Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Etichetta: 
Atlantic
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Paolo Nutini - voce, chitarra, wurlitzer
- Matty Benbrook - chitarra, tastiere
- Mike Hunter - basso
- Jim Duguid - batteria, percussioni, pianoforte
- Eddie Harrison - chitarra
- Vicky Hollywood - violoncello
- Donny Little - chitarra
- Ken Nelson - chitarra
- Dave Nelly - wurlitzer

Tracklist: 

1. Jenny Don't Be Hasty (03:29)
2. Last Request (03:41)
3. Rewind (04:19)
4. Million Faces (03:41)
5. These Streets (03:53)
6. New Shoes (03:21)
7. White Lies (04:00)
8. Loving You (04:00)
9. Autumn (02:50)
10. Alloway Grove (14:12)

Paolo Nutini

These Streets

Potremmo riassumerlo con un "tante chiacchiere, pochi fatti" piuttosto eloquente, il parlare che negli ultimi tempi si è fatto attorno alla tormentata figura di Paolo Nutini. Nome e cognome a parte, precisiamo, il ragazzo di italiano non ha nulla: soltanto lontani discendenti del padre, lo legano alla nostra penisola.
These Streets è il suo disco d'esordio, al limite tra un cantautorato e abbozzi di Rock che, come consuetudine del resto, hanno aperto le danze dei paragoni affrettati ed irrispettosi verso Signori che del songwriting con la chitarra sottobraccio hanno fatto la storia.
Non vorremmo allontanarci dal tracciato, parlandone a nostra volta, perché il disco di Nutini necessita di una adeguata analisi critica per essere completamente assimilato.

Si corre il rischio, ponderato ad arte a fini commerciali dai media e dalla casa discografica, di illudersi a primo acchito di aver trovato un nuovo James Blunt da spremere come un'arancia. La sensazione è quella, tanto è immediato e maledettamente orecchiabile il lavoro del 20enne musicista scozzese. Tutto fa presagire ad un futuro di luci ed onori, per il bel ragazzo proveniente dalla terra delle cornamuse. Emblematica, in effetti, è la pletora di giovincelle pronte a staccarsi una mano pur di ricevere uno sguardo dall'affascinante ragazzo di provincia. Nutini sembra così alla portata di tutto e di tutti che anche la sua musica ne subisce le conseguenze.
These Streets appare scontato, frivolo, privo di anima propria seppur contornato da migliaia di aspettative e di giudizi (positivi) affrettati.

Il classico album da scaffale. Di quelli disimpegnati ed all'apparenza sempre eleganti, in grado di tradire le attese dopo una mezz'ora scarsa. Come quando, dopo aver accompagnato a casa la ragazza con cui si è trascorsa la serata, si rincasa con il gusto amaro della presa in giro. Perché magari, una volta girato l'angolo, gli occhi di lei erano già in cerca di altre emozioni forti.
Ci sono i singoloni da copertina (Jenny Don't Be Hasty e These Streets), ci sono un paio di pezzi che per un attimo sembrano uscire dal seminato (New Shoes, ad esempio). Incontriamo anche un paio di lenti strappalacrime come White Lies e Autumn che provano, invano, ad impreziosire il quadro.

Sembra proprio di trovarci di fronte alla nuova gallina dalle uova d'oro in terra britannica. Quella next big thing che, con un po' di ulteriore mestiere sotto le mentite spoglie della maturità musicale, sarà in grado di scucire ancora importanti voti alle firme più prestigiose, oltre che diverso denaro alla massa degli ascoltatori.
Non rimane che ripiegare su qualche promessa vera del songwriting internazionale. Di un Paolo Nutini che gioca a fare l'alternativo in maniera così evanescente ed improduttiva, in un disco che una volta smesso il trucco non ha davvero nulla da dire, non si sa che farsene.

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