Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Universal Records
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Richard Kruspe-Bernstein - chitarra
- Paul Landers - chitarra
- Till Linderman - voce
- Oliver Riedel - basso
- Christoph “Doom” Schneider - batteria
- Christian “Flake” Lorenz - tastiera


Tracklist: 

1. Benzin
3. Mann gegen Mann
4. Rosenrot
5. Spring
6. Wo bist du?
6. Stirb nicht for mir (don’t die before I do)
7. Zerstoeren
8. Hilf mir
9. Te quiero puta!
10. Feuer und Wasser
11. Ein Lied

Rammstein

Rosenrot

Ed eccolo qui finalmente, il nuovo atteso album dei Rammstein, Rosenrot (“rosa rossa”). Avrete già ascoltato il singolo Benzin dall’EP omonimo, perciò avrete delle legittime domande su quest’album. Con tutta tranquillità, l’album e sì strettamente derivato, ma non è un clone, anche se alcune idee sono dei palesi riutilizzamenti (ed alcuni brani, stando alle dichiarazioni della band, vengono fuori dagli scarti delle sessioni di Reise, Reise), anche se è vero che non aggiunge molto di nuovo. Ed anche se all’inizio, dopo Benzin e la feroce ma catchy Mann gegen Mann (“uomo contro uomo”) e volendo forse anche la titletrack, sembra che l’album sia destinato a ciò. I primi due sono difatti i brani meno riusciti. Nel corso dell’album si nota come alcune delle atmosfere più corpose dell’album precedente siano state stemperate, in favore di un approccio in alcuni punti più emotivo, oppure rimodellate in modo da rimanere nel nuovo trademark Rammstein senza riciclarsi troppo; tutto sempre mantenendo una buona dose di riff cupi e duri. Sono le tastiere ad essere cambiate maggiormente, generalmente molto meno angoscianti e più melodiche e raddolcite, spariti i cori lirici alla Morgenstern (“stella del mattino”).

Lo stile è ovviamente lo stesso del precedente, niente ritorni ai vecchi album, se non qualche citazione nascosta. Segno che ormai i Rammstein sono in una nuova era della loro storia, e che proseguiranno su questa strada. Ad ogni modo, ormai non ci sono più scuse per chi dice di non apprezzare il canto tedesco di Till Lindemann, che in questi due album si è stabilito come un ottimo cantante di grande talento. E a proposito, anche le sue linee vocali in alcuni punti hanno risentito dell’evoluzione intrapresa con Rosenrot, facendo sparire le performances più cupe e sinistre (tipo quelle in Dalai Lama), ma mantenendo quelle più dolci e quelle più rabbiose ed espandendo di molto la melodicità dei chorus. Non manca anche di provare nuove soluzioni vocali, come proprio nella titletrack, dove, dopo il cupo e intermittente inizio di basso, offre una prestazione insolita ed efficace. Dopo il chorus di Rosenrot intanto noterete un riff, insieme a degli effetti di sottofondo, che era presente spudoratamente uguale in Stein um Stein, ed è sicuramente in casi come questi che la band si riferisce ad “alcuni scarti”. Probabilmente nel resto dell’album ce ne sono altri, ma è meglio evitare il cercare col righello nei brani questi pezzetti e segnalarli uno per uno, e torniamo sul discorso delle linee vocali. In Spring Lindemann invece fa uso di linee vocali conosciute e collaudate, su di un impianto cupo e sentimentale in cui si erge la tastiera atmosferica che crea vari giri melodici molto riusciti, come anche il coro di voci. Coro che in chiusura crea la giusta atmosfera preparatoria per il successivo dolce giro di flauto di Wo bist du?, che viene presto interrotto dai riff di chitarra in funzione di muro sonoro melodico. È una ballad industrial metal, la probabile erede di Ohne dich. C’è una piccola citazione alla classica Du hast (“tu hai”), sotto forma di come viene cantata la frase iniziale (“ich liebe dich”, banalmente “ti amo”), ripetendo la frase iniziale più volte ogni volta aggiungendo nuove parole per formare una frase più lunga; Wo bist du? è comunque uno dei maggiori picchi d’espressività di Lindemann.

Dopodiché, altra ballata, Stirb Nicht vor mir – don’t die before I do. Un insolito brano di pop dolce e acustico in cui Lindemann, più dolce e spensierato rispetto al brano precedente, duetta con la cantante Sharleen Spiteri, in una parentesi gradevole ed orecchiabile. Zerstören è una ripresa veloce e dalla batteria dal ritmo trascinante, che sembra a metà strada fra Mutter e Reise, Reise per certi versi, soprattutto per alcuni filtri vocali e forse anche per la chiusura con un monologo di timida tastiera che ricorda i punti più calmi, solitari e nostalgici di Mutter. Hilf mir è il brano più oscuro di tutti, grazie al riff (uno dei più duri di sempre per loro) e all’aura avvolgente di tastiera, in alcuni punti anche macabra. Ed ora, come se Amerika e Moskau fossero l’inizio di una moda/abitudine/tradizione, arriva un nuovo brano esotico dei Rammstein, cioè Te quiero puta!, per questo la canzone meno originale di tutte, anche se potrebbe sembrare il contrario. Dopo che la voce femminile iniziale esclama “adelante amigo!” le chitarre accolgono il richiamo iniziando un susseguirsi di riff veloci e di chords di stop imponenti. Le trombe spagnole e le linee vocali adottate immergono perfettamente in un ambiente latino-americano (l’uomo a cavallo d’introduzione, che esclama “hey, amigo!”, suggerisce l’ambiente messicano/californiano o quello argentino dei gauchos); gli interventi nella lingua del caso sono, come negli altri due brani, banali (ma tutto il testo è ultra-banale) seppur d’effetto, e le voci femminili mordaci e taglienti.
Sopraggiunge ora uno dei migliori brani, Feuer und Wasser, per due minuti un insieme di arpeggi e atmosfere oscure apparentemento monotono a divenirsi, ma quando cominciano i muri sonori delle chitarre irrompe subito il chorus, con un’altra delle migliori prestazioni di Lindemann. La chiusura dell’album viene affidata alla malinconica Ein Lied, su cui si potrebbero spendere gli stessi aggettivi dell’inizio di Feuer und Wasser, ma in forma interamente basata su ciò.

I Rammstein di oggi hanno orizzonti musicali differenti da quelli di un tempo. Che si preferiscano i primi o gli ultimi è anche questione di gusti, ma ognuno può attribuire delle motivazioni più o meno valide a sostenere uno o l’altro periodo.
Certamente, in ogni caso, lo stile intrapreso dai Rammstein è comunque uno stile originale e personale, anche se diverso, per mezzi utilizzati, intenzioni e modo di esporre la melodia, dall’attitudine avuta fino ad un lustro fa. E Rosenrot è come una rosa dal gambo irto di spine taglienti e affascinanti, culminante con un capo dai petali sensibili e vellutati.

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