Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Fonal Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Olli Ainala
- Lauri Ainala
- Jenni Koivistoinen
- Toni Kähkönen
- Joose Keskitalo
- Johannes Pitkänen
- Emmi Uimonen
- Jussi Lahti
- Lari Lätti
- Gabriel Ainala

Ospiti:
- Leena Uotila
- Anna Karjalainen
- Marja Ainala
- Toivo Rolser
- Antti "Arwi" Lind
- Jari Paukkunen
- Noora Silvennoinen
- Michael Jamson
- Kristin Evensen Giæver
- Ilkka Vesioja
- Ville Leinonen

Tracklist: 


1.Pimeänkarkelo
2.Kevätrumpu
3.Tuoksu Tarttuu Meihin
4.Italialaisella Laivalla
5.Uskallan
6.Ursulan Uni
7.Kirkonväki
8.Salainen Huone
9.Tyttö Tanssii
10.Sumuuirsi
11.Untitled

Paavoharju

Laulu Laakson Kukista

Anticipato da un piacevolissimo ed estremamente confortante EP (il quasi omonimo “Laulu Laakson Kukasta”), è arrivato infine il tempo per il successore del celebrato (da noi, perlomeno) “Yhä Hämärää”: stiamo parlando di “Laulu Laakson Kukista” ('una canzone sui fiori della valle'), nuovo album dei finnici Paavoharju, fiore all'occhiello del ricchissimo (e sempre più eterogeneo) catalogo Fonal.
Il collettivo musicale guidato dai fratelli Ainala si ripresenta con un disco marchiato a fuoco dal suo inconfondibile stile, ma foriero di una serie di – in qualche caso prevedibili, in altri occasioni sinceramente sconvolgenti – novità; inoltre, il nucleo del gruppo è rimasto immutato, ma si sono aggiunti una successione interminabile di guest al momento delle registrazioni, segno tangibile della grande apertura che contraddistingue, a livello strutturale, le line-up dei gruppi finnici che fanno capo a Sami e alla sua etichetta.

Andiamo alla musica: se “Pimeänkarkelo”, con le sue chitarrine accennate, i suoi bisbigli sommessi, le sue tastiere ambientali che emergono dal nulla, la sua voce femminile che volteggia spiritata su un tourbillon di glitch, i suoi rintocchi di pianole più o meno accordate, risulta essere la tanto anelata manna dal cielo per chi aveva amato il primo disco dei Paavoharju, altrettanto non si può dire della susseguente, inattesa “Kevätrumpu”: brano giocoso e fresco, in cui danzanti melodie Eurodance vengo filtrate dalla consueta vena lo-fi dei Paavoharju e trasformate in ritmi circolari ma mai invasivi, ed in atmosfere nebulose e nostalgiche. Il delicatissimo, confortante intermezzo di pianoforte e disturbi elettronici “Tuoksu Tarttuu Meihin” dura giusto il tempo necessario a capacitarsi di quello che si è appena ascoltato (tradotto, ci si chiede se si è sicuri che sia lo stesso gruppo di, ad esempio, “Kuljin Kauas”... senza essere troppo sicuri di poter dare una risposta affermativa), prima che l'introspettiva ballata Folk “Italialaisella Laivalla” ci confonda ulteriormente riportando alla mente i momenti più caldi e cantautoriali di “Yhä Hämärää” (o anche solo quelli, uditi pochi giorni fa, dell'artigianale titletrack dell'EP “Laulu Laakson Kukasta”).
Tranello quanto mai infido, visto che poco dopo (“Alania” è trascurabile) “Uskallan” ci gioca lo stesso scherzo di “Kevätrumpu”, anche se in maniera più tenue visto che non è un inedito, bensì la riproposizione di un brano già pubblicato nel 2006 su un singolo per la Type Records, l'etichetta di Xela: stavolta si coniugano i battiti elettronici ad un feeling melodico/vocale quasi slavo, con un effetto ancora una volta splendido, nonostante l'amenità della proposta.

I brani successivi sono quasi tutti dei brevi frammenti atmosferici, con i rintocchi d'avorio del pianoforte e i soffi angelici dei cori di sottofondo che vengono inquinati ad arte dal fruscio delle registrazioni, mentre i capitoli maggiori risulteranno essere le bellissime “Kirkonväki” (già presente nell'EP di lancio) e “Tyttö Tanssii”: la prima è una miscela di melodie femminili, emergenti con gentile espressività da un aggraziato intarsio Ambient; la seconda, figlia illegittima di “Musta Katu”, è una canzonetta Folk dalle armonie appena abbozzate, dolcemente condotta dalla voce maschile e da semplicissimi, tersi giri della chitarra acustica, capaci in pochi secondi di restituire tutta quell'immediatezza, quella spontaneità e quella genuinità Folk che si erano leggermente perse negli sconvolgimenti elettronici che hanno segnato profondamente i connotati di questo “Laulu Laakson Kukista”.

Un disco strano, questo, che leggiadramente rifugge -ancor più del proprio predecessore- da una catalogazione precisa: la sensazione è che ci sia più di quanto appaia ad un primo ascolto, e che per fare nostre tutte le melodie sparse, più o meno nascostamente, tra i solchi di “Laulu Laakson Kukista” si dovrà impiegare un'attenzione superiore rispetto a quella richiesta da un disco “colpo di fulmine” come “Yhä Hämärää”: “Laulu...” ha la stessa anima, ma la trasfigura in una molteplicità di stili diversi, riuscendo a raggiungere il bersaglio, il nostro cuore, con quasi identico successo.

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