Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Leonardo Cammi
Genere: 
Etichetta: 
Frontiers Records
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Ronnie Atkins - voce
- Ken Hammer - chitarra
- Alan Owen - tastiera
- Allan Tschicaja - batteria
- Ken Jackson - basso


Tracklist: 

1. Wake Up To The Real World
2. All In The Name Of Love
3. I Am The End
4. As Guilty As You
5. Why Die For A Lie
6. Such A Rush
7. Where True Beauty Lies
8. Brave Young New Breed
9. Terminal Violence
10. Perfect Strangers
11. Another Shot Of You Love

Pretty Maids

Wake Up To The Real World

Un ritorno sulle scene non certo esaltante per i Pretty Maids, band danese da sempre nota per un approccio hard rock decisamente robusto. Il nuovo album Wake Up To The Real World segna la chiusura dei rapporti con la Massacre e l’approdo all’italiana Frontiers Records (che ormai può definirsi la multinazionale dell’hard rock e dell’AOR).
Il nuovo platter arriva dopo quattro anni dal precedente Planet Panic (2002) e dopo tre dal live Alive At Least (2003) e sembra voler continuare sulla falsariga di un hard rock sostenuto, a tratti quasi powereggiante, ben condito da inserti di tastiera che rendono più soffusi molti passaggi e sottolineano l’apporto di un certo sapore AOR.
Quel che manca in questo album è proprio, invece, la vervè che ha sempre caratterizzato il gruppo scandinavo.

Difficile trovare pezzi diretti che conquistino e lascino il segno, se escludiamo le toste ed iniziali Wake Up To The Real World e All In The Name Of Love. Purtroppo l’energia che si evince da questi brani non si ripete moltissimo nel prosequio del disco, che tra l’altro presenta una produzione che non aiuta certo a rendere l’effittiva potenza dei nostri.
Un altro episodio riuscito del CD è invece Such A Rush, forse uno dei pezzi più AOR-orinted, che pone in primo piano le tastiere di Alan Owen e l’otima linea vocale di Ronnie Atkins.
Ultimo brano pienamente riuscito dei nostri è poi la ballad Where True Beauty Lies che ancora una volta fa emergere il gusto rafifinato e melodico della band.
Purtroppo però buona parte dei pezzi risulta un po’ “moscia” e di non grande appeal, lasciandosi ben presto dimenticare.
Anche la cover della celeberrima Perfect Strangers dei Deep Purple sembra non centrare un obiettivo che forse avrebbe potuto rialzare un po’ le sorti di un album che, per carità, non è certo un orrore, ma che veleggia a malapena in zona di quasi-sufficienza… e questo per i Pretty Maids è inammissibile.
Speriamo che con il prossimo platter i danesi tornino al loro antico splendore.

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