Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
TVT Records
Anno: 
1989
Line-Up: 

Trent Reznor - Programming, arrangiamenti, produzione, mixing, testi, voce

Guests:
Chris Vrenna - Programming
Richard Patrick - Chitarre
John Fryer - Mixing
Flood - Programming
Keith LeBlanc - Mixing
Adrian Sherwood - Mixing

Tracklist: 

1. Head Like a Hole – 4:59
2. Terrible Lie – 4:38
3. Down in It – 3:46
4. Sanctified – 5:48
5. Something I Can Never Have – 5:54
6. Kinda I Want To – 4:33
7. Sin – 4:06
8. That's What I Get – 4:30
9. The Only Time – 4:47
10. Ringfinger – 5:40
 

Nine Inch Nails

Pretty Hate Machine

I Nine Inch Nails sono una one-man band, dietro cui si cela il genio di Trent Reznor.

Trent nasce nel 1965 e vive la sua infanzia e la sua adolescenza con i nonni, dopo il divorzio dei suoi genitori, in un piccolo paesino della Pennsylvania (USA). "Non ho avuto una brutta infanzia, ma vivevo in un posto in cui non accadeva mai nulla" - ricorda - "le mie esperienze di vita provenivano tutte dalla TV, che mi bombardava di posti che sembravano bellissimi e persone con grandi carriere e opportunità; non vedendo queste cose attorno a me, ne deducevo che non erano per me".
Trent dimostra subito un grande talento per la musica, imparando a suonare il pianoforte e successivamente sassofono e tuba nella jazz-band del liceo. Subito dopo il diploma si iscrive all'Allegheny College, dove studia musica e programmazione informatica, ed entra nella band Option 30; dopo solo un anno di college, però, lo abbandona per dedicarsi a tempo pieno alla musica. Si sposta così a Cleveland, in cui diventa tastierista dei The Innocent, ma dopo l'incisione del primo album lascia il progetto. Trova lavoro al Right Track Studio come tuttofare, e la sua efficienza gli permette di ottenere un permesso per utilizzare lo studio nel tempo libero; qui Trent sfoga finalmente la sua creatività, e realizza il suo primo demo (suonando da solo chitarre, tastiere, sampler e batteria elettronica).
Questo demo viene spedito a varie etichette discografiche, e tra tutte le risposte positive Trent sceglie di accettare il contratto con la TVT Records (label fino ad allora esperta solo in jingle pubblicitari); ottiene di avere come collaboratori alcuni dei suoi produttori preferiti, e registra dunque il suo primo album: Pretty Hate Machine, dietro il monicker Nine Inch Nails ("Non significa nulla di che, ma è un nome più figo di Trent Reznor, e il logo che avevo trovato mi entusiasmava come impatto grafico").

Pretty Hate Machine esce nel 1989, ed è un disco-evento; non solo perché è uno degli album che maggiormente definiscono la colonna sonora del cyberpunk e il sound sintetico della seconda ondata dell'industrial-rock (ovvero non più quella di Chrome, Cabaret Voltaire e Killing Joke, ma quella più elettronica e violenta nata qualche anno più tardi con Ministry, Skinny Puppy, The Young Gods, per certi versi Foetus), ma anche perché cambia il concetto di "gruppo rock" per sempre. Trent Reznor è un gruppo rock, da solo, e la sua creatura dal nome Nine Inch Nails è divisa in due entità distinte: la versione studio, in cui il gruppo è lui, e la versione live, in cui ovviamente deve circondarsi di altri artisti per riuscire a riproporre le sue canzoni. Un ulteriore passo verso la centralità del compositore ed esecutore unico, quindi, rispetto ai progetti di Thirlwell e Jourgensen (che per Trent sono anche le principali fonti d'ispirazione).
La cattura dello spirito della generazione cyberpunk in tutte le sue sfaccettature avviene anche grazie ad un utilizzo singolare delle liriche, che compongono una sorta di manifesto dell'essere umano vittima della rabbia e della frustrazione, urlante inni alla ribellione, al sadomasochismo e al nichilismo, con un linguaggio che riesce ad essere sia originale ed intellettuale, sia sincero e penetrante nell'animo della vasta massa di adolescenti che si sentono soffocati e presi per i fondelli dalla società.
L'ulteriore elemento che eleva Reznor al di sopra degli artisti industrial-rock a lui contemporanei è il suo conoscere a fondo il potere della voce; Trent difatti sa cantare (sarà lui a diventare il più grande cantante dell'industrial-rock), possiede un inconfondibile timbro vocale adatto ad incarnare le angosce umane, e lo sa utilizza nelle modalità più efficaci, variando da una frustrazione sibilata alle urla straziate, dalle languide perversioni sessuali a sussurri fragili e introversi.
Per quanto riguarda le musiche, l'utilizzo di sample e tastiere è un pugno nello stomaco per chiunque si fosse abituato al loro uso da parte della gran parte dei gruppi synth-pop, sovvertendo gli stilemi del genere specie in pezzi come Kinda I Want To, un pezzo essenzialmente pop che viene però devastato dai pervasivi innesti EBM ed electro-industrial in stile Front 242, Front Line Assembly e Nitzer Ebb.
La violenza dei synth ed il loro uso schizofrenico ma perfettamente congruente all'ego di Reznor permeano tutte le tracce del lavoro, come la danza di Ringfinger e la funky The Only Time, ma la rabbia fuoriesce anche dalle due anomale "ballad" del disco (Something I Can Never Have e Sanctified), e il risultato sonoro è soprattutto una sua personale evoluzione degli esperimenti elettronici compiuti dai Ministry su Twitch e The Land of Rape and Honey, grazie specialmente ai contributi del producer Adrian Sherwood (già principale mente dietro al sound di Twitch), ma c'è un orecchio di riguardo anche allo stle di sampling utilizzato da Skinny Puppy e Foetus.
I vertici di questo lavoro sono in ogni caso la devastante Terrible Lie (aspra riflessione sul silenzio di Dio: "Hey God, there's nothing left for me to hide. I lost my ignorance, security and pride. I'm all alone in a world you must despise. Hey God, I believed your promises, your promises and lies"), il quasi electro-pop di Sin (in cui Trent parla del peccato in linea metaforica per ribellarsi a una delusione: "Your need for me has been replaced. And if I can't have everything well then just give me a taste"), la commistione di synth-pop e hip-hop del primo singolo Down in It (ispirato esplicitamente alla hit Dig It degli Skinny Puppy), e soprattutto il capolavoro Head Like a Hole (impensabile saggio sulla distorsione del synth-pop, con uno dei chorus più furibondi e ribelli dell'industrial rock tutto: "Head like a hole, black as your soul; I'd rather die than give you control", scagliato contro gli adoratori del "God Money", e accompagnato da un sarcastico "Bow down before the one you serve, you're going to get what you deserve").

Il disco è un grande successo di critica e, sorprendentemente visto il genere, anche di pubblico (raggiunge il triplo platino, e pezzi come Sin e Down in It diventano hit nei dancefloor "alternativi"). La deriva parzialmente synth-pop è forse data anche dall'anima ancora acerba e teenageriale del progetto, e il mix catchy di Down in It voluto dalla TVT vi contribuisce sicuramente. La label si dimostrerà tra l'altro dittatoriale anche nell'impedire a Reznor di creare progetti paralleli con altri artisti, posizione che porterà il musicista ad iniziare una lunga battaglia legale contro di essa.
Contemporaneamente, Reznor trasporta il suo disco nella dimensione live; dopo vari esperimenti, sceglie Chris Vrenna alla batteria, Richard Patrick (futuro Filter) alla chitarra, e David Haymes alla tastiera. Questa formazione porta, dopo una serie di concerti, a far includere i Nine Inch Nails nella line-up del festival alternativo Lollapalooza, in cui la band si distingue per show pazzeschi nei quali distrugge vari strumenti (tra i quali dieci chitarre a esibizione), per poi lanciarseli addosso o fuori dal palco.
 

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