto atmosferica ed espressiva sia la loro musica sono proprio le due canzoni che aprono e chiudono il lavoro, cioè Principles Of Paradox e Chaos A.C., rispettivamente aperta l'una e chiusa l'altra dalla soave melodia e dal sottofondo della pioggia, nonostante i due brani si snodino in maniera totalmente differente, più progressive e riflessiva l'opener, più power, incalzante e solenne la closer.
Quasi tutto l'album si gioca su ritmiche sostenute e possenti abbinate alle ariose melodie ricreate in  particolare dalle keys di Andersen, come dimostra il melodico symphonic/power di The First Rock, in possesso di cori pieni ed abbondanti, o l'elegante e delicato mid-tempo Exit Wound o ancora il veloce metal neo-classico di Divide And Reign. Una ricca presenza di backing vocals e coristi contribuisce a conferire enfasi maggiore alle varie composizioni, ed accanto a gente che ormai da anni collabora con il combo danese come Maria McTurk, si aggiungono guest di primo piano, quali Henrick Brockmann, primo singer della band, Doogie White o Ian Parry, oltre ad una vasta schiera di strumentisti.
La più lenta e rasserenante High Noon At The Battlefield, che sorprende quasi per la quiete che riesce a trasmettere, funge un po' da break a metà platter, prima di riprendere con i ritmi elevati della più modesta The Clan e soprattutto di Blood In Blood Out, mid-tempo possente ed arioso, altamente evocativo e coinvolgente, mentre in Tears Of The Sun e in Hostile Breed c'è tutta l'essenza del sound dei vecchi e dei nuovi Royal Hunt, quindi melodie pompose, cori evocativi, orchestrazioni sinfoniche, divagazioni progressive, stacchi speed/power.

Collision Course ripropone quindi ad alti livelli i Royal Hunt, forti adesso di un singer in grado di assicurare elevate performance, ampia estensione vocale e versatilità, tutte caratteristiche che gli permettono di assecondare la vena espressiva del tastierista e compositore Andersen. Nel complesso siamo quindi di fronte ad un buon lavoro, tuttavia sembra però di respirare una certa omologazione di fondo ad alcuni parametri e standard propri della band che in qualche modo ne limitano la resa finale e la fluidità d'ascolto. In ogni caso si tratta di un'opera ben realizzata sotto ogni aspetto, arrangiamenti e produzione compresi, che restituiscono all'act danese quel ruolo di primo piano in ambito symphonic metal che pare proprio competergli.

 

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