Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Genere: 
Etichetta: 
Merge Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Conor Oberst - voce, chitarre
- Nate Walcott - organo, piano, piano elettrico
- Nik Freitas - chitarra elettrica, voce
- Macey Taylor - basso, voce
- Taylor Hollingsworth - chitarra
- Jason Boesel - batteria, percussioni

Tracklist: 

1. Cape Canaveral (04:04)
2. Sausalito (03:10)
3. Get-Well-Cards (03:33)
4. Lenders in the Temple (04:35)
5. Danny Callahan (03:58)
6. I Don't Want to Die (In the Hospital) (03:32)
7. Eagle on a Pole (04:42)
8. NYC - Gone, Gone (01:11)
9. Moab (03:36)
10. Valle Místico (Ruben's Song) (00:49)
11. Souled Out!!! (03:32)
12. Milk Thistle (05:21)

Conor Oberst

Conor Oberst

Infaticabile, sorprendente, profondo. Stiamo parlando di Conor Oberst, naturalmente; il menestrello del Nebraska ritorna sulla scena (con la Mistic Valley Band) a pochi mesi dall'ultima fatica con i suoi Bright Eyes. Ritorna quasi a sorpresa, perché un suo disco solista era stato annunciato, si, ma non in pompa magna come si suol fare in casi simili. Ritorna con le luci dei riflettori nuovamente addosso, perché questo (ennesimo) lavoro in studio riesce ancora a sorprendere per la ventata di magia e di raffinata poesia della quale si fa portatore. D'altronde, è ciò che Mr Oberst vuole, e per giunta riesce a fare ogni qual volta se ne presenti l'occasione.

Il suo self-titled è una piccola icona musicale, che si discosta appena da quello che il giovane e virtuoso cantautore di Omaha propone con i Bright Eyes. Un disco intenso, registrato tra gennaio e febbraio del 2008 a Tepoztlán, Morelos (Messico), in uno studio improvvisato nella Valle Mistico (appena fuori dalla città) omaggiata anche all'interno del disco.
La Cape Canaveral d'esordio sembra descrivere il fluttuare incerto delle prime foglie d'autunno che finiscono con l'adagiarsi al suolo. La chitarra acustica è protagonista, naturalmente, con Oberst in prima linea, attorniato da una serie di minuzie che rendono l'atmosfera intrisa di velata spensieratezza. Sausalito, invece, sembra cambiare temporaneamente rotta, nel percorso che Oberst vuole raccontare, prima di una Get-Well-Cards che si erge a semplicità acustica ed intensità delle liriche. Per un attimo sembra quasi di stare ad ascoltare un Bright Eyes d'annata.

Le suggestioni che Conor Oberst riesce a creare in questo suo full-lenght sono notevoli. Prove tangibili sono ad esempio l'acustica (e minimalista) Lenders in the Temple e la sorprendente I Don't Wanna Die (in the Hospital), in grado di virare a tal punto da scuotere l'ambiente con un quadretto che ci riporta direttamente nel bel mezzo di una festicciola anni '70.
Meno scanzonata (e decisamente più malinconica) è Eagle on a Pole, che sembra riflettere alla perfezione la mutevolezza degli stati d'animo di questo ragazzo americano che in pochi anni  ha conquistato palcoscenici importanti, facendo parlare sempre la propria musica, prima di tutto.

Nel finale spiccano anche Moab, la già citata Valle Mistico, intermezzo prima della rarefatta conclusione Milk Thistle, che riprende alla perfezione il canovaccio impostato da Oberst nell'incipit, chiudendo il cerchio con immagini che ad intermittenza attraversano la mente dell'ascoltatore, pronto ad un nuovo ascolto.
Già, perché come in ogni disco che si rispetti, gli spunti che Conor Oberst offre in questo suo lavoro solista, sono molteplici. Da scoprire ascolto dopo ascolto, perchè le sensazioni possono mutare talvolta radicalmente. Non si può dire, allora, che il principino del Folk americano non abbia (per l'ennesima occasione) fatto centro. Giù il cappello.

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