Voto: 
3.8 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Marvelous Entertainment Inc.
Anno: 
2005
Line-Up: 


 

Tracklist: 

1. La ragazza col fucile
2. Il fratello
3. Lui si chiama...
4. La principessa del regno del Sole
5. Biancaneve Bruno
6. Pinocchio
7. Claes tranquillo
8. La principessa del regno della pasta
9. Io mi chiamo...
10. La ragazza
11. La ragazza col fucile e poca felicità

Revo

Poca Felicità

Questa release è strettamente connessa con la band giapponese dei Sound Horizon, progetto personale orbitante attorno alla figura del compositore e polistrumentista Revo. Sotto la tutela della Marvelous Entertainment, infatti, Revo nel 2005 scrisse interamente musica e testi di una serie di canzoni (spaziando fra metal, pop rock, jazz e musica sinfonica), ispirandosi per il concept ad un cartone giapponese, Gunslinger Girl, in un'operazione, molto comune in Giappone, per i fan che vede coinvolte anche alcune doppiatrici della serie nel ruolo preconfezionato di cantanti d'eccezione: quello dell'Image Album, ovvero di una sorta di compilation immaginata per "accompagnare" i fan nella lettura di un fumetto o di coltivare l'interesse per la trasposizione animata. Non sempre però il risultato è realmente meritevole.

Nasce così Poca Felicità. Questa pubblicazione non va assolutamente confusa con la colonna sonora originale (interamente incentrata sugli strumenti classici), visto che si tratta di una raccolta di canzoni che da essa ereditano solo la presenza di strumenti come violini e pianoforti, purtroppo qui presenti in un ruolo alquanto marginale e plasticoso. Ogni brano è composto da Revo, ma viene cantato ed eseguito da diversi ospiti, come già detto in maniera orbitante (come prassi) attorno alle doppiatrici della serie a cui si ispira l'album.
Dire che quest’album è kitsch è andarci leggero: nient'altro che un cumulo di stereotipi fini a sè stessi, imitazioni e volgari copie di determinate sonorità. Un lavoro che ricicla le solite scontate melodie pop leggere e inserisce qua e là strumenti classici un po' a caso, cercando di "ricordare" l'atmosfera della serie (ma anche no, e vedremo il perché). Poche le interessanti variazioni. Il tutto è di una superficialità che rasenta il pessimo gusto.


La ragazza col fucile (featuring Josefa) apre questo discone, e sembra partire in maniera interessante con le sue strumentazioni classiche. Poi però si aggiungono chitarroni distorti e veloci, anche se incredibilmente piatti e riciclati da plurime gruppi metal europei, ed una banale voce lirica a dare un tono di pseudo-epicità al brano. Il testo in italiano fa leggermente sorridere, mentre le linee vocali dimostrano una versatilità e flessibilità degne del vecchio jingle “Carrozzeria da Franco Alonge”, per chi se lo ricordasse ai tempi di Mai Dire Gol (e forse c’è anche per davveeero un’influenza da quello storico motivetto! furbacchioni...). Il risultato in definitiva potremmo anche considerarlo un surrogato di bassa qualità dei Nightwish peggiori, per fare un confronto, e siamo sicuri che la povera Tarja Turunen si offenderebbe per il paragone anche dopo il recente infelice divorzio dal gruppo. Il Fratello sembra invece tornare al pathos della OST originale, è una toccante strumentale d’archi che, pur imitando manieristicamente la tradizione classica europea, scorre piacevolmente nei suoi brevi due minuti. In fondo, anche se magari gli intenti quando si è pensato di inserirla erano diversi, possiamo considerarla una semplice, gradevole parentesi, e nulla più. Lui si chiama inizia con un dolce e triste giro di note di carillon. Subito viene introdotta la suggestiva orchestrazione, ma il tutto diventa all’improvviso un j-pop scanzonato in maniera tritissima e banalotto. La principessa del regno del Sole è un classico pezzo j-pop orecchiabile smielato e spensierato, con melodie dolci e allegre ad "allietare" il nostro ascolto. C'è da dire che tutto questo con il mood della vera colonna sonora e soprattutto dell'anime non c'entra un bel niente: in principio vi erano drammaticità, malinconia e sentimento. Mal si adattano a tutto questo quindi delle sonorità totalmente invertite come queste. Ma... non sono spari di pistola col silenziatore (amabilmente ritagliati dalla serie) quelli? Vi chiederete cosa diamine ci facciano in questa simil-ballad, sono il risultato dell’abuso di sake in sala di missaggio (o più verosimilmente un'altra scelta convenzionale fatta apposta per "coinvolgere" l'ascoltatore con suoni provenienti dalla stessa serie, anche se in quest'occasione messi qua e là a caso in compagnia di melodie un po' troppo allegre per non cozzare in maniera assurda con esse)? Al primo ascolto è molto probabile che questi “samples” sortiscano un involontario effetto di ilarità. A meno che non si prenda troppo sul serio il brano. Ma probabilmente certi fan ne rimarranno estasiati lo stesso.
Biancaneve Bruno insiste su questa sceneggiata: altra canzoncina lieta e festosa (segnaliamo però alcuni interessanti ma purtroppo sporadici interventi di tromba) a cui d’improvviso si aggiungono rumori di collutazione. Forse abbiamo capito: non si tratta in realtà di samples inseriti ad-hoc per riportare alla mente a tutti i costi la serie originale, bensì di un nuovo tipo di sperimentazione d’avanguardia. Mettere insieme il pop più trito e suoni connessi ad azioni violente è il futuro della musica, una progressione diretta verso il futuro, un sublime esempio di estro artistico e genialità compositiva per la quale i più folli ed eclettici sperimentatori come Demetrio Stratos o Mike Patton si stanno già struggendo dall’invidia. Il tutto può sottilmente essere una presa in giro voluta, data da un certo grado di auto-ironia. Però rimane una misteriosa vocina che ci dice che forse (ma forse) non si tratta di tutto questo, ma per davvero di fanservice insulso e insipido. Un po’ come quella pioggia continua posta fra una canzone e l’altra, messa probabilmente per fare atmosfera e affascinare gli anime-fan, ma che sprigiona artificiosità da tutti i pori. Chissà.
Pinocchio è forse il pezzo migliore di tutti: una ripresa delle più tipiche sonorità jazz che verso metà brano si trasforma temporaneamente in una sonata di pianoforte, accompagnato dal contrabbasso, soffusa ed evocativa. Ovviamente non è originalissima, ma è ben composta e suonata e, soprattutto, dopo i capolavori di prima si lascia ascoltare con tutto il massimo piacere possibile. La leggerezza con cui in Claes Tranquillo la voce femminile canta le sue gioiose parole viene splendidamente accompagnata dalla morbida chitarra acustica e dagli impetuosi colpi di pistola che non intendono sprecarsi e si limitano ad un solo breve refrain, a prendere le redini del brano ci pensa però il virtuoso assolo dell’amo della canna da pesca gettato in acqua e della lenza che viene raccolta (esatto). Dopo questa dimostrazione di abilità tecnica sopraffina i musicisti vengono rapiti e al loro posto vengono messi dei turnisti spagnoli di flamenco che iniziano subito a mettere in mostra il loro repertorio che all'interno del disco suona davvero poco personale e molto riciclato dalla tradizione iberica. Per protesta gli esuli nipponici imbracciano un mitra e sparano (sic) a qualcuno a caso lì nello studio di registrazione, mossa che però non impedisce che venga completata la session. O almeno è questa l’interpretazione più logica e verosimile analizzando l’ascolto (escludendo il farlocco tentativo di ricreare un certo livello di "profondità" di immersione nell'atmosfera della serie). La principessa del regno della pasta all’inizio si rivela il solito banal-pop strafritto mescolato a strumenti classici messi un po’ a caso qua e là per fare scena. Nulla possono fare la decisa sgommata di macchina e il mesto cagnolino che guaisce per sollevare il brano dalla piattezza e dalla mancanza di contenuti. Colpo di scena! Ad un certo punto la canzone diventa heavy metal per un piccolo passo! E così fra schitarrate scopiazzate, distorsioni incalzanti, assoli ricalcati sullo stile britannico, brevissimi inserti di balli tradizionali est-europei (?) e jet in volo (...) si giunge alla conclusione che per la sua grande poliedricità a questa "suite" (?) spetta la palma di traccia più “creativa” di tutte. Io mi chiamo... inizia con un dolce pianoforte accompagnato da evocativi archi bassi e dall'orchestra di grilli. Quest'atmosfera struggente si trasforma in un allegro riciclo di sonorità spagnole/latino-americane che stona molto, moltissimo con l'inizio del brano. Peccato. La ragazza sembra un altro brano che sarebbe potuto essere nelle colonna sonora originale, è una strumentale di pianoforte ben fatta, anche se meno efficace rispetto agli altri pezzi non cantati. Non per questo da buttare, anche perché è nettamente sopra la media dell'album, ma non è la traccia migliore. Chiusura affidata a La ragazza col pucile e poca felicità. (come per la prima canzone, di nuovo con Josefa). Come al solito, è un ricalco delle sonorità classiche, per fortuna le melodie che compongono la canzone sono abbastanza riuscite, ma a volte sembra un po' monotona e freddina, non considerevolmente. Assieme a Pinocchio, La Ragazza (e all’involontario divertimento che suscitano gli spari di sottofondo a melodie facilone e ultra-banali) è fra gli episodi migliori di questa raccolta infelice.

Difficile lasciarsi incantare da questo collage di sonorità diverse rubacchiate qua e là e (s)melodie delle più stereotipate e melense, che ben poco ha di artistico e molto di ruffiano, nient’altro che uno specchieto per allodole ottenuto tramite il copia-incolla e un’attitudine vuota e plasticosa. Questo è un mediocre j-pop sinfonico, semmai può essere etichettato come “sinfonico” un lavoro in cui l’orchestrazione consiste solo nell’appiccicare parti con strumenti classici su di una struttura semplice e dozzinale (in realtà diremmo di no, ma non sapendo dove sbattere la testa qualcosa dobbiamo pur trovare per ricordare in una parola la presenza della strumentazione classica e per inquadrare il disco), in cui svettano solo i brani strumentali e in parte l’ultima traccia, tuttavia insufficienti a salvare il disco dalla bocciatura più totale. Possiamo inoltre dire che la pseudo-malinconia di contorno alle canzoni annoia alquanto, mentre in fondo l’allegria alla base del full-lenght mette anche un buonumore (nel senso che fa sorridere). E forse quella cosa che, nel testo del primo brano, <<sta controcendosi in buio infinito>> è ciò con cui Madre Natura ci spinge a mostrare quanto è stato gradito il lavoro.

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