Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Karmageddon Media
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Eric Forrest - voce, basso
- Tim Gutierrez - strumenti, composizione e arrangiamenti
- Kevin 131 - strumenti, composizione e arrangiamenti

Guests:
- Clayton Ingerson - viole

Tracklist: 

1. A Beautiful Sickness
2. Planet Dead
3. 9mm Movie
4. Scene of the Crime
5. Entrance Wound
6. Long Silent Voices
7. Dementia Pugilistica
8. Taste of the Lie
9. Highwire Act
10. Warhead

Project: Failing Flesh

A Beautiful Sickness

Gli americani Project: Failing Flesh vengono formati da Eric Forrest (voce, basso), Tim Gutierrez e Kevin 131 (già collaboratore di Madonna e Seal); su questi due, fratelli, curiosamente non viene specificato gli strumenti precisi utilizzati, ma si tratta comunque di polistrumentisti con le loro eccellenti basi musicali. Accostati spesso ai Voivod, questo trio proveniente dagli Stati Uniti è finora rimasto un poco in disparte nel parnoama metal, nonostante abbia tutte le carte in regola per svettare su numerose altre formazioni. Pubblicano il loro primo album A Beautiful Sickness nel 2003.

Ai limiti di post-thrash e thrash/death, i Project: Failing Flesh costruiscono un ideale ponte fra le sonorità anni '80 più ruvide, dure e assassine - dai Testament agli Slayer - e gli anni '90 del periodo groove thrash e industrial/thrash, con puntate in più o meno tutto il mondo estremo e piccoli inserti locali (da impennate quasi deathcore a sfuriate praticamente black passando per distensioni più vicine al doom, il tutto condito da un piccolo contributo elettronico e da qualche non convenzionale strumento classico) che rendono il tutto una reinterpretazione estremamente personale di oltre un ventennio di metal estremo, micidiale e vitale.
Se l'eredità dei Voivod è confluita, assieme alle altre influenze, nelle patterns complesse del gruppo intrecciate con ritmiche assassine ma cerebrali, dissonanze industriali e riff potenti ma intelligenti - senza contare la spietata prova vocale di Eric Forrest proprio dei Voivod, anche al basso -, i P:FF cercano di andare oltre il semplice concetto di "eredi", plasmando un sound tutto proprio dove la matrice voivodiana è palese soprattutto per il vocalist, senza il quale altrimenti apparirebbe naturalmente dosata assieme a tutte le fondamenta su cui il gruppo costruisce la propria musica.
Gli americani si spingono ancora più in profondità in una metabolizzazione e fredda disamina dei lati più contorti della psiche umana, oltre che la malattia, l'insanità e tematiche sempre più contorte e alienanti gravitando sempre attorno al "fallimento" dell'umanità (qualcosa che ricorda anche l'approccio concettuale di Chuck Schuldiner in alcuni punti della sua carriera).

L'estremismo sonoro trova i suoi punti di contatto con quella che è praticamente la proposta più geniale nel settore metallico del passato decennio: la brutalità schizoide ma melodica degli Strapping Young Lad, la meccanicità aliena e disumanizzante dei Meshuggah o la rocciosità folle dei Prong, non lesinando qualche strizzata d'occhio ai più "convenzionali" Grip Inc. o a certi sinistri e inquietanti esperimenti nord europei, mentre a far da collante è una violenza macabra quasi death metal.
L'iniziale A Beautiful Sickness mantiene i contatti con i pionieri del thrash, ma brutalizzandoli, aggiornandoli al nuovo millennio (con tutto un repertorio di estremizzazioni unite a una vena melodica up-to-face) e mantenendo tutta quell'atmosfericità deviata che rende questo disco inquietante anche nei momenti più tirati.
La claustrofobica Planet Dead si concede refrain metalcore alternati a bridge quasi black metal, ma le vere chicche sono le aperture melodiche influenzate dalla scena avant-metal norvegese, la cui dimensione da incubo viene distaccata dall'ottica interiore, esoterica, "sulfurea" della Scandinavia e resa funzionale alla crudezza cinica e pragmatica più tipica dei gruppi americani.
9mm Movie è un doom metal profondo, inesorabile, industriale, una marcia macabra e granitica in uno scenario disumano. Gli inserti di tastiera conferiscono un'epicità decadente da scenario post-apocalittco, mentre gli archi stridono per aggiungere tonalità raccapriccianti e malate - gli strumenti classici non vengono inseriti come per dire "guardate, gli strumenti classici, la nostra musica è varia, colta e figa!", ma per ottenere anzi l'effetto opposto, rigettando ogni qualsivoglia sensazione di raffinatezza in favore di suoni il più possibile disturbanti.
Scene of the Crime è un viaggio in un tunnel da incubo dove riff sincopati e martellamenti di batteria costituiscono una colata magmatica di pesantezza che
Entrance Wound mette in mostra pianoforti deviati che riprendono il ruolo che era della viola in 9mm Movie, pur con maggiore adesione melodica, comunque accompagnata da muri sonori di distorsione brucianti e impetuosi.
Long Silent Voices rimescola Scandinavia e Stati Uniti prendendo gli elementi più oscuri e violenti di entrambe le regioni, non lasciando tregua neanche nella lunga outro di tastiere e strings che evita accuratamente solennità pompose per ricercare invece il maniacale, il tetro, l'intimorente (e facendolo anche con un pizzico di compiacimento sadico).
Dementia Pugulistica sembra un incrocio fra Venom, Voivod, Immortal, Slayer, Solefald e Napalm Death. Chitarroni ronzanti, riff macinatori, intermezzi d'organo e stacchi industrial/thrash demoliscono ogni cosa al loro passaggio, lasciando solo ossessioni patologiche e mentalità deviate a raccapricciare con la loro crudezza.
Taste of the Lie si avvicina all'incubo tecnologico dei Fear Factory con un'effettistica più da Ministry, il pezzo è filtrato con una meccanicità psicotica da imminente fine del mondo che lo rende sinistro e avvolgente.
Highwire Act sembra inizialmente il consueto thrash/black assassino, ma si trasforma rapidamente in un groove thrash/Southern metal fortemente catchy ed incalzante, con un riff voivodiano trascinantissimo anche se un po' ripetitivo; ma quest'ultimo fattore in realtà si tramuta in una caratteristica positiva quando ci si accorge che esso catalizza l'aura glaciale e apocalittica del pezzo (e comunque digressioni più industrial-doom, marcamenti sonori a la Voivod e riprese della sfuriata iniziale mantengono il brano fortemente concreto e convincente).
Warhead infine è una cover dei Venom, una marcia macabra e infernale attraverso scenari di morte e distruzione, visti non come spauracchio per impressionare, ma come dura e attuale realtà per angosciare, rendere testimoni di una violenza che esiste: i P:FF semplicemente ce la rammentano con spietata efficienza.

Senza ombra di dubbio A Beautiful Sickness rappresenta una delle migliori risposte dell'America al cambio di decennio e alle attese in ambito metal. Un disco spietato, chirurgico, cinico e privo di compromessi, in cui non si cercano spiegazioni o risoluzioni, non vengono concesse assoluzioni ma si mette in bella mostra la nuda e cruda realtà.
Un lavoro alienante e brutale, altamente personale pur se mostrante dove le proprie radici profonde sono legate, che rinvigorisce e porta un'enorme ventata d'aria fresca in tutto il settore metal.
Non definiamo ancora però dei geni questi americani, perché danno la sensazione di non aver ancora giocato tutte le proprie carte: nonostante siano da tempo dei professionisti impeccabili, nonché abili compositori, reinterpretatori e innovatori, nell'ideare A Beautiful Sickness si mantiene ancora la sensazione che da parte dei tre ci sia un potenziale enorme non ancora sfruttato per intero. Una volta sdoganate definitivamente le proprie creatività e ispirazione con il progetto P:FF dopo questo primo disco di partenza, ci attendiamo una carriera sempre più concreta, assassina e oltre i limiti ideativi.

Una perla impregnata di violenza e intelligenza dei primi anni 2000 che contribuisce a mantenere vivo un genere, il thrash metal, altrimenti morente - come lo sarebbe se fosse solo per il mare di gruppi revivalisti e per quelli più moderni ma eccessivamente stemperati dai trend più banali e abusati, tutti comunque spazzati via da quei pochi eccezionali gruppi fra i quali entrano irruentemente i P:FF.

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