Voto: 
8.7 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Genere: 
Etichetta: 
Atlantic
Anno: 
1994
Line-Up: 

- Philip Anselmo - Vocals
- Dimebag Darrell - Guitars
- Vinnie Paul - Drums
- Rex - Bass

Tracklist: 


1. Strength Beyond Strength
2. Becoming
3. 5 Minutes Alone
4. I’m Broken
5. Good Friends And A Bottle Of Pills
6. Hard Lines, Sunken Cheeks
7. Slaughtered
8. 25 Years
9. Shedding Skin
10. Use My Third Arm
11. Throes Of Rejection
12. Planet Caravan

Pantera

Far Beyond Driven

L’apice, il punto più alto. Ma non per altezza assoluta, ma come preavviso di un’iperbole che devia verso il basso, come ultima perfetta danza di un gruppo che ha dato tanto, prima di dirottare le proprie menti acide verso terre quasi inesplorate. Far Beyond Driven rappresenta il tassello mancante alla coppia Cowboys From Hell/Vulgar Display Of Power, l’ossigeno trattenuto nei polmoni prima dell’irriverente esalazione di un grind dai sapori glaciali che prende il nome di The Great Southern Trendkill.
Gli ingredienti sono gli stessi ormai rodati dalla band fin dall’ingresso del carismatico e folle singer: potenza, adrenalina, riff ruvidi e tossici imbevuti di impacchi doom e groove allo stesso tempo. Ma lo stupore è figlio di ogni singola traccia capace di trasudare la stessa potenza a cui i Nostri ci hanno abituati.
Le capacità di Darrell, mai messe in discussione, sembrano volerci ricordare per l’ennesima volta l’artefice di melodie dure e morbide allo stesso tempo, così come il suo approccio heavy che risulta essere privo di schemi e di regole; Anselmo dal canto suo cambia attitudine, a partire dalla immortale 5 Minutes Alone cantata con voce roca fino alla parlata Good Friends And A Bottle Of Pills in cui racconta ad un amico (nemico?!) come ha fatto sesso con la sua ragazza e quanto si eccitava immaginando che fosse spiato. La frase urlata “I serve too many masters” la dice lunga sulla rabbia intenzionalmente sprigionata dal portavoce.

5 Minutes Alone infatti rappresenta proprio l’immagine di questa opera in cui la forza sprigionata dalla musica ha il merito di risultare pari a quella emanata dai testi, molto crudi, e quel pizzico marcio ed amaro di melodia che si cerca di iniettare nel ritornello risulta ancora più ripugnante ed inevitabile; e per finire negli ultimi passaggi sembra di assaggiare un riff in stile AC/DC pur se annegato in una cisterna di grasso.
All’intro di I’m Broken si catapultano nella nostra mente i Rage Against The Machine, quando poi il vero cuore del brano inizia a scalpitare l’incubo ha inizio: i riff stoppati creano una campana di vetro, frantumata solo dall’ingresso dell’assolo privo di seconde chitarre (per regalare un’anima live al pezzo) mentre il refrain si attacca alle ossa.
Ma lo stupore non finisce, non prima dei vari tocchi d’effetto di Darrell, dei cambi di tempo su Hard Lines, Sunken Cheeks e dell’introduzione di qualche parte lenta/melanconica ritrovata poi nell’album successivo; è qui che ci si sofferma ad apprezzare un assolo micidiale ed un tono roboante del fader che ci spinge oltre i 7 minuti.
Ancora tutto in salita lungo una Slaughtered in piena inondazione grind-core con delle scariche di mitra, una spaventosamente cadenzata 25 Years che assume forme diverse proprio come un impasto di gelatina e nasconde un’aria tetra e spettrale ben al di sopra di centinaia di epic songs.

E la diversità non ha fine, ogni singolo rigo di pentagramma di questo album è così diverso ma pur sempre uguale per approccio a sé stesso che sembra strano quanto possa essere distruttivo e sorprendente, ancora oggi. Shedding Skin è la canzone in cui Anselmo esprime maggiormente la sua elasticità vocale, senza mettere in ombra una sola corda vibrante né il fantastico Vinnie Paul, costantemente ultra-preciso, quasi stesse frazionando un atomo. I tamburi entrano dentro e si sente il loro eco all’interno della nostra cassa toracica mentre il basso sprofonda sotto l’egemonia dei riff di chitarra, il tutto condito da tempi pesanti, variegati e disperati nella stessa misura.
Ma la lacrimuccia scorre involontaria all’ascolto dell’ultimo pezzo: Planet Caravan cover dei Black Sabbath dei tempi di platino di Paranoid. Anselmo cerca di ricostruire la stessa atmosfera, inserendo una forte dose di malinconia e di tristezza, ma suona ovviamente diversa. Il tocco di Darrell ci fa sentire il sangue scorrere ed i muscoli tremare, ma purtroppo o per fortuna Ozzy resta ineguagliato.
Così si conclude non solo un album ma anche un periodo stupendo dell'evoluzione di un gruppo che ha fatto storia.


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