Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Universal Music Group
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Eddie Vedder - Voce, Chitarra
- Jeff Ament - Basso
- Stone Gossard - Chitarra
- Mike McCready - Chitarra
- Matt Cameron - Batteria Percussioni
Additional musicians:
- Bruce Andrus, Richard Deane - Corno
- Justin Bruns, Danny Laufer, Christopher Pulgram - Violino
- Cathy Lynn - Viola

Tracklist: 

1. Gonna See My Friend
2. Got Some
3. The Fixer
4. Johnny Guitar
5. Just Breathe
6. Amongst The Waves
7. Unthought Known
8. Supersonic
9. Speed Of Sound
10. Force Of Nature
11. The End

Pearl Jam

Backspacer

Gli anni passano, ma evidentemente non per tutti.
Anzi, a volte c'è chi più passano gli anni e più si incazza, più diventa giovane, più mostra un'irrefrenabile voglia di creare, di divertirsi, di vivere. I Pearl Jam fanno parte di questa categoria e se l'omonimo del 2006 non era bastato a farlo capire, ecco che arriva come un fulmine a ciel sereno Backspacer, nono studio album per gli ex-grunger di Seattle ed ennesima riprova delle qualità e della sempreverde forza di una band assolutamente unica nelle gerarchie del rock moderno.
Per Vedder e compagni, infatti, il glorioso passato da alfieri del grunge sembra ancora rivivere in reminiscenze cariche non soltanto di nostalgia ma di una perpetua giovanezza espressiva, indelebile tanto dal tempo quanto dalle - seppur lievi - maturazioni e variazioni stilistiche. Solitamente chi si fa "vecchio" con gli anni comincia ad ammorbidire la propria musica, a renderla sempre più intima, pacata e riflessiva come se si volesse fare un sunto (con tutta la sua carovana di malinconici ricordi) di una carriera gloriosa ormai alle spalle: i Pearl Jam di questo se ne fottono completamente e tirano un fuori un disco energico, semplice e stranamente ottimista.

Ed è in questo discorso che le parole di Vedder divengono più emblematiche che mai: "Con gli anni ho sempre cercato di essere ottimista nelle lyrics e penso che adesso tutto questo sia diventato più semplice". Il riferimento (come noto) è a Barack Obama, neoeletto presidente degli Stati Uniti e simbolo della tanto auspicata trasformazione politica americana, di quel salto in avanti che pare aver estremamente giovato alle idee dei Pearl Jam tanto da spingere Vedder e compagni ad abbandonare definitivamente l'inquietudine e la rabbia che al contrario facevano - spesso e volentieri - da fili conduttori nei capolavori d'un tempo.

Sulla scia del precedente full-lenght, Backspacer parte subito in quarta, mostrandoci i Pearl Jam in una veste estremamente energica per sound e impatto: duro e dinamico ma al contempo spensierato, il songwriting dell'opener Gonna See My Friend trascina con disarmante semplicità senza cadere nel banale e nel riciclo melodico, presentandoci piuttosto un riffing massiccio che quasi sfiora l'hard rock per l'incredibile energia vitale che è in grado di sprigionare. La splendida Got Some, Johnny Guitar e The Fixer (primo singolo estratto dell'album) alleggeriscono i toni strumentali ma il risultato rimane invariato: tutt'e tre le canzoni - Got Some per il suo refrain più ombroso, Johnny Guitar per il mood accattivante, The Fixer per quello più solare - riescono a dare un'immagine sempre divertente e trascinante del nuovo corso artistico intrapreso dai Pearl Jam. Tutto in Backspacer sembra perdere le macchie esistenziali, sembra smarrire dolori e angosce trasformandosi in una piacevole danza rock, che più rock non si può: anche Just Breathe, canzone più malinconica e toccante del disco (assieme alla conclusiva lovesong The End), risente di questo stato di cose, imponendo al di sopra della soave cornice strumentale acustica (direttamente uscita dal Vedder riflessivo di Into The Wild) delle lyrics piene di speranza e amore, oltre che risolvendo i propri momenti emotivamente più tesi in toccanti aperture atmosferiche.

Da qui in poi, Backspacer comincia a perdere qualche colpo, smarrendo tutt'un tratto (eccezion fatta per l'esplosiva Supersonic) l'energia che caratterizzava le canzoni in apertura: tanto Speed Of Sound quanto le più banali Amongst The Waves e Force Of Nature non hanno infatti nulla a che vedere col groove e l'atmosfera più accattivante delle tracce iniziali, perdendo molto sia nella costruzione armonica sia in un'ispirazione melodica che lentamente regredisce fino a far dimenticare del tutto i suoi momenti più piacevoli.

Disco sicuramente meno maturo e impegnato dei precedenti, spensierato e giovanile ma di conseguenza privo di quella dimensione più sofferta che, non a caso, ha reso grandi i Pearl Jam, Backspacer è un lavoro che probabilmente farà storcere la bocca ai fan più critici e attenti, ma che esalterà senz'ombra di dubbio gli ascoltatori più accaniti e "datati". E' d'altra parte ovvio che se messo a confronto con i grandi capolavori Ten, Vs, Binaural, e Vitalogy, Backspacer risulti un disco scarno e tralasciabile, più semplice ma privo di qualsiasi fascino, ed è qui che sta l'errore. Gli anni '90 tutti grunge, inquietudine, jeans rotti e camicie sporche sono ormai uno sbiadito ricordo: i Pearl Jam, nonostante l'inesorabile avanzare del tempo e il simbolico "cambio di abbigliamento", di capelli bianchi e stanchezza non ne vogliono sentire parlare, perchè in fondo anche loro sono ancora incazzati. Col sorriso sulle labbra, ma pur sempre incazzati.

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