Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Greg Clarke - Chitarra
- Andy Clarke - Batteria
- Phil Clarke - Chitarra
- Cathal Rodgers - Basso

Tracklist: 

1. Our Ship Has Sailed
2. Perpetual Motion
3. Shifting Sands
4. Pacific
5. Inertia
6. Time And Tide

Parhelia

Shifting Sands

Provenienti da una terra che col post-rock ha davvero poco a che fare, gli irlandesi Parhelia dei fratelli Clarke esordiscono nel 2009 su full-lenght con Shifting Sands, che segue di un solo anno i due Ep precedentemente pubblicati nel 2007 (First Light) e nel 2008 (Oceans Apart). Autofinanziati, economicamente indipendenti e svincolati da qualsiasi logica di mercato, i Parhelia non riflettono questo stato di cose in prospettiva stilistica, aggiungendosi - come se nulla fosse - alla già sterminata schiera di band-cloni dei migliori interpreti del nuovo post-rock: seguendo la scia di act decisamente più famosi e artisticamente più che affini (Explosions In The Sky, Red Sparowes, September Malevolence, 65daysofstatic), il combo dublinese propone un rock strumentale d'impronta intimista ed emotiva, minimale nel mood e negli arrangiamenti, atmosfericamente scarno oltre che privo di qualsiasi contaminazione esterna in grado di ampliarne raggio d'azione espressivo e varietà compositiva.

Ciò che in effetti frena Shifting Sands in maniera piuttosto palese è infatti l'eccessiva stasi dell'impostazione strumentale, costantemente rivolta alle medesime soluzioni creative e mai realmente in grado di evolversi in maniera originale, ricalcando in modo piuttosto palese le invenzioni (d'altra parte già abbondantemente abusate) di molti altri complessi post-rock di tutt'altra caratura artistica. Benchè non manchi una certa ispirazione melodica (il riffing dell'omonima Shifting Sands, nella sua leggera malinconia, è toccante e travolgente, come del resto quello della successiva Pacific), l'atmosfera del disco - di suo già fin troppo derivativa - rimane fredda e scarna, così come i fraseggi strumentali e le dinamiche ritmico-armoniche che solo in rarissimi casi riescono ad evolversi positivamente (ne è esempio la povertà espressiva delle prime due tracce Our Ship Has Sailed e Perpetual Motion, ermeticamente chiuse nella più canonica e abusata forma post-rock fatta di arpeggi soavi e timide impennate atmosferiche).

Sebbene alcuni spezzoni di Inertia e della conclusiva Time And Tide presentino - anche se ancora a timidi sprazzi - una certa vis emotiva, Shifting Sands, osservato nella sua interezza, resta un disco banale, privo di qualsiasi fonte d'originalità e di conseguenza clone degli andamenti più commerciali ed easy-listening di un genere che, anno dopo anno, vede diminuire esponenzialmente il numero di proseliti realmente capaci di darne un'interpretazione personale e coinvolgente. Rimandati.

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