Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
EMI Records
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Thom Yorke - voce, chitarra, pianoforte, programmazione
- Jonny Greenwood - chitarra, pianoforte, programmazione
- Colin Greenwood - basso, sintetizzatore
- Ed O’ Brien - chitarra, effetti, voce
- Philip Selway - batteria, percussioni

Tracklist: 


1. 2+2=5
2. Sit Down, Stand Up
3. Sail to the Moon
4. Backdrifts
5. Go to Sleep
6. Where I End and You Begin
7. We Suck Young Blood
8. The Gloaming
9. There There
10. I Will
11. A Punchup at a Wedding
12. Myxomatosis
13. Scatterbrain
14. A Wolf at the Door

Radiohead

Hail to the Thief

Sembrava che Amnesiac dovesse essere la strada di prosecuzione ideale, invece i Radiohead con Hail to the Thief nel 2003 continuano a cambiare seguendo la propria vena artistica. In una linea evolutiva immaginaria quest’album si potrebbe riposizionare un po’ a metà strada fra Ok Computer e Kid A: quello che era partito come un pop/rock alternativo fresco e innovativo e che si era adagiato sullo sperimentalismo elettronico e alieno nell’acclamato album del 2000, ritrova alcuni elementi più vicini all’album direttamente precedente e forse qualcosina anche di The Bends nei fraseggi più acustici.
HttT ha quindi una duplice anima: da un lato le strutture dal contorno elettronico e l'attitudine che si potrebbe fumosamente definire "progressista" (anche se in realtà si fonda su schemi molto meno cerebrali, complessi e tecnici del progressive), fortemente genuine e visionarie nel combinare visioni futuristiche e interiorizzazione psichedelica; dall'altro certi pezzi mantengono un midollo osseo più semplicemente rock/pop, non sperimentando troppo ma puntando più che altro a confezionare brani di spessore, ricollegandosi idealmente alla prima parte della carriera del gruppo, ma sostituendo la verve esuberante ed antemica del periodo con un approccio più cupo, intimista e riflessivo.
Il problema è che spesso il gruppo non riesce a rendere coeso il disco, finendo così per eccedere nel caratterizzare alcuni momenti che divengono così troppo pesanti e lasciano l'album sconnesso - e quindi, in conclusione, inferiore ai precedenti dischi, pur mostrando ancora sprazzi di gran classe.

Hail to the Thief (secondo titolo: The Gloaming) rimane saldamente ancorato allo spirito malinconico dei Radiohead: e lo dimostra Yorke con il suo falsetto volutamente leggermente stonato sopra gli arpeggi distaccati di 2+2=5 (secondo titolo: The Lukewarm), prima che Selway renda il brano decisamente più intenso e ritmato con la sua entrata in scena alla batteria.
La più psichedelica Sit Down, Stand Up (o anche, Snakes & Ladders) espande un'elettronica notturna e degli strumenti in lontananza per infondere un senso di tranquillità e di nostalgia insieme; verso metà inizia a farsi più carica fino a scatenarsi con effetti campionati veloci ed impetuosi.
Sail to the Moon (Brush the Cobwebs out of the Sky) è una via di mezzo fra i brani più lenti e malinconici di Ok Computer e le sensazioni dolenti di Amnesiac. Questa lenta e triste ballad è capace di ricreare perfettamente l’impressione di stare veramente su di una barca diretta verso la Luna.
Ancora molta elettronica con Backdrifts (Honeymoon is over) che rimane su sonorità introspettive e solitarie ma più decise del brano precedente. Intanto avrete sicuramente notato una sorta di alternanza fra brani più e meno elettronici, e infatti Go to sleep (Little Man Being Erased), primo singolo dell’album, conferma il fatto. Interamente acustica (con qualche sporadica uscita di chitarra elettrica sul finire), sembra uscire direttamente da uno dei primi album dei Radiohead, ma il mood risente delle successive evoluzioni.
Con Where I End and You Begin (The Sky is Falling in) ricorda degli U2 della seconda parte di carriera in una veste più notturna, evocativa e inquieta, con sopra una buona dose del disagio radioheadiano. Forse è fino a questo momento l’ibrido più completo, con una buona parte sia di atmosfere di sottofondo elettroniche che dipingono scenari onirici evocativi ed alienanti, sia di batteria, basso e riff distorti (questi da metà canzone in avanti) che rendono il tutto più allucinato e, complice il testo, inquietante.
We Suck Young Blood (Your Time is up) è una lenta marcia noir di un pianoforte oscuro e depressivo che sfiora anche il macabro, quasi, in certi punti in cui il clima si fa più pressante.
The Gloaming (Softly Open our Mouths in the Cold), teoricamente la titletrack, prende direttamente mano alle atmosfere elettroniche più oscure e inconsuete di Amnesiac, le rende spettrali ed esistenziali come in Where I End and You Begin e condisce il tutto con bassi ripetuti e angoscianti, glitches taglienti ed una voce fragile come se il mondo interiore di Yorke stesse per crollare. Si tratta di un pezzo elettronico minimale, forse un po' piatto, ma dotato di una carica emotiva molto suggestiva e, almeno per chi scrive, inquietante.
Viene ora il secondo singolo There There (The Boney King of Nowhere) che si riallaccia ancora al passato della band, più vicina ad Ok Computer.
I Will (No Man’s Land) è lenta e uniforme, derivata dalle sonorità più timide e malinconiche di Ok computer. È anche molto breve, solo una piccola parentesi prima di A Punchup at a Wedding (No no no no no no no no), che persiste nel mix fra Ok Computer e Kid A, unendo elettronica di sfondo ad un pianoforte.
Myxomatosis (Judge, Jury & Executioner) è la più inusuale di tutti, con il suo bizzarro riefrain, alterato in puro stile Radiohead e scandita dalla voce distaccata di Yorke.
Scatterbrain (As dead as leaves) richiama alla mente l’Amnesiac meno elettronico, tipo come in una Knives Out più pacata e tranquilla. Rasserena l’aria generale prima della chiusura affidata a A Wolf at the Door (It girl. Rag Doll), malinconica, struggente, resa particolare dai giri di note funerei e il canto simil-rap. Il risultato finale è evocativo ed intrigante, si posiziona fra le canzoni più interessanti dell'album.

Con Hail to the Thief si è detto che è la continuazione ideale su cui i Radiohead dovrebbero proseguire, ma questo è già stato detto tante volte per altri album e sappiamo come è sempre andata.
Superficialmente un rimescolamento e riassemblamento totale di gruppi come Smiths, Pink Floyd, Autechre, Boards of Canada, Talking Heads e U2, più in soldoni un disco che farà discutere e probabilmente scontenterà chi si aspettava un nuovo Amnesiac, è un album in ogni caso meno accessibile dei primi, ovviamente, ma sempre dotato di alcuni pezzi intriganti ed incisivi (purtroppo inseriti in un contesto un po' troppo discontinuo e disomogeneo per raggiungere l'eccellenza).

Piccola curiosità riguardo al titolo, presente anche come strofa in 2+2=5: è una critica contro il presidente americano George W. Bush (alcuni ci hanno visto anche un attacco contro il music businnes), il “ladro” accusato di brogli elettorali durante la sua prima elezione.
Riguardo tale faccenda, i testi non sono del tipo “noi siamo anti-Bush!”, essendo totalmente assenti ogni forma di attacco diretto stile punk, come stessa ammissione della band. Yorke in questo periodo, nel scrivere i testi, si è maggiormente orientato all’esterno, e ha trascritto le proprie riflessioni in forma musicale. Precisamente Thom pensava ad un "qualcosa di grosso all’orizzonte", qualcosa di "opprimente e di pericoloso che si avvicinava".
Ma bisognerebbe chiedere a lui di persona, per comprendere davvero tutto, anche ciò che magari è sfuggito all'attenzione.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente