Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Strobelight Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Mic Jogwer - voce, chitarra
- Brigid Anderson - voce, tastiera, tamburello
- Louis Pavlou - batteria, chitarra, tastiera
- Reini Walter - basso


Tracklist: 

1. Can't Be Love
2. Last Day On Earth
3. Walk Away
4. If Love Could Change...
5. True Love ( After All )
6. Ghosts
7. Biding Our Time
8. No More Reason...
9. Living Your Life
10. Now We'll Go
11. Break It

Pink Turns Blue

Ghost

Con alle spalle una carriera davvero onorevole, avviatasi nel 1985, gli anglo-tedeschi Pink Turns Blue si ritrovano nel 2007 con un bagaglio di esperienze e di idee che va oltre le aspettative iniziali: dopo l’improvviso scioglimento del 1995 e l’altrettanto inattesa reunion del 2003, il quartetto berlinese ha saputo valorizzare con efficacia l’atmosfera di successo che ha circondato l’ultima parte della loro attività, a tal punto da riuscire a raggiungere la terza posizione nella classifica tedesca del settore alternativo con Phoenix, studio album del 2005.
I Pink Turns Blue rappresentano infatti una delle realtà della scena contemporanea più legate alla Wave ottantiana, proponendo una commistione di Dark, Indie e Post-Punk che scava nella tradizione dei primi Cure, senza disdegnare le novità di acts come Katatonia e Editors.

Rinnovatisi nel sound rispetto agli album precedenti, i Pink Turns Blue tessono un capitolo discografico dal sapore malinconico, Ghost, che appare vario ed elegante più si procede con l’ascolto. Già l’opener Can’t Be Love riesce a stregare con il suo basso Darkwave, che sembra provenire dai capolavori di Cure e Sisters Of Mercy, e con la sua atmosfera malata ma ricca di gusto.
La voce di Mic Jogwer riassume tutte le influenze della band, alternando al tono disteso figlio degli Editors la cupa nenia che si ode in Last Day On Earth, canzone dotata appunto di un fascino apocalittico; la danza Dark dei Pink Turns Blue diventa qui qualcosa di estremamente ricercato e prezioso, perché le tastiere riescono ad inserirsi con minuziosità sotto un’architettura ritmica degna degli storici album del genere.
E se Walk Away ricorda, sia per scelta del titolo che per timbro First, Last And Always degli eterni Sisters Of Mercy, If Love Could Change This World sembra tratta dalla trilogia Dark dei Cure, con i suoi fraseggi spettrali e sfocati.
True Love (After All) appare essere una risposta concettuale alla domanda implicita posta nella precedente traccia, ma anch’essa trasuda un alone carico di nostalgia nel suo incedere meccanico e posato.
Non manca neppure il classico lamento Post-Punk dall’aria allucinata ed abrasiva, perché Ghosts cerca di riproporre i primi Bauhaus di Peter Murphy con un approccio decisamente moderno (grazie anche alla valida produzione).
I Pink Turns Blue non si stancano a contrapporre momenti derivati dal passato ad aperture verso i meandri dell’Indie oscuro odierno, come testimonia Biding Our Time, capace di inserirsi nel contesto di The Back Room degli Editors. Quella dei berlinesi è una Wave dinamica, matura, meditativa e coinvolgente, che va oltre gli stilemi attuali del Gothic Rock, raggiungendo piena libertà nel panorama europeo.

Accostandosi ad un album come Ghost si potrà comprendere il valore del song-writing degli anglo-tedeschi Pink Turns Blue, ritornati sulla scena solo grazie al successo riscontrato nei concerti successivi alla re-union.
Il pubblico della Germania, sempre attento alle nuove pubblicazioni nel campo Goth, ha voluto evidenziare l’attività dei Pink Turns Blue al di là della lunga carriera del quartetto, perché Ghost è un lavoro innovativo sotto diversi punti di vista, colmo di soluzioni ed intriso di una sound personale.
Si consiglia pertanto l’ascolto di questo ottavo episodio del four-piece teutonico a tutti coloro che desiderino un disco proiettato verso il futuro del genere, per mostrare che il Dark non è morto con l’avvento degli anni Novanta, ma vede scorrere la propria linfa in tante realtà che forse un giorno potranno costituire una scena altrettanto significativa come quella britannica degli Ottanta.

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