Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Paola Andriulo
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione/Kick Agency
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Francesco Fornara – voce
- Federico Venditti – chitarre
- Fabrizio Ferrante – batteria
- Paolo Recchia – basso


Tracklist: 

1. Idoli di Paglia
2. Scimmie di Dio
3. Immaginazione
4. Le Maschere
5. La Nona Porta
6. Diva
7. La Città Dorme
8. I Miei Eroi
9. Schiavi del 21’Secolo

Ossimoro

Corvi nel Cielo Spento

Ossimoro: due termimi in antitesi fra loro. Questa è la figura retorica, e questo è ciò che vogliono ricreare gli Ossimoro, gruppo romano che col loro cd d’esordio Corvi nel Cielo Spento tentano di dar vita ad un particolare rock che risente di varie influenze (grunge, stoner).
Diverse sono le band di riferimento di questo quartetto: Alice in Chains, Kyuss, Stone Temple Pilots, Soundgarden; i richiami al sound di questi gruppi che han fatto la storia di generi quali il grunge e lo stoner è tangibile in diversi pezzi, anche se tali richiami restano semplicemente richiami che lasciano respirare pezzi non troppo originali. Dopo un ascolto completo dell’album non rimane un cattivo ricordo, ma probabilmente il neo è il ricordo di un susseguirsi di pezzi in cui non si riescono a cogliere parti particolarmente significative, innovative, originali; questa sensazione è accentuata dalla voce, un mix tra quella di Marco Cocci (Malfunk) e a tratti Piero Pelù (Litfiba), una voce che non riesce ad emergere, non riesce mai ad innalzarsi al di sopra degli strumenti, una voce che quindi rischia di rendere più piatto il lavoro.

Idoli di Paglia, La Nona Porta, Schiavi del 21’secolo, sono solo tre dei nove brani del lavoro, orecchiabili, con spunti piacevoli presi da varie band ma nulla che rimanga inevitabilmente impresso nella mente: la voce è fin troppo presente (probabilmente sarebbe stato più piacevole ascoltare alcune parti come schiettamente strumentali) ma paradossalmente (per rimanere in tema dato che si parla degli Ossimoro) è come se non si sentisse perchè monotona. Purtroppo non bastano gli assoli di chitarra o i giri cupi di basso a rendere questo album un capolavoro da avere a tutti i costi: il lavoro manca di variazioni, di cambiamenti che tengano viva l’attenzione.

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