Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Genere: 
Etichetta: 
One E Music
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Alessandro Pisacano - Voce, chitarra
- Attilio Scala - Basso
- Donato Scotto Di Monaco - Batteria

Tracklist: 

1. Come Una Serpe
2. Avida/mente
3. L’Innocenza
4. A Metà
5. Sei Dentro Me
6. Ruvida
7. Ore
8. Riflessi
9. Inutili Sguardi
10. Volare Giù
11. Petali Di Rose

Organica

Avida/Mente

Molto ben confezionato. Composto, pulito e di facile fruibilità. Fresco, semplice e sufficientemente banale, indirizzato verso il quasi esclusivo intento di piacere all’ascoltatore medio.
Questi gli aggettivi che emergono dopo un primo ascolto del debutto degli Organica, undici tracce che colano pop nostrano da tutti i pori, distese comode comode nei loro circa 4 minuti di lunghezza media e raccolte sotto il titolo Avida/Mente.

Il genere di melodie proposte possono essere tranquillamente descritte come un tipico (almeno in Italia) melange di chitarra incline ad un rock estremamente docile, batteria e basso relegate al semplice accompagnamento, ed infine una voce limpida sempre in primo piano, talvolta affiancata da stratificazioni di tastiere che imitano strumenti ad arco, così da aggiungere drammaticità al tutto.
Cori e piccoli tocchi di classe da studio si sprecano lungo l’intera durata del disco, rendendolo brillante, dinamico e commerciale al punto giusto.

Il sound della band in ogni caso è piacevole e talvolta spuntano accenni di sbiadite sperimentazioni che riescono ad allontanarsi per qualche istante dalla tipica matrice pop italiana, come le chitarre mediorientaleggianti sostenute da ritmiche funk nella titletrack. Tutto, ovviamente, proposto con una convinzione che non ha nulla da spartire con il funk “vero”, ma l’effetto complessivo richiama comunque tali sonorità. Arriva poi il turno dei soffici passaggi al piano o con l’aiuto di una chitarra acustica, episodi che ormai perdono ogni significato data la frequenza con la quale appaiono in questo tipo di dischi, rivestendo il ruolo di meri cliché travestiti da “momenti toccanti e/o riflessivi e/o legati al solito lato amaro dell’amore”.
Nel frattempo gli archi in sottofondo aumentano la sensazione di vulnerabilità che cercano di trasmettere questo tipo di pezzi.

Finalmente A Metà propone una melodia degna di nota che si rende cantabile e molto ricordabile senza scadere eccessivamente nella banalità che permea la maggior parte del lavoro, grazie soprattutto all’incisivo intrecciarsi delle melodie di voce e chitarre durante i ritornelli.
Se solo fosse suonata con più aggressività, in modo da spingere l’esperienza verso un’ estetica più ispida e tagliente la canzone ne avrebbe sicuramente giovato, ma arrivati a metà disco risulta ormai chiaro come il sole che questo è un prodotto ideato e realizzato per poter essere apprezzato dalla maggior parte di pubblico possibile, senza distinzioni.
Anche Ore dimostra qualche potenzialità a livello puramente melodico, se non fosse che il solito mixaggio atto a levigare ed addolcire il più possibile i suoni, diluisca eccessivamente la sua ipotetica aggressività Rock, solo un canonico assolo suonato con grinta la salva dal suo destino.

Per il resto si susseguono una serie di episodi che avrebbero potuto essere tranquillamente presentati alle selezioni del festival di Sanremo, poiché rientrano fin troppo nei canoni di “finta cattiveria rockettara” che questo tipo di manifestazioni mediatiche italiane cercano di proporci.

Al di là del fatto che, in fin dei conti, non mi importa se il genere in questione sia Rock Hardcore o Pop commerciale, ma le melodie stesse, sostanza che compone le canzoni più di ogni altra, risultano veramente impersonali, superficiali, poco incisive, con al tendenza a confondersi nell’immenso e dispersivo oceano del Pop Rock cantato in italiano.
I testi, quasi sempre rivolti verso l’analisi di rapporti intrapresi con un “tu” presente in ogni canzone, snocciolano frasi tra il poetico/ermetico ed il mieloso (un esempio su tutti: “…sei dentro me/ sei troppo fragile…”) che probabilmente esprimono fin troppo bene ciò che l’autore intende trasmettere, ma sono soluzioni già sentite e strasentite centinaia di volte, strofe in cui compaiono sempre le solite parole, le solite frasi fatte, i soliti sentimenti che sembrano scivolare sulla superficie delle emozioni reali , ignorando il vero malessere o la vera eccitazione che alcune situazioni possono trasmettere.

Purtroppo questa situazione di stagnante banalità è imposta dal mercato, e musicisti anche dotati di discreto talento sono costretti quasi senza scelta a piegarsi ad esso per poter guadagnare anche una pur mediocre visibilità.
Con questo non s'intende in alcun modo “scusare” gli Organica perché hanno deciso di seguire la strada più facile in un ambiente estremamente selettivo come quello della musica, ma solo evidenziare come questo tipo di dischi, che sembrano prodotti e probabilmente composti seguendo degli standard ben collaudati, siano frutto di molti elementi anche indipendenti gli uni dagli altri.

Ma al di là di tutte queste parole, resta il fatto che il disco degli Organica rischia di venire dimenticato con incredibile velocità a causa della sua implicita volontà di non uscire dal coro neanche per un istante, di non rischiare di rappresentare nemmeno la più insignificante innovazione, seguendo una strada che offre un panorama troppo monotono, piatto, inconsistente.

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