Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Etichetta: 
Columbia/EMI
Anno: 
1967
Line-Up: 

- Syd Barrett - chitarra, voce
- Nick Mason - batteria, percussioni
- Roger Waters - basso, voce
- Richard Wright - Farfisa Compact Duo, organo, piano, voce

Tracklist: 

1. Astronomy Domine (04:12)
2. Lucifer Sam (03:07)
3. Matilda Mother (03:08)
4. Flaming (02:46)
5. Pow R. Toc H. (04:26)
6. Take Up Thy Stethoscope and Walk (03:05)
7. Interstellar Overdrive (09:41)
8. The Gnome (02:13)
9. Chapter 24 (03:42)
10. Scarecrow (02:11)
11. Bike (03:21)

Pink Floyd

The Piper at the Gates of Dawn

I Pink Floyd nascono nel 1964 a Cambridge (UK), dalle ceneri di una band rhythm'n'blues dal nome continuamente variabile (Sigma 6, The Meggadeaths, The Tea Set, The T-Set, The Architectural Abdabs, The Abdabs, The Screaming Abdabs).
Nel nuovo progetto, inizialmente sotto il nome The Pink Floyd Sound, confluiscono gli ex-membri Rado "Bob" Klose (chitarra), Roger Waters (chitarra), Nick Mason (batteria), Richard Wright (tastiere, fiati e cori); il nome viene scelto ispirandosi a quelli dei due bluesmen Pink Anderson e Floyd Council.
La formazione viene completata con l'entrata in line-up del chitarrista e cantante blues-folk Syd Barrett, che diventa la voce principale e fa spostare Waters al basso.

Poco prima delle loro pubblicazioni di debutto, Klose lascia la band perché musicalmente più legato al jazz, mentre i restanti membri vivono una trasformazione tanto rapida quanto radicale. Lungo il 1966, mentre il gruppo aveva ancora in repertorio standard rhythm'n'blues, Barrett coinvolge anche gli altri nella sua personale ricerca di nuove sonorità e stili musicali. Il balzo definitivo avviene dopo il luglio 1966, periodo in cui Syd (come racconterà egli stesso a Chris Welch di Melody Maker) inizia ad ascoltare band underground americane come i The Byrds, i Mothers of Invention di Frank Zappa, e i The Fugs (di cui compra The Village Fugs, uno dei dischi che ascolterà di più in assoluto nel periodo), e sviluppa un metodo compositivo lunare, in perfetta linea con il suo carattere, coniugando nostalgia e futurismo, romanticismo e modernismo, space-rock e blues da jug-band.
Da questo desiderio di sperimentazione, nasce in breve un capolavoro come Interstellar Overdrive, colosso psychedelic-rock free-form che diventa presto il loro cavallo di battaglia nei live, in versioni capaci di estendersi fino a 20 minuti.

I Pink Floyd diventano in breve l'attrazione principale di locali inglesi underground come UFO Club, Marquee Club e Roundhouse, grazie soprattutto alla cura per gli effetti scenici, tra i primi davvero psichedelici dell'epoca.

Esordiscono sul mercato nel 1967 con i singoli Arnold Layne, See Emily Play e Apples and Oranges, tre composizioni psychedelic-pop che cavalcano i nascenti trend musicali oltreoceanici, e di cui forse sono più interessanti le B-side, specie Let's Roll Another One (fatta poi re-intitolare Candy and a Currant Bun dalla label, e pubblicata come B-side al primo singolo Arnold Layn), scritta da Barrett ispirandosi a Eight Miles High, uscita l'anno precedente a firma dei pionieri psichedelici The Byrds, e contenente il primo urlo di Waters, idea che poi tornerà in futuri pezzi della band, uno su tutti Careful with that Axe, Eugene.

Il primo disco The Piper at the Gates of Dawn (Columbia/EMI/Tower/Capitol, 1967) è interamente retto da Barrett, vera mente dietro tutte le composizioni. Si tratta anche di un esordio spettacolare e imprevedibile, che resterà negli annali storici come uno dei dischi psychedelic-rock più creativi e influenti di sempre.
I Pink Floyd riescono ad unire in un unico disorientante stile lo "space rock" delle tracce più visionarie dei The Byrds, l'estetica freak di The Fugs e Frank Zappa, il chitarrismo psychedelic-rock semi-onirico dei 13th Floor Elevators, le melodie del Merseybeat, e le tastiere febbricitanti dei The Doors.
In realtà uniscono tutte queste influenze rimodellandole pesantemente: i timidi abbozzi "space rock" byrdsiani evolvono in spaventose jam metafisiche che riescono a superare persino la contemporanea 3rd Stone from the Sun di Jimi Hendrix; lo spirito freak fugsiano/zappiano viene depurato dall'amara satira sociale mantenendone però intatti il surrealismo, la negazione delle barriere musicali e la goliardia; le chitarre psychedelic-rock evolvono in esplosioni e implosioni schizoidi, rimodellando con balzi improvvisi l'intero umore delle composizioni.

Il primo brano Astronomy Domine è già il manifesto dell'opera: chitarre che passano dal blues-rock a dilatazioni oniriche, percussioni tribali, tastiere a tratti dissonanti che avvolgono tutta l'atmosfera creando richiami "spaziali", incursioni di voci filtrate come se provenissero da un'astronave, melodie vocali Merseybeat distorte in maniera surreale.
Lucifer Sam accentua sia le voci Merseybeat, sia il chitarrismo blues-rock, sia il ruolo primario delle tastiere nel conferire al brano un'atmosfera dilatata (in contrasto con il battito ritmico frenetico).
Matilda Mother rilegge attraverso l'eccentricità freak zappiana le polifonie vocali di The Beach Boys e The Beatles, oltre ad introdurre il primo assolo tastieristico orientaleggiante.
Flaming, fatta uscire anche come singolo, è introdotta e contaminata da arrangiamenti goliardici e dissonanti a fiati e percussioni, mentre l'organo di Wright evoca un tappeto sonoro liturgico, e le chitarre unite al pianoforte concludono l'evoluzione in un irreale quadro onirico.
Pow R. Toc H. viene introdotta da bizzarri versi umani derivanti direttamente dall'estetica avant-garde di Edgard Varèse e John Cage, mentre il pezzo prosegue sfruttando in maniera anomala la registrazione in stereo, con un pattern melodico in un canale e un'orgia di dissonanze (percussioni, voci, distorsioni chitarristiche) nell'altro; tramite un'elevazione liturgica all'organo il pezzo sfocia poi ancora una volta nella dilatazione spaziale, finché gli arpeggi di chitarra e le voci non esplodono in un ultimo climax caotico.
Take up Thy Stethoscope and Walk riprende le voci umane bizzarre e le inserisce come spezzoni al termine dei versi ritmici, mentre la struttura segue ancora pattern imprevedibili derivanti molto più dal jazz che non dal rock: strofa vocale polifonica e surreale, chitarra intenta in un blues-rock zoppicante che quasi anticipa Captain Beefheart, linee di basso epilettiche ma groovy, orgia di assoli chitarristici distorti e percussioni tribali, drumming in climax frenetico che viene confinato in un canale e poi fatto passare dall'uno all'altro, coda freak impazzita (Zappa stesso non avrebbe saputo concludere meglio).
I quasi 10 minuti della suite Interstellar Overdrive evolvono magnificamente e sorprendentemente gli abbozzi "space rock" dei The Byrds, coniando una nuova formula di psychedelic-rock spaziale e metafisico; il pezzo rappresenta anche il trionfo stilistico di Barrett, che esplode con fraseggi in stream of consciousness, rumorismi dissonanti avant-garde, sperimentalismi distorti alla Hendrix (quando la chitarra imita i rumori di un'ipotetica astronave), mentre il resto della band lo segue nella jam (ma il contributo fondamentale sono ancora una volta soprattutto le tastiere lisergiche di Wright); durante la coda, il pezzo gioca con lo stereo passando in continuazione da un canale all'altro.
Quella registrata per il disco è addirittura una versione accuratamente accorciata e strutturalmente semplificata del pezzo originale, che, essendo stato pensato e presentato le prime volte nei live durante il 1966, in versioni che potevano anche superare i 20 minuti, va annoverato come una delle prime lunghe jam psychedelic-rock in assoluto nella storia (nel 1966 i Floyd erano venuti a conoscenza della psichedelia americana tramite alcuni dischi, ma non ne avevano ancora mai visto una jam dal vivo, dunque approcciarono lo stile a partire solo dalla propria idea di come dovesse essere, giungendo grazie a ciò ad una forma assolutamente originale).
The Gnome accentua il freak fugsiano-zappiano e i tocchi folk-rock, riflettendo al meglio l'anima pastorale della band (che ha anche influenzato la stessa scelta del titolo del disco, preso da The Wind in the Willows di Kenneth Grahame, un classico della letteratura per l'infanzia), mentre Chapter 24 regala forse le melodie più catchy e allegre, con le polifonie vocali che si stagliano su di un tappeto a metà tra la lullaby bucolica e l'esperimento avanguardista (basso che compie incursioni blues fugaci, massicci overdub tastieristici, coda stratificata e dilatata), perfezionando uno stile di psych-folk che diverrà probabilmente il più influente di sempre nel genere.
Scarecrow è un'altra parentesi infantile, valorizzata dagli arpeggi folk, dagli archi e dagli arrangiamenti percussivi bizzarri, più che altro un'introduzione alla conclusiva Bike, momento in cui la band (o, meglio, Barrett) sfoga la propria anima più freak e surreale, con una prima metà immersa nel vaudeville da fiera ambulante e una seconda metà di jam rumoristica percussiva.

Nella (nettamente inferiore) release per il mercato statunitense mancano Astronomy Domine, Bike e Flaming, rimpiazzate dal singolo See Emily Play.


- NdA: Per approfondire la storia dei primi Pink Floyd e la figura di Syd Barrett, consiglio fortemente la lettura di Syd Barrett & Pink Floyd: Dark Globe di Julian Palacios, ad oggi uno dei più dettagliati e professionali libri sull'argomento; da esso ho tratto fondamentali informazioni (su contesto dell'epoca, influenze dichiarate sul songwriting di Barrett, etc.) per il testo soprastante.

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